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CONDIVISIONE DEI BISOGNI E DELLE GIOIE
Come e quali possono essere i canali per favorire nuove tessiture relazionali?
Esempio: attivare ‘’luoghi di senso’’, ovvero luoghi che rendano possibile una
condivisione di bisogni rinnovata. Questi ultimi non necessariamente devono
essere posti fisici ma possono essere anche percorsi che facilitano la
costruzione di risposte comuni alle esigenze e alle problematiche della vita
quotidiana. Favorire dunque il confronto informale sino ad arrivare a forme di
mutuo aiuto.
Grazie alla mutualità dei rapporti è possibile garantire la loro durata nel tempo
e il loro consolidamento.
Si parla sempre più spesso di difficoltà a chiedere aiuto, a causa del nuovo
pensiero che vede l’uomo definito come self-made man (che si fa da solo) e che
non chiede aiuto a nessuno, perciò qualora si chieda aiuto il senso di debito
diviene talmente forte da agonizzare il beneficiato, come se chiedendo aiuto
avesse perso dignità.
Diversa è la situazione negli insediamenti popolari dove la limitatezza delle
risorse economiche induce ad utilizzare maggiormente l’aiuto reciproco.
Dunque chi ha bisogno evidentemente comprende meglio necessità degli altri;
se vogliamo iniziare dei contesti dove vi sono già in atto processi di vicinanza
sarà opportuno partire da quelli meno agiati perché essi saranno più ricchi di
relazioni.
Bisogna però porgere attenzione a non cadere in dinamiche asimmetriche tra
donatore e ricevente altrimenti si riattiverebbe la sindrome rancorosa che ci
conduce a provare vergogna nel chiedere aiuto.
PERCORSI DI AVVIO DELLA CONDIVISIONE
Il primo passo per innescare nuove relazioni è la presenza di persone
facilitatrici di relazione (vengono chiamati anche natural aggregator), sono
persone dotate di una buona capacità relazionale che si impegnano nel lavoro
di reticolazione relazionale.
Sfrutteranno ogni circostanza per socializzare; ma il loro lavoro non si limita
qui, a legame consolidato avranno cura di inviare un messaggio o fare una
breve telefonata per continuare a stabilire un contatto con le persone con cui
hanno innescato un rapporto. I natural aggregator una volta infittito il legame
con le persone avranno cura di farli fare amicizia con nuove componenti. Così
fa facendo la rete relazionale diventerà ancor più densa.
Un primo esempio di gruppo di attività è quello dei ‘’genitori insieme’’.
I genitori, specialmente le madri, si trovano nella condizione di doversi
relazionare con alcune realtà del territorio e con le loro componenti. Abbiamo
già parlato delle mamme che spesso si ritrovano volontariamente o
involontariamente a far amicizia o a tessere relazioni con i genitori dei
compagni di scuola dei propri figli.
Questo come abbiamo detto è un’occasione naturale per poter stabilire dei
rapporti ma non sempre queste relazioni divengono legami concreti. Un
esempio di mutuo aiuto tra i genitori è il baby Parking mattutino per
permettere ai genitori che devono andare al lavoro la mattina presto di lasciare
i propri figli in custodia ad altri genitori disponibili ad accompagnarli a scuola.
Un altro esempio è l’iniziativa organizzata da una parrocchia di Pesaro che
consiste nel predisporre l’