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10 PARADOSSI DEL LOCKDOWN DA COVID 19: COSA ACCADE ALLE DONNE E AI MINORI NEI CONTESTI MALTRATTATI
È plausibile avanzare l'ipotesi che i soggetti più fragili abbiano particolarmente risentito, da un punto di vista psicologico, delle condizioni specifiche proprie della pandemia, con un aumento dello stress vissuto all'interno delle proprie famiglie, con particolare riferimento ai contesti a più alto rischio. In particolare, la paura e talvolta anche disturbi riconducibili ad attacchi di panico sono stati motivati dalla velocità di propagazione del virus, dall'impossibilità di controllare il contagio e quindi dal timore per sé e per i propri cari di contrarre la patologia, per la quale ancora non esiste un protocollo condiviso di cura. A complicare il quadro della salute pubblica è la rilevazione, da parte delle prime indagini, della comparsa di sintomi riconducibili alla sfera d'ansia, quali difficoltà del sonno, faticabilità eccessiva,
paura nell'affrontare degli acquisti e inadeguata regolazione emotiva. Le prime indagini appaiono essere concordi sul dato che coloro che hanno una pregressa vulnerabilità per i disturbi mentali e un tratto di impulsività, oppure che appartengono alla fascia di età più giovane, o al sesso femminile mostrano un rischio maggiore di accentuare il proprio disagio emotivo e comportamentale. Emerge, inoltre che un'altra parte di popolazione a rischio è costituita da individui che hanno esperito pregressi eventi traumatici e che pertanto potrebbero essere meno resilienti a far fronte alla pandemia e alle sue conseguenze. L'ordinanza di rimanere nelle proprie abitazioni ha determinato un vero e proprio paradosso per le vittime di violenza intrafamiliare, il cui ambiente domestico è diventato un luogo ancora più pericoloso, poiché da un lato si è stati costretti a vivere a stretto contatto con l'abusante e dall'altro
non è stato possibile ricevere aiuto dalle persone esterne.Bournout genitoriale: cronica condizione di stress, caratterizzata da un depauperamento delle risorse fisiche e mentali, comparsa di sintomi fisici, consumo di alcol, distanziamento emotivo dai figli e senso di incompetenza nel proprio ruolo di genitore. I fattori di stress, quali la paura del contagio, la convivenza forzata, la deprivazione della libertà, il venire meno del supporto sociale, le difficoltà economiche, pertanto potrebbero aver incentivato da parte di familiari già inclini a condotte impulsive e violente, la spinta a mettere in atto con più frequenza azioni aggressive e di prevaricazione fisica. È possibile affermare che anche per i minori l'isolamento domiciliare ha rappresentato un aumento delle cosiddette Adverse childhood Experiences, con uno specifico riferimento a varie forme di abuso e/o trascuratezza, acuite dal ridotto accesso alle fonti di sostegno. L'essere
obbligati a crescere in un ambiente familiare, connotato da varie forme di violenza, induce nei minori a ricorrere a specifiche strategie di coping che permettono loro di permanere in simili contesti ove le aggressioni sono incontrollabili. Questa ricerca evidenza come alcune vittime di maltrattamento riescano a gestire ambienti familiari avversi, sia attraverso comportamenti che riducono le occasioni di potenziale aggressione, sia mantenendo un buon livello di autostima e ottimismo per il futuro. I giovani che possiedono un orientamento positivo al futuro, fronteggiano meglio gli eventi avversi e persistono nel raggiungimento dei loro obiettivi. Taluni minori a seguito delle esperienze di maltrattamenti sviluppino invece strategie di coping non funzionali, quali ad esempio, incapacità ad avvalersi degli aiuti esterni, tendenza a non chiedere aiuto ai genitori, in quanto li percepiscono non disponibili, preferendo risolvere da soli le difficoltà. Da alcune ricerche emerge che ilControllo ostile, la mancanza di calore emotivo, l'imprevedibilità che sono propri dello stile di accudimento dei genitori maltrattati, inducano nei minori la strutturazione di uno stile cognitivo detto locus of control esterno, modalità di pensiero secondo cui quanto accade nella propria vita viene attribuito al destino o agli altri. I minori si sono quindi trovati a dover fronteggiare una situazione di maggior pericolo nel momento in cui gli è stato imposto di rimanere nelle proprie abitazioni.
Rafforzamento dei servizi preposti alla tutela dei minori: rafforzare le capacità delle scuole, della Polizia, dei servizi sanitari, attuare procedure per la condivisione di informazioni, mantenere i servizi di protezione dei minori, estendere le strutture di assistenza all'infanzia e rafforzare le capacità dei tribunali e di altri fornitori di servizi di reagire alla violenza familiare.
11 QUANDO È DIFFICILE PARLARE: IL CASO DI UNA BAMBINA GEMELLA DI
10 anni affetta da mutismo selettivo
Bambina gemella a cui è stata effettuata tardivamente la diagnosi di mutismo selettivo. La bambina ha 10 anni ha una sorella gemella monovulare con lo stesso problema e una sorella più piccola con nessuna difficoltà. La sintomatologia mutacica si presenta soprattutto a scuola con le insegnanti, le quali non hai mai potuto fare un'interrogazione orale. L'assenza prolungata dell'uso del linguaggio verbale ha influito molto su apprendimenti, su capacità di astrazione e metacognizione. Dalla valutazione funzionale emergono una paura del giudizio degli altri, di sbagliare ed essere derisa, di vergognarsi e temi depressivi, di autosvalutazione, a conferma della comorbidità tra mutismo e problemi internalizzanti. La madre è particolarmente allarmata, sotto pressione anche delle insegnanti a richiedere una consulenza presso un servizio specializzato dato che, nonostante sia stata seguita per diversi anni presso
le ASL di appartenenza labambina non ha mai ricevuto una diagnosi chiara. Negli ultimi due anni il mutismoe i comportamenti problematici sono peggiorati e influenzano sensibilmente lemodalità di valutazione e gli apprendimenti in ambito scolastico. La mammavorrebbe sapere come comportarsi al meglio con la bambina. L'anamnesi familiareè stata raccolta primariamente con la madre. Infatti dopo il primo incontro conentrambi genitori, il padre non è più venuto a gli appuntamenti e la bambina èsempre stata accompagnata alla madre. Il padre della bambina ha un caratteremolto introverso. Come racconta la madre nell'infanzia e nell'adolescenza moltoprobabilmente ha sofferto anche lui di mutismo, ma non gli è stato maidiagnosticato. Pensa che prima o poi le figlie si sbloccheranno da sole, come èsuccesso a lui. La madre ha una storia traumatica familiare. Sua mamma, alcolistaè deceduta quando lei aveva 7 anni. Ha conosciutoIl proprio padre biologico in adolescenza e da poco sono state avviate le pratiche per il riconoscimento, in concomitanza con il problema che hanno presentato le gemelle. La bambina è stata seguita dalle ASL di appartenenza all'inizio della I elementare, sotto insistenza delle insegnanti che si lamentavano del mutismo. Secondo la descrizione delle insegnanti si rifiutava di parlare con loro e con qualsiasi altro adulto dell'ambiente scolastico, mentre parlava con qualche compagna di classe. A casa la bambina parlava tranquillamente con tutti. Dopo numerosi incontri con le ASL solo a Marzo 2006 la dottoressa ha accennato ad una probabile diagnosi di mutismo selettivo. Nel 2005 la bambina ha iniziato ad avere balbuzie toniche e ha seguito un ciclo di logopedia, che si presentavano solo quando la bambina era più emozionata. Sono comunque regredite dopo circa un anno. La bambina parla esclusivamente a casa con adulti familiari che conosce bene e con le sorelle.
Anamnesi familiare:
nata a 37 settimane, 3 minuti dopo la gemella. Nessuna problematica preperinatale significativa. La mamma descrive il suo sviluppo come regolare, secondo le tappe normali e non ricorda ritardi nello sviluppo. Ha sempre avuto un sonno costante. Il problema era più che altro il distacco: è sempre stata una bambina appiccicosa, non si poteva lasciare un attimo che piangeva e si attaccava a me. ASSESTMENTE CON LA BAMBINA: G. in interazione con la sorella (basata su denominazioni e descrizioni, non vi è un vero dialogo), Incontri con G. (creare una relazione di fiducia). VALUTAZIONE FUNZIONALE: al fine di esaminare l'attuale livello di sviluppo e esplorare diversi aspetti più affettivo-relazionali strettamente legati al disturbo. Ed è stata anche un primo passo per iniziare ad esplorare e individuare i pensieri disfunzionali e le emozioni alla base della difficoltà di parlare. 5 incontri: -Area cognitiva Scala WISC-R: presenta un QI 80 al limite, e unProfilo cognitivo disomogeneo con un significativo decalage tra l'area verbale e l'area di performance. Punteggi molto bassi nei subtest verbali informazioni, vocabolario e comprensione che denotano in generale una caduta semantico-concettuale, povertà di informazioni e di strategie socio-relazionali e una difficoltà nell'affrontare in modo appropriato diverse situazioni.
Matrici progressive di Raven: risulta avere un QI nella norma tra il 50 e il 75 percentile rispetto alla sua età.
Area linguistica:
- Comprensione di frasi: buona anche se non satura il test come dovrebbe
- Comprensione del testo scritto con prove MT: ha mostrato una comprensione generale del racconto abbastanza buona. Si rileva una marcata disortografia con frequenti errori grammaticali, disgrafia e omissione di passaggi narrativi
Area memoria e apprendimento TEMA
Area emotiva, affettiva e relazionale: test proiettivi
- Test della famiglia immaginaria: disegna un unico personaggio rinchiuso e una serie di recinti
Geometrici vuoti molto vicini. Disegna un papa, una mamma e un figlio che dormono tutti nella stessa casa. Questo denota assenza di comunicazione tra i familiari, isolamento della figura maschile da quelle femminili e area femminile poco definita e confusa con prevalenza di aspetti depressivi.
T.A.T: prevalgono sentimenti depressivi, con tema della morte e del litigio
Ai genitori è stato chiesto di compilare il questionario CBCL per analizzare aspetti più specifici del comportamento/temperamento della bambina.
OBIETTIVI
- Costruire un'alleanza terapeutica ed instaurare una relazione di fiducia: non forzarla mai a comunicare verbalmente, incoraggiando quella non verbale
- Esplorare le emozioni, i comportamenti e i pensieri disfunzionali prevalenti alla base della paura di parlare di G. attraverso simulazioni ludiche con burattini/bambole o mediante il disegno che rappresentassero eventi di vita quotidiana in cui poteva presentarsi (interrogazione davanti ai compagni, segnalare le
faccine)