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Riassunto esame Psicologia dinamica, Prof. Formica Ivan, libro consigliato Ritratti del desiderio , Massimo Recalcati Pag. 1
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Lacan: il soggetto e il desiderio

Il soggetto si ammala psichicamente quando si allontana dal suo desiderio. Ma perché un soggetto dovrebbe farlo? Seguire il proprio desiderio significherebbe tradire le attese e le aspettative di qualcuno, come i genitori. Dunque si finisce per sacrificare il proprio desiderio pur di restare amabile.

Un tratto che accomuna tutte le diverse versioni del desiderio è l'esperienza di sentirsi superati. È l'esperienza di uno sbandamento, di una perdita di padronanza, di una caduta dell'Io. Non sono mai "io" che decido il "mio" desiderio, ma è il desiderio che decide di me. Il desiderio di cui parla la psicoanalisi è inconscio, non è determinato dall'Io. Non governo il mio desiderio ma ne sono responsabile: "lo soddisfo o lo sacrifco?"

Il desiderio invidioso: il primo ritratto del desiderio ha il volto di un bambino lacerato dalla gelosia. Il fratello maggiore osserva sofferente il suo posto occupato da...

un intruso, il fratellino appena nato, che può godere beatamente del seno materno. L'invidia gelosa lo consuma. Queste manifestazioni del desiderio assumono una conformazione che incontriamo frequentemente nel mondo dei bambini: il desiderio infantile si manifesta come desiderio dell'oggetto desiderato dall'altro bambino. I bambini desiderano l'oggetto posseduto dall'altro bambino non per delle proprietà speciali dell'oggetto, ma solo perché quell'oggetto è l'oggetto del desiderio altrui.

Secondo Lacan da questa rappresentazione del desiderio non possono che scaturire violenza e aggressività dell'escluso dal godimento contro chi può invece godere liberamente del proprio oggetto. Il desiderio invidioso ostacola la soddisfazione del desiderio perché si nutre solo della rivalità aggressiva con l'altro. È una vita che insegue un ideale sempre sottratto e che, di conseguenza, vive

ildesiderio come una malattia. Per questo Lacan ha potuto affermare che in fondo il desiderio invidioso non è invidioso di niente, se non della vita stessa dell'altro. Il desiderio dell'Altro: il secondo ritratto ha il volto di un padre, figura che ha un ruolo fondamentale nella costruzione dell'identità del soggetto. Analizziamo il percorso condotto dal Padre dividendolo in tre fasi: Nome, Parola e desiderio di avere un proprio desiderio. La fase del Nome nasconde il desiderio più intrinseco dell'uomo: essere "riconosciuti", ossia significare qualcosa per l'Altro. Il nome aiuta a darci un'identità che ci contraddistingue. Ecco perché anche nei casi di adozione è importante questa fase: il padre, riconoscendo il soggetto come suo figlio, gli attribuisce un valore simbolico che lo renderà unico. Il riconoscimento passa dalla Parola, dalla "parola piena": il Padre, dicendo "Sei mio".glio!” dona un’identità. Il Padre è la figura che incarna il desiderio come desiderio dell’Altro perché è la parola del Padre che dona la possibilità di essere riconosciuti come gli, cioè come esseri umani. Dire “Io sono tuo padre” implica che la tua esistenza è voluta e accade nel mondo non come un fatto di natura, ma come un evento che cambia per sempre il senso del mondo. Il desiderio come desiderio dell’Altro è desiderio di desiderio, è desiderio di essere amato dall’Altro. È l’insegnamento drammatico dell’anoressia: il rito di soddisfare il bisogno è animato dall’esigenza di essere riconosciuti dall’Altro come soggetti di desiderio e non come corpi da sfamare. Il rito del cibo, è in realtà una domanda di riconoscimento rivolta all’Altro. Questo desiderio mostra che la soddisfazionedell'uomo non può essere ricondotta alla soddisfazione dei bisogni primari. Il desiderio, insiste Lacan, non può essere confuso con il bisogno. Ma quando è solo il desiderio dell'Altro che mi fa essere, siamo messi di fronte al paradosso di un desiderio che anziché ritrovarsi nel desiderio dell'Altro vi si smarrisce. In questo caso si tratta di una patologia nevrotica del desiderio: il mio desiderio dipende patologicamente dal desiderio dell'Altro. Per far sì che l'identità diventi propria del figlio il Padre deve donargli indipendenza. La concessione della parola diventa il "farsi da parte" del Padre, a favore della libera espressione del figlio. È questa la piena realizzazione del suo ruolo genitoriale. E qui vi è il paradosso: il figlio, riconosciuto e con una propria Parola, sente di volere un desiderio che sia solo suo, ma il desiderio non ha futuro se non con l'Altro. Il proprio desiderio quindi.

Il desiderio ha bisogno del desiderio dell'Altro per realizzarsi. Inoltre l'Altro come garanzia ultima del senso del mio desiderio non esiste, anche se io non posso esistere senza l'Altro.

Il desiderio e l'angoscia: ha il volto inquietante della mantide religiosa. Questo insetto è noto perché divora il proprio partner durante l'accoppiamento: nel momento dell'amplesso, del massimo godimento, la mantide uccide il maschio. La mantide religiosa genera nel maschio l'angoscia di essere divorato.

