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LO SVILUPPO SOCIALE
Cooperazione, competizione, comportamento prosociale
LA RELAZIONE TRA PARI
Le teorie tradizionali consideravano la socialità fra bambini a partire dall’età della scuola
primaria.
Due ragioni di ciò:
1. Teorie di riferimento:
Freud la relazione sociale più importante durante l'infanzia è quella con i genitori (ignorati i
rapporti bambino-bambino).
Piaget l'egocentrismo è il tratto essenziale della psicologia infantile; le relazioni fra pari in
età prescolare sono connotate da forte egocentrismo.
2. Metodologia di ricerca utilizzata
Metodi clinici retrospettivi (centralità dei ricordi) si cercava di ricordarsi cosa gli adulti
provavano da bambini ma questo non è funzionale.
Metodi sperimentali (in contesti non naturali) si andava dunque ad analizzare il bambino
quand'era a casa di altri e qui logicamente il comportamento è differente perché ci si comporta
diversamente quando si è a casa propria o no. o centrati sul colloquio (rilevanza delle abilità
linguistiche). Questa metodologia non analizza ciò che veramente fa un bambino quando sta
con un coetaneo.
Attualmente la ricerca sulle relazioni sociali fra bambini:
Considera la socialità infantile fra pari primaria (esiste una programmazione biologica alla
socialità) e il bambino come un individuo attivo nella ricerca e costruzione dei suoi legami
sociali.
Utilizziamo una metodologia di ricerca per lo più basata sull’osservazione del bambino in
contesti naturali (osservazione etologica) il fatto di osservare senza intervenire ci permette di
vedere i comportamenti spontanei perciò abbiamo cambiato metodologie. Questi metodi
sono nati da insegnanti che hanno osservato i bambini.
La diffusone di asili nidi ha favorito lo studio delle relazioni spontanee tra pari. Il bambino è
caratterizzato da una competenza sociale estremamente precoce e complessa.
Quello che il bambino fa con i suoi pari è diverso da quello che fa con gli adulti, abbiamo una
socialità complessa che tiene conto di diversi intesti e d diversi fattori come gli interlocutori.
Il bambino è caratterizzato da una competenza sociale estremamente precoce e complessa.
Numerosi studi hanno analizzato le caratteristiche delle diverse modalità interattive usate dai
bambini
Strategie cooperative
Comportamenti prosociali
Strategie competitive
LA COOPERAZIONE
Modalità di interazione che ha alcune caratteristiche specifiche:
Presenza e definizione di un obiettivo comune e condiviso dai partecipanti
all’interazione
Coordinamento delle azioni individuali in una progettualità di gruppo o di coppia; i
contributi individuali devono essere complementari e correlati.
Es essere d’accordo su un disegno da fare ma poi lo si fa insieme, non che solo uno lo fa e
l’altro guarda sennò non vi è cooperazione
Il coordinamento di punti di vista diversi è favorito dalla comunicazione verbale.
Cooperazione costituisce la modalità più evoluta ed articolata di condurre l’interazione sociale.
Costituisce un importante mezzo per lo sviluppo cognitivo nel condividere un obiettivo
comune i bambini devono rappresentarsi i rispettivi punti di vista e saperli coordinare tra loro.
Fattori favorenti la cooperazione
Fattori interni all’individuo caratteristiche cognitive, affettive
Fattori esterni all’individuo caratteristiche sociali e contestuali
FATTORI COGNITIVI
1. Rappresentazione della realtà e distanziamento
Importanza del gioco simbolico esso facilita il decentramento cognitivo ed emotivo. Aiuta a
ristrutturare la realtà. Favorisce la capacità di tenere conto del punto di vista dell'altro.
La cooperazione richiede di andare oltre la realtà per inventare soluzioni nuove, più elaborate,
che tengano conto delle esigenze di persone diverse.
2. Flessibilità del pensiero
Capacità di non rimanere vincolati alle modalità di risposta già acquisite, di saper
modificare il proprio comportamento in relazione al mutare delle situazioni. Tale capacità aiuta
ad andare oltre il dato contestuale attraverso l'immaginazione di soluzioni nuove.
I bambini cognitivamente più flessibili, durante le interazioni sociali, agiscono e
verbalizzano in modo più cooperativo e meno competitivo rispetto ai bambini a bassa
flessibilità
3. Criteri di classificazione narrativi (anziché logici):
I bambini più "narrativi" si sono rivelati più cooperativi rispetto ai bambini che utilizzano
modalità logiche nei compiti di classificazione degli oggetti. Il pensiero narrativo favorisce la
rappresentazione mentale della soggettività altrui e quindi aiuta a tenere in
considerazione punti di vista diversi (teoria della mente).
4. Linguaggio (capacità di simbolizzazione)
Una verbalizzazione più ricca facilita comunicazione e lo scambio da parte degli attori
dell'interazione dei reciproci punti di vista, favorendo la costruzione e la condivisione di un
progetto comune.
Es bambini stranieri non riescono a comunicare in modo verbale quindi si esprimono
diversamente tipo tirano una riga sopra
FATTORI AFFETTIVI
Alcuni stati emotivi possono modificare il livello di organizzazione cognitiva, conducendo a
utilizzare modalità d'interazione sociale più primitive oppure più evolute e complesse.
