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IMPARARE A LEGGERE
Per imparare a leggere, è necessario che il bambino affronti un percorso della durata di diversi anni, suddiviso in 5 stadi:
1- Periodo che va dalla nascita al primo anno di scuola primaria = da 0 a 6 anni
-è detto anche stadio zero
In questa fase i bambini iniziano a:
-maneggiare dei prerequisiti per la lettura (es. la manualità che si acquisisce durante la scuola materna)
-identificare alcune lettere dell’alfabeto, soprattutto quelle che vanno a costituire il loro nome cominceranno a
-scrivere in stampatello maiuscolo
-manifestare la curiosità di leggere le parole sulle insegne
2- Periodo che comprende i primi due anni di scuola primaria
In questa fase molti bambini imparano a leggere, anche se persiste ancora, chiaramente, una certa difficoltà nel
comprendere concretamente ciò che leggono
3- Periodo che comprende secondo e terzo anno di scuola primaria
In questa fase la lettura dei bambini diviene più fluida. Tuttavia, il soggetto non è ancora in grado di fare un
riassunto di ciò che ha letto, in quanto l’attenzione che il bambino pone nel leggere, fa sì che non riesca
contemporaneamente nella rievocazione del contenuto della lettura. Si tratta quindi di una lettura non ancora
legata all’apprendimento.
4- Periodo che comprende il quarto anno di scuola primaria
In questa fase, lettura ed apprendimento sono collegati, uniti: i bambini iniziano a leggere per imparare, riescono a
ricordare ciò che hanno letto e sono in grado di scriverlo, riassumerlo
5- Periodo che caratterizza la scuola media
In questa fase i bambini divengono lettori completi
RIC. È fondamentale che i bambini, da piccoli, leggano piuttosto che siano posti a confronto con dei tablet, televisori
Da uno studio giapponese risulta che i bimbi prima di entrare nella scuola materna hanno già passato duemila ore della loro
vita davanti al tablet o alla televisione: la visione eccessiva di immagini brucia i neuroni. Per cui, si raccomanda di allontanare
i bambini da questi dispositivi soprattutto nella fase d’età che precede i 3 anni.
IMPARARE A SCRIVERE
Anche per imparare a scrivere, è necessario che il bambino affronti un percorso.
La scrittura ha inizio con lo scarabocchio, che è una delle prime manifestazioni intorno ai 2-3 anni.
Poi, man mano che il bambino progredisce nelle abilità motorie, si raggiunge la fase in cui lo stesso impara a scrivere il
proprio nome in stampatello maiuscolo (a circa 4 anni).
LA SINDROME DI WILLIAMS
Il caso di Wendy
Wendy era una bambina che sognava di diventare una scrittrice professionista, l’autrice di libri che sarebbero stati venduti a
milioni di copie. La sua personalità era caratterizzata da un profondo ottimismo, ma lo stesso era accompagnato anche da
straordinarie abilità espressive, verbali, vista la sua giovane età. Fin da piccolissima aveva infatti manifestato una passione
nel raccontare storie e per farlo, si serviva di un vocabolario molto ricco. In più, ideava persino testi per canzoni.
MA a partire da tutti questi elementi, stenteremmo a credere che il suo QI fosse pari a 49.
Di contro, infatti, Wendy non era in grado di compiere i più semplici gesti quotidiani, come allacciarsi le scarpe, attraversare
la strada da sola, leggere o scrivere parole che fossero al di là del primo anno scolastico, o risolvere dei calcoli matematici
elementari.
Perché?
Wendy era vittima di una sindrome, detta sindrome di Williams.
Si tratta di una patologia di origine genetica dovuta ad un’alterazione di un cromosoma, il cromosoma 7.
Per la prima volta fu descritta nel 1961 e colpisce un neonato ogni ventimila.
I sintomi sono rappresentati da:
-abilità espressive/verbali/narrative spiccate ed uniche
-QI basso (= valore che si aggira intorno a 49)
-controllo spaziale e motorio molto limitati (= difficoltà nei movimenti)
-disturbi a livello cardiocircolatorio
-nei tratti del viso si assiste a dei lineamenti da folletto (= orecchie appuntite, elfiche)
-la maggior parte dei soggetti affetti non può neppure condurre una vita indipendente necessità di essere inseriti in
strutture specifiche, adatte a determinate capacità, in cui, in genere, restano a vita
Alcuni autori sostengono che il linguaggio, a differenza di quanto sosteneva Vygotskij, sia sotto il controllo di moduli
neuronali autonomi rispetto al resto delle aree cerebrali che sono destinate ad elaborare informazioni altro tipo.
I soggetti con questa sindrome manifesteranno una predisposizione ad utilizzare dei termini inusuali: ad esempio, nella
descrizione di animali, parlerebbero di un tritone, una tigre bianca, piuttosto che di un cane o un gatto.
In più, quando raccontano delle storie lo fanno con una voce colorita, animata: si percepisce la capacità di drammatizzare i
loro racconti richiamando l’attenzione degli ascoltatori che li circondano.
LA SINDROME DI DOWN
Si tratta di una patologia cromosomica: riguarda la coppia di cromosomi 21.
A livello di questa localizzazione cromosomica infatti, non si assiste, come di norma, ad una coppia di cromosomi, bensì a tre
di essi (= per questo si parla anche di trisomia 21).