Nel corso del suo seminario Lacan sottopone i suoi allievi a una sorta di esperimento mentale: immaginatevi che tra noi ci sia una mantide e che ciascuno di voi indossi una maschera, non sapete che cosa rappresenti la maschera che indossate, ma c'è la possibilità che raffiguri il volto di una mantide maschio. Questa sensazione di poter essere scambiati per la mantide maschio, e la paura che questo comporta, è ciò che scatena l'angoscia.

Al centro della scena c'è l'angoscia di fronte al carattere enigmatico del desiderio dell'Altro, l'angoscia di essere l'oggetto del godimento insaziabile dell'Altro e non poter fuggire. Il desiderio di niente: il desiderio come desiderio di niente si sgancia da ogni relazione con l'Altro. Non è desiderio dell'Altro, ma desiderio d'Altro: è desiderio di una Cosa che non può mai essere presente. Per questo, secondo Lacan, i bambini dicono di volere la luna: vogliono l'oggetto impossibile da avere. Il desiderio di niente è desiderio come insoddisfazione perpetua. Questo tipo di desiderio si manifesta nella figura del Don Giovanni, il quale seduce qualsiasi donna incontrima nessuna è mai abbastanza, il suo desiderio non trova mai soddisfazione. Il discorso del capitalista ha sfruttato in modo astuto il desiderio come desiderio di niente: sposta la promessa da un oggetto all'altro promettendo,

per il nuovo oggetto, una salvezza che dovrà invece rivelarsi come mancata. Fa finta di voler guarire la mancanza che aggella l'umano solo per sfruttare il più possibile l'esistenza di questa mancanza. Ogni oggetto risulta essere inadeguato a incarnare l'Oggetto del desiderio. Il desiderio di godere: la figura è quella di un barbone, protagonista di una barzelletta ebraica ripresa da Freud: un signore decaduto convince un conoscente benestante a fargli un prestito, poco dopo però il benefattore resta basito osservando il mendicante seduto in un ristorante di lusso mentre mangia un piatto di salmone con maionese. "Ma come, Lei mi chiede del denaro in prestito e poi ordina del salmone con maionese?". Quello gli risponde "Se non ho denari non posso mangiare salmone con maionese, se ho denari non devo, ma allora quando sarà che riuscirò a mangiarlo?". Il punto è che il desiderionon ha la stessa natura dei bisogni primari. Mangiare il salmone con maionese non è mangiare per sfamarsi, ma è sprecare, è godere. Il mendicante rivendica il suo diritto a godere del super uo. Lacan ci propone come quadro di questo godimento una scena presente nella Critica della ragion pratica di Kant: un signore desidera unirsi sessualmente a una dama bramata da sempre, che però non ha mai potuto possedere. Kant ci pone di fronte a un dilemma: immaginiamo che questo signore abbia la possibilità di passare un'intera notte con la dama dei suoi sogni, ma la mattina seguente vi sarà un plotone di esecuzione ad attenderlo. Secondo Kant la ragione umana opera seguendo il principio universale della conservazione alla vita, dunque il signore sacrificherà il godimento. Se Freud avesse potuto avrebbe replicato: secondo la psicoanalisi c'è una tendenza più radicale rispetto a quella della difesa alla vita che è quella di

godere al di là di ogni principio razionale. Questa tendenza ci permette di cogliere un paradosso: la scelta di gettarsi tra le braccia della dama non avviene nonostante le conseguenze terribili, ma proprio a causa di queste conseguenze. È la messa in gioco della propria vita che rende la dama così desiderabile. Quindi possiamo dire che ciò che Freud chiamava "pulsione di morte" Lacan lo rinomina "godimento". Secondo Freud i pazienti mostrano un attaccamento inquietante alla loro sofferenza, non vogliono guarire perché non vogliono rinunciare al godimento del loro Male. La dimensione metonimica del desiderio emerge come pura "inutilità", come tendenza al di là del bisogno, mentre quella del godimento emerge come nociva alla vita e maledetta. Se il mendicante si trasformasse in un soggetto bulimico, che in modo compulsivo ingurgita solo salmone con maionese, ci mostrerebbe il passaggio traumatico dal desiderio al

Godimento. Il desiderio dell'Altrove: abbiamo di fronte un corpo genu esso e immerso nella preghiera. È il desiderio come apertura verso l'Altrove, come invocazione di un'altra possibilità rispetto a quella offerta dalla semplice presenza dell'esistente. Senza rapporti con quest'Altrove la vita umana è destinata a non vivere a lungo. Se l'uomo vuole godere al di là del Bene e se il discorso del capitalista ha sfruttato questa tendenza, diventa decisivo preservare il desiderio come desiderio dell'Altrove, salvare il desiderio come preghiera. Lacan ci propone una serie di esperienze che alludono a questa dimensione dell'Altrove: la preghiera, la veglia, l'attesa, la noia, il panico. L'attesa e la veglia traducono la speranza che non tutto sia già scritto, che vi sia spazio per il non ancora conosciuto; la noia è rigetto del già visto e del già conosciuto, è spinta verso l'Altrove.

Lo stesso vale per l'attenzione dell'uomo a costruire case, di fuoriuscire dagli spazi già noti.
Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
5 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/07 Psicologia dinamica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silvia321 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dinamica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Formica Ivan.