Aspetti negativi per la cooperazione percezione di impotenza e insicurezza (paura)
Aspetti emotivi positivi per la cooperazione percezione di sicurezza e senso ci competenza,
autoefficacia e desiderio di stare con gli altri
LA COMPETIZIONE
Modalità d’interazione dove i partecipanti non condividono uno scopo comune, anzi si collocano l’uno
contro l’altro nel perseguimento dell’obiettivo
Non ha un valore esclusivamente negativo la competizione ai bambini piace e la cercano. Può essere
positiva se non costituisce una lotta contro l’altro quanto piuttosto contro i vincoli imposti dalla realtà o
contro i propri limiti (affermazione di sé e delle proprie capacità, superamento della frustrazione)
Superamento della frustrazione i bambini se perdono si arrabbiano. Un insegnamento è che non si può
sempre vincere, il gioco questo lo insegna. Non va neanche bene fare i giochi dove vinciamo tutti.
La competizione è disadattiva quando il limite da superare è costituito dall’altro, quando non si tiene
conto del pari diritto altrui al rispetto e all’affermazione delle proprie capacità o quando si è disposti a
utilizzare ogni mezzo per il raggiungimento del successo personale a scapito degli altri (si perde di vista
il proprio obiettivo pur di ostacolare l’altro)
IL COMPORTAMENTO PROSOCIALE
Aiutare un’altra persona a raggiungere il suo obiettivo la persona che aiuta cerca di sostenere l’altro nel
raggiungimento del suo obiettivo. Senza che a chi aiuta arrivi qualcosa
“Pro socialità” a questo termine vengono riferiti diversi aspetti relativi all’aiutare, al prendersi cura, al
condividere, cooperare, al provare solidarietà. Con esso intendiamo un insieme di azioni finalizzate a
beneficiare l’altro o gli altri
Non si tratta di una condotta globale, ma di comportamenti legati ad ambiti specifici guidati da
motivazioni differenti e connessi a situazioni che possono incoraggiarne, o al contrario ostacolarne,
l’attuazione.
Alcune persone aiutano l’altro perché ci tengono, oppure aiutano l’altro solo pe farsi notare o per avere
qualcosa in cambio.
Di solito si tendono ad aiutare chi si conosce meglio, chi sentiamo più vicino a noi, chi percepiamo più
debole perché percepiti come meno minacciosi. Si aiuta di più quando si è soli, se una persona ha bisogno
d’aiuto e ci sono tante persone intorno si “delega” e si lascia fare agli altri.
Il comportamento prosociale è un comportamento estremamente precoce lo si trova già nel secondo anno
di vita (11-24 mesi)
I bambini così piccoli manifestano quel tipo di comportamento prosociale che è il consolare coinvolti in
situazioni in cui percepiscono la sofferenza dell’altra persona.
Acquisizione di questa capacità si capisce se si notano dei comportamenti consolatori la prima di tipo
fisico (baci, abbracci, prendere la mano). Verso la metà del secondo anno assumono la forma di conforto
verbale (dire “no piangi”, usano le parole che sentono dai genitori). Poi iniziano a mettere in atto dei
comportamenti di aiuto, di condivisione o di distrazione
IL BULLISMO
Bullismo data per la prima volta all’inizio degli anni ’90 da Olweus, da Smith e Sharp e da Fonzi.
Uno studente è oggetto di bullismo (perché interazione tipica dei contesti scolastici), ovvero è prevaricato o
vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da
uno o più compagni.
(Olweus, 1991; Smith e Sharp, 1994; Fonzi, 1997,1999)
3 caratteristiche
Sistematicità nel tempo viene ripetuto nel corso del tempo. Succede tante volte, tutti i giorni.
Intenzionalità la persona è soggetta di prevaricazioni intenzionali. Le persone fanno apposta a farti
stare male.
Asimmetria razionale relazione non paritaria tra bullo e vittima. Cioè che o il bullo è più forte della
vittima (forza fisica o psicologica o di età) oppure perché si è tanti contro uno
Come si può manifestare?
PREPOTENZE DIRETTE più facili da individuare
- Mezzi fisici picchiare
- Mezzi verbali insultare prendere in giro
- Gesti, posture fare il verso
PREPOTENZE INDIRETTE molto più difficili da individuare
- Isolamento sociale far finta di non vedere, ignorare, escludere
- Esclusione dal gruppo organizzare una festa e non invitare un compagno
- Pettegolezzi, dicerie
Le vittime spesso non denunciano
ASPETTI GENERALI
Il bullismo tende a diminuire con il tempo è anche vero che in alcuni contesti alcune caratteristiche
del bullismo si ritrovano. Per esempio, nelle caserme si parlava di “nonnismo”, cioè i capi facevano
dispetti ai nuovi arrivati. Nel contesto lavorativo si parla di “mobbing”, una delle manifestazioni più grandi
è quello di non far fare niente al dipendente
Le prepotenze verbali sono le più diffuse insulti, nomigno