Estratto del documento

Il libro comincia parlando della “terza grande disillusione dell’umanità”:

1.​ Copernico → la Terra non è al centro dell’universo → disillusione cosmologica

2.​ Darwin → l’uomo deriva dagli animali → disillusione biologica

3.​ Freud → l’uomo non sempre razionale cosciente (inconscio) → disillusione psichica​

●​ Il concetto di illusione cognitivista

Nei tempi contemporanei viviamo in una “società dell’illusione di massa”.

Gli autori elencano le illusioni principali che influenzano il nostro modo di vivere

●​ Illusione economico-finanziaria

●​ Illusione nazionale

●​ Illusione sessuale

●​ Illusione statuale

●​ Illusione della privacy

●​ Illusione enciclopedica

●​ Illusione cognitivista: la psicologia moderna asseconda il pensiero positivo,

ottimismo banalizzante, con ricerche che pongono al centro l’idea di felicità e di

salute ignorando la complessità del disagio

○​ neuroscienze → riduzionismo cerebrocentrico (mente ridotta a cervello)

○​ DSM e manuali diagnostici → psicopatologia descrittiva con classificazione

disturbi che non tiene conto del contesto sociale e relazionale

○​ psicoterapia cognitivo-comportamentale → punta a correggere i

comportamenti senza comprenderne il senso e significato

○​ ricerca su effetti dei trattamenti → spesso risultati improbabili e poco utili

L’obiettivo freudiano di svelare l’inconscio e l’irrazionalità della mente umana è stato

sostituito dalle pretese del cognitivismo, ecco perché l’inconscio non abita più qui.

●​ Con quale termine potrebbe essere sostituita la parola “inconscio” nel titolo?

Potrebbe essere sostituita con “paradigma della complessità” in quanto gli autori in più

punti sottolineano la tendenza nella contemporaneità di fare riferimento a modelli medici di

normalità a-contestuali e di patologia lineari, perdendo di vista la complessità dell’oggetto di

osservazione della psicologia: la relazione.

Alcuni esempi: studi dell’E.S.T., studi sulla longevità

Tentano di rendere universali prassi e fenomeni soggettivi, ignorando la complessità della

mente umana e del processo terapeutico.

●​ Sindrome di Haslemere anche per gli psicologi italiani

Il Simposio di Haslemere (1976) rappresenta un momento emblematico nella storia della

psicoanalisi internazionale, in cui importanti esponenti psicoanalisti si confrontarono sul

problema dell’identità psicoanalitica e sul ruolo degli psicoanalisti all’interno della comunità

scientifica.

Tuttavia, questo tentativo di chiarificazione si concluse in uno stallo teorico e pratico, dovuto

all’ambiguità che caratterizza la psicoanalisi (dovuta ad esempio a invischiamento con

identità dello psichiatra e comunità dogmatica di fedeli più che di scienziati).

La cosiddetta “sindrome di Haslemere” può essere interpretata come l’illusione che

l’appartenenza a una scuola di pensiero basti a definire l’identità professionale di uno

psicoanalista.

Questa sindrome, originariamente propria della psicoanalisi, viene oggi attribuita anche alla

psicologia clinica italiana.

Infatti, gli psicologi clinici italiani sembrano non aver sviluppato né un solido “concetto di sé”

(cioè un’identità teorica condivisa), né un autentico “sentimento di identità” (cioè un senso di

appartenenza professionale coerente).

Questo è dovuto principalmente all’eccessivo riferimento a modelli esterni in cui si è cercata

legittimazione, in particolare:

●​ modello medico-psichiatrico

●​ modello psicoanalitico

che hanno influenzato formazione e pratica clinica nel nostro paese, ma entrambi inadeguati

a sostenere l’analisi della domanda (centrale nella psicologia clinica).

Questo atteggiamento ha avuto come conseguenza una mancanza di autonomia e

maturazione della psicologia clinica italiana, che rischia di rimanere subordinata a discipline

che, per quanto influenti, hanno una diversa natura e finalità.

Si tratta dunque di una deviazione antistorica, come affermano gli autori, che impedisce

l’evoluzione verso una vera identità professionale e scientifica autonoma.

Tuttavia, oggi esistono le condizioni normative (Ordine, Albo, leggi professionali) per

avviare un cambiamento e creare una vera identità professionale, ma manca un progetto

comune.

In assenza di questo sforzo collettivo, la psicologia clinica italiana continuerà a riprodurre la

sindrome di Haslemere, affidandosi a un’identità derivata piuttosto che costruita, fondata

sull’adesione fideistica a scuole o ideologie e non su un pensiero critico autonomo e

solida base epistemologica.

●​ Chiodi e martello

La metafora del martello e del chiodo, usata da Maslow e ripresa da Grasso nel testo,

se conosci solo una

serve a criticare l’eccessiva rigidità mentale e mancanza di flessibilità:

soluzione, rischi di vedere ogni situazione come se richiedesse proprio quella.

Infatti la metafora originale cita “se hai solo un martello, tenderai a trattare ogni cosa

come se fosse un chiodo”.

L’autore analizza il problema della convivenza ateoretica e a-conflittuale di diversi modelli

della psicologia clinica (procedere parallelamente nella stessa disciplina di modelli opposti),

in assenza di una teoria unificata.

L’autore ritiene necessario un lavoro di integrazione, ma scettico a riguardo (per il collegio

dei docenti integrazione non solo impossibile, ma anche non auspicabile) vede come

uniche alternative:

-​ egemonia di un modello

-​ procedere parallelo di molteplici modelli

Pertanto, sembrerebbe più adeguato parlare non tanto di psicologia clinica ma di

psicologiche cliniche, e non tanto di psicoterapia quanto di modelli di psicoterapia.

Come si diceva, ciascuno con il proprio martello a battere i suoi chiodi (rischiando anche di

schiacciarsi qualche unghia → gioco di parole con “nail” = unghia, chiodo, per sottintendere

che questo potrebbe essere controproducente).

Se conosci solo un approccio clinico, finirai per usarlo sempre, anche quando non è adatto.

La psicologia clinica, invece, richiede flessibilità, pensiero e integrazione tra più modelli.

●​ Psicologia clinica e psicoterapia analitica

La psicologia clinica, secondo il regolamento del collegio dei docenti universitari, è un

settore della psicologia che si occupa di comprendere, interpretare e riorganizzare i processi

mentali disfunzionali o patologici, a livello individuale e interpersonale.

Include consulenza, diagnosi, terapia e promozione del benessere.

La psicoterapia rappresenta l’ambito applicativo privilegiato della psicologia clinica.

Tuttavia, anziché parlare di “psicoterapia” in astratto, è più corretto parlare di modelli di

psicoterapia, vista la pluralità di approcci e riferimenti teorici, tra cui spicca quello della

psicoterapia analitica.

La psicoterapia analitica, erede della tradizione psicoanalitica, si distingue per il suo

orientamento all’ascolto profondo, alla ricerca del significato del sintomo e all’esplorazione

dell’inconscio.

Questo approccio, tuttavia, è stato messo in difficoltà dalla tendenza attuale a ridurre la

psicologia clinica a una disciplina esclusivamente terapeutica, dominata da modelli

come la CBT, spesso selezionati per la loro maggiore compatibilità con il paradigma della

verificabilità scientifica di tipo medico.

Si rischia di associare rigidamente psicologia clinica e psicoterapia all’idea di patologia e

cura, escludendo così il lavoro clinico da tutti quegli ambiti definiti come “normalità”.

●​ Contributi di Grasso e Stampa in psicoterapia

Grasso e Stampa offrono contributo critico e teorico di grande rilevanza per la psicoterapia,

ponendo attenzione alle derive riduzionistiche e alle semplificazioni metodologiche che

rischiano di snaturarne la complessità.

1. Critica all’estensione del concetto di “prove scientifiche” alla psicoterapia sul modello

delle scienze naturali.

2. Critica alle visioni semplificate della salute mentale fondate su approcci come quello

della psicologia positiva, che riducono la salute a ottimismo, felicità e benessere soggettivo,

ignorando il ruolo del conflitto, del disagio e del significato della sofferenza.

3. Critica alla definizione di disturbo mentale proposta da Wakefield come “disfunzione

dannosa”

In sintesi, il loro contributo si articola in una critica epistemologica e metodologica al modo in

cui si sta definendo e praticando la psicoterapia oggi, e in una proposta alternativa che

recupera il senso clinico e umano della psicoterapia come disciplina della soggettività.

●​ Secondo Grasso e Stampa, perché non vanno bene le definizioni lineari di

disturbi mentali?

Grasso e Stampa spiegano il motivo per il quale la definizione di disturbo mentale non può

essere lineare con una metafora: addentrarsi nel mondo della follia è un po’ come

addentrarsi in Cartoonia, il territorio della fantasia.

I cartoni animati possono ben rappresentare la follia perché costituiscono un mondo

irrazionale, non lineare e fuori da leggi fisiche e logiche (basti pensare che si vola senza ali).

Per queste caratteristiche è difficile avere indicatori universali su quanto la persona guarisca

o stia meglio.

La ricerca clinica indirizzata all'efficacia della psicoterapia ha l’obiettivo di registrare e

misurare i "progressi" del paziente, ma è importante domandarsi verso quali modelli di

“normalità psicologica" o di "salute mentale".

Nella medicina, il modello di funzionamento è lineare:

1.​ Sintomo → 2. Malattia → 3. Cura → 4. Guarigione

Questo è possibile grazie a modelli eziopatogenetici definiti che permettono di ricondurre

ogni sintomo a specifiche cause.​

Ma questo modello non è applicabile alla mente: in psicologia clinica non è possibile fare

riferimento ad una normalità universale essendo, questa, contestuale.

Il mito del disturbo mentale lineare è quindi un retaggio del modello medico.

●​ “Non tutte le prove sono evidenze e non tutte le evidenze sono prove”

“Non tutte le prove sono evidenze, e non tutte le evidenze sono prove” è un

ammonimento rivolto da Francesco Mancini e Barbara Barcaccia a ricercatori e

professionisti tenuti a tradurre correttamente dall’inglese l’espressione “evidence based”

che non si riferisce ad una medicina o psicotera

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher violette26 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di psicologia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Cordella Barbara.
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