A differenza dei bambini affetti dalla sindrome di Williams, i soggetti con questa patologia:
-si esprimono con un linguaggio molto semplice, quasi banale
-raccontano con un tono molto piatto, basso, che non varia mai, e riguardo la partecipazione emotiva si assiste ad una
mancanza di animazione
-i moduli neuronali che controllano il linguaggio e le altre aree non sono separati (lo sono solo nel caso della sindrome di
Williams) Lo sviluppo emotivo ed affettivo nei bambini
Il primo interesse che la psicologia ha rivolto ai bambini è stato esclusivamente nei riguardi degli aspetti cognitivi ed
intellettivi, piuttosto che nei confronti dello sviluppo affettivo, lasciato alla periferia.
Per molti anni è stato infatti fornito pochissimo spazio al concetto di emozione, che invece ha acquisito sempre più
importanza in questi ultimi decenni.
Gli studiosi hanno compreso che anche i bambini manifestano diversi stili emotivi, dei temperamenti variabili ed instaurano
relazioni, vivono legami affettivi con chi si prende cura di loro.
Ma cosa sono le emozioni?
Etimologia del termine emozione: dal latino ex moveo, che significa muovo da, pongo fuori da dentro.
L’emozione è un sentimento, uno stato affettivo che si presenta quando una persona si trova nel corso di un evento.
Questo evento provoca nel soggetto che lo vive un sentimento che si accende e si spegne improvvisamente, suscitando così
delle alterazioni non solo a livello psichico, ma alcune anche a livello organico.
L’emozione è un fenomeno complesso che deriva da un’interazione tra fattori oggettivi (= l’evento) e soggettivi (= la
reazione emotiva del singolo).
Le risposte fisiologiche nel momento in cui si prova un’emozione intensa…
-sudorazione
-rossore
-orripilazione
-tachicardia […]
-alterazioni a livello di componenti legate alla comunicazione non verbale, come cambiamenti dell’espressione del
volto (= sbarrare o chiudere gli occhi), la postura (= la posizione del corpo)
-alterazioni che riguardano aspetti profondi ed intimi, come cambiamenti in alcuni tratti della personalità
La differenza tra emozione e stato d’animo
Stato d’animo = umore diffuso di cui il soggetto ha consapevolezza meno precisa
Gli stati d’animo non sono accompagnati da quelle alterazioni fisiologiche sopra citate e in genere hanno una durata più
lunga rispetto alle emozioni vere e proprie.
Emozioni positive e negative
Le emozioni positive sono rappresentate dalla gioia, dall’entusiasmo, dal provare amore…
Le emozioni negative sono rappresentate dall’ansia, dal senso di colpa, la tristezza, la rabbia, la vergogna…
Attrazione, innamoramento e amore
Secondo Alberoni:
-l’attrazione è legata all’estetica (es. la pelle come biglietto da visita, o l’odore)
-l’innamoramento comprende l’idealizzazione dell’altro
-l’amore è quell’emozione positiva nella quale scompare l’idealizzazione
Le emozioni secondo Darwin
Darwin sostiene che le espressioni facciali delle emozioni nella specie umana siano:
-qualità innate, non apprese (= concretamente, non s’impara crescendo il divenire rossi per la vergogna)
-universali
-a base evoluzionistica (= servono per l’evoluzione, per la sopravvivenza della specie e dell’individuo)
Per esempio, la paura può provocare due risposte caratteristiche: l’attacco o la fuga. Si tratta di espressioni innate e che
appartengono a tutti gli esseri viventi, perché sono al servizio della sopravvivenza individuale e della prosecuzione della
specie.
Ma da dove derivano le emozioni?
Ancora oggi, in consonanza con ciò che sosteneva Darwin, si ritiene che le espressioni facciali delle emozioni abbiano un
rilevante fondamento biologico, che coinvolge il sistema nervoso centrale.
Le emozioni sono infatti collegate a regioni del sistema nervoso a sviluppo precoce, incluse le strutture del sistema limbico
(tra cui l’amigdala).
Le emozioni non sono quindi situate nella sostanza grigia, che è l’ultima a svilupparsi e che attua esclusivamente un
controllo su di esse, bensì in particolari zone della sostanza bianca.
Il cervello
Paleocerebellum = cervello formato da sostanza bianca
Neocerebellum = corteccia (= la sostanza grigia)
Cervello rettiliano = cervello più primitivo da noi posseduto, comprendente strutture come tronco e cervelletto, che ci
permette stabilità nei movimenti, nella deambulazione ed atti automatici come la respirazione
Cervello dei mammiferi = è rappresentato dal resto della sostanza bianca che condividiamo con le altre specie di mammiferi
Corteccia = è specifica solo della specie umana, e non è fatta da sostanza bianca ma grigia - è un velo sottilissimo che copre
tutto quanto il resto del nostro cervello
Il nostro cervello è costituito da aree diverse, ciascuna delle quali è deputata ad un’azione: ogni struttura è collegata a
determinati movimenti ed organi di senso (ad esempio, nell’area occipitale vi è il nervo ottico vista).
Delle varie regioni del nostro cervello, in particolare, il sistema limbico e l’amigdala sono destinati ad una funzione ben
precisa, quella affettiva ed emotiva. Queste strutture appartengono alle aree a sviluppo precoce, per cui già dal momento
della nascita sono presenti: di conseguenza, manifestiamo emozioni sin da quando siamo neonati.
Durante l’infanzia e l’età prescolare vengono interessate aree, quali regioni prefrontali della corteccia, che esercitano un
controllo sul sistema limbico (quindi sull’espressione delle emozioni e su come il bambino in questa fascia d’età le