-TRATTAMENTO
Qualunque sia il tipo di approccio terapeutico, un adeguato trattamento delle disfunzioni
sessuali non può prescindere da una dettagliata valutazione clinica, focalizzata non solo sul
disturbo riferito, ma allargata anche al funzionamento complessivo, cognitivo e
comportamentale del paziente.
-TRATTAMENTO PSICOTERAPICO
Diversi sono gli orientamenti metodologici che sottendono la terapia delle disfunzioni sessuali.
Le tecniche psicodinamiche classiche sono rivolte all’analisi e alla risoluzione dei conflitti
inconsci, al fine di rendere l’impulso sessuale accettabile per l’ego del paziente. La terapia
comportamentale ha come obiettivo quello di inibire, attraverso un programma di
desensibilizzazione sistematica, la risposta ansiosa appresa legata al rapporto sessuale. La
terapia sessuale di coppia tratta la relazione coniugale nel suo complesso, con lo scopo di
ristabilire la comunicazione all’interno dell’unità di coppia. Il trattamento, a breve termine,
consiste nel fornire un’adeguata informazione ed educazione sessuale e nel prescrivere
specifici esercizi di focalizzazione sensoriale che consentano ai coniugi di ridurre l’ansia e di
distrarsi dalle preoccupazioni ossessive relative alla prestazione. La terapia sessuale integrata
che rappresenta a oggi il tipo di trattamento psicoterapico più efficace associa gli approcci di
tipo comportamentale, cognitivista e interpersonale con la comprensione psicodinamica dei
fattori psichici con l’obiettivo di fornire al paziente una capacità funzionale che gli possa
consentire la realizzazione soddisfacente del comportamento compromesso.
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-TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
L’approccio farmacologico presenta limitate applicazioni nell’ambito delle disfunzioni
sessuali. Tuttavia, negli ultimi anni una maggiore attenzione è stata dedicata a questa forma di
intervento; ne sono un esempio il sildenafil e i suoi analoghi, la cui introduzione ha
rappresentato una rivoluzione nel trattamento della disfunzione erettile. Altri possibili
trattamenti per via orale sono rappresentati dalla somministrazione di testosterone nei soggetti
con bassi livelli di ormone, dall’impiego di antidepressivi triciclici e SSRI nell’aiaculazione
precoce e di farmaci ansiolitici nei casi in cui sia presente una notevole componente ansiosa.
Fra le terapie locali sono da menzionare le iniezioni intracavernose di papaverina, utilizzate nei
soggetti con disfunzione erettile.
-TRATTAMENTO CHIRURGICO
Il trattamento chirurgico, raramente indicato e limitato a casi attentamente selezionati, si
realizza attraverso il posizionamento di protesi e l’esecuzione di interventi del pene negli
uomini e vaginale nelle donne.
-DISFORIA DI GENERE
L’identità di genere, costrutto prevalentemente psicosociale e culturale, consiste nella
consapevolezza di se stessi come appartenenti a un sesso piuttosto che all’altro e, pertanto,
connota gli aspetti psicologici del comportamento correlati alla mascolinità o alla femminilità.
È stato lo psicoanalista americano Stoller a postularne l’esistenza. L’identità di genere va
distinta dall’identità “di ruolo” intesa come l’assunzione di quei comportamenti che ogni
società attribuisce a un sesso piuttosto che a un altro. In termini di sviluppo, i primi segni di una
rudimentale identità di genere appaiono tra i 18 mesi e i tre anni, epoca in cui il bambino
apprende a classificare correttamente se stesso e gli altri nelle categorie del maschile e del
femminile, sebbene la costruzione della “costanza” di genere, cioè la consapevolezza che il
proprio sesso rimanga invariato nel tempo, sia più tardiva manifestandosi pienamente intorno
all’età di 6-7 anni. Il sesso e il genere possono svilupparsi in modi conflittuali o totalmente
opposti sotto la spinta di influenze biologiche e di fattori culturali e ambientali, rappresentati
essenzialmente dai fenomeni dell’imprinting, dall’apprendimento, dai condizionamenti subiti
e dalle identificazioni con le figure significative. La “disforia di genere” è una nuova classe
diagnostica del DSM-5 che focalizza l’attenzione sul fenomeno dell’incongruenza di genere.
Tale categoria nosografica si riferisce alla presenza di una marcata differenza tra l’esperienza o
l’espressione del proprio genere e il genere assegnato, e prevede che tale discrepanza causi
nell’individuo disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale,
lavorativo o di altre aree importanti.
-EPIDEMIOLOGIA
Dati recenti riportano tassi di prevalenza negli adulti compresi tra 0,005% e 0,014% per i
maschi e tra 0,002% e 0,003% per le femmine.
-ETIOPATOGENESI: IPOTESI BIOLOGICHE
Gli studi che hanno esaminato i fattori biologici coinvolti nel disturbo dell’identità di genere
hanno focalizzato l’attenzione prevalentemente su tre possibili cause quali la presenza di
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anomalie ormonali perinatali, l’alterazione della secrezione delle gonadotropine, l’irregolare
differenziazione morfologica sessuale di alcuni nuclei ipotalamici, che nei soggetti con
disturbo dell’identità di genere presenterebbero caratteristiche morfologiche e strutturali
tipiche del sesso opposto. Numerosi sono gli studi che hanno mostrato il forte contributo degli
aspetti genetici sulla varianza del disturbo. L’ereditarietà si è notata in entrambi i sessi con una
lieve prevalenza nel sesso maschile.
-IPOTESI PSICODINAMICHE
Diversi aspetti psicologici e sociali giocano un ruolo importante nell’eziologia del disturbo
dell’identità di genere. Le teorie psicologiche possono essenzialmente essere collocate in due
categorie. La prima considera il transessualismo come il risultato di un processo non
conflittuale, e lo spiega con l’analogia della relazione madre-figlio a una simbiosi felice e
prolungata in cui il bambino identifica se stesso con il genere della madre. L’altra lo accumuna
a un processo conflittuale in cui l’identità di genere continua a rimanere ambigua nel corso
dello sviluppo; in tale contesto il disturbo di identità di genere viene ritenuto una difesa nei
confronti dell’omosessualità, una forma di perversione, un disturbo narcisistico.
-TRATTAMENTO
Il trattamento dei disturbi dell’identità di genere si presenta complesso e di difficile soluzione:
i soggetti con tale disturbo solitamente si rivolgono al medico con precise e ferme richieste di
interventi che abbiano come unico scopo quello di modificare il loro aspetto fisico.
-TERAPIA ORMONALE
Consiste nella somministrazione di ormoni sessuali specifici per ottenere la modificazione
degli aspetti somatici. La somministrazione di estrogeni nei maschi biologici determina la
ridistribuzione del grasso corporeo, lo sviluppo delle mammelle e la riduzione del volume dei
testicoli e degli impulsi sessuali. La somministrazione di testosterone nelle femmine
biologiche produce la ridistribuzione del grasso corporeo, amenorrea, l’aumento e
l’ispessimento dei peli del volto e del corpo, l’abbassamento del timbro vocale, l’aumento di
volume del clitoride e degli impulsi sessuali.
-CHIRURGIA DI RIASSEGNAZIONE DEL SESSO
La rassegnazione chirurgica del sesso rappresenta una procedura definitiva; è opportuno
selezionare adeguatamente e monitorare i soggetti da sottoporre a tale tipo di trattamento.
L’intervento deve essere preceduto da un periodo di circa 1-2 anni durante il quale il soggetto
inizia a vivere come un membro del genere opposto e da un altro biennio in cui viene sottoposto
a terapia ormonale. Nei maschi lì intervento consiste in un’amputazione del pene e creazione
di una vagina artificiale; nelle donne si esegue una mastectomia bilaterale.
-TRATTAMENTO PSICOTERAPICO
Per nulla efficace se utilizzata con l’intento di modificare i convincimenti dei pazienti e di creare
un’identità sessuale convenzionale, il reale scopo della psicoterapia è invece quello di
accertare in tali soggetti l’esistenza del bisogno profondo di cambiare sesso e di aiutarli a
sentirsi a proprio agio con l’identità di genere che desiderano. La psicoterapia ha il compito di
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esplorare, assieme ai pazienti, i trattamenti chirurgici da affrontare, valutarne le indicazioni e
le controindicazioni e aiutarli nell’adattamento postchirurgico alla nuova vita.
-I DISTURBI PARAFILICI
Il termine “parafilia” indica la presenza, per un periodo di almeno sei mesi, di un interesse
sessuale intenso e persistente rivolto verso oggetti, situazioni o persone non consenzienti, che
sono al di fuori della gamma dei normali interessi sessuali. Nel DSM-5 le parafilie, pur
discostandosi dalle preferenze sessuali abituali, non rappresentano in sè un disturbo mentale,
ma lo diventano nel momento in cui causano disagio clinicamente significativo o
compromissione funzionale all’individuo, oppure determinano un danno personale agli altri. Il
DSM-5 classifica i disturbi parafilici in dieci categorie:
Disturbo voyeuristico: consiste nell’osservare, senza essere visti, persone inconsapevoli, nude
o che si spogliano o che hanno rapporti sessuali. L’atto voyeuristico è accompagnato o seguito
dalla masturbazione poiché, come nell’esibizionismo, tali soggetti non aspirano ad alcuna
attività sessuale con la persona osservata.
Disturbo esibizionistico: il piacere deriva dall’esibire i propri genitali a persone non
consenzienti.
Le persone non consenzienti possono essere bambini in età prepuberale, adulti o entrambi.
Solitamente non c’è l’intento di stabilire un reale contatto sessuale con l’osservatore e
l’orgasmo è raggiunto attraverso la masturbazione durante e dopo l’evento.
Disturbo frotteuristico: consiste nel toccare o nello strofinarsi contro una persona non
consenziente (in genere una donna) solitamente in ambienti affollati. L’orgasmo è raggiunto
con la masturbazione durante o più spesso dopo l’atto parafilico.
Disturbo da masochismo sessuale: il piacere è connesso all’atto di essere umiliati, picchiati,
legati o fatti soffrire, spesso mediante rituali rigorosi e prestabiliti.
Disturbo da sadismo sessuale: eccitamento sessuale derivante dalla sofferenza fisica o
psicologica inflitti a un’altra persona per mezzo di azioni reali e non simulate.
Disturbo pedofiliaco: il termine “pedofilia” indica il desiderio o la messa in atto di attività
sessuale con uno o più bambini prepuberi (di 13 anni o più piccoli); il soggetto responsabile
deve avere non meno di 16 anni e deve essere di almeno 5 anni maggiore del bambino oggetto
delle attenzioni sessuali. L’interesse pedofilico può essere di tipo omosessuale, e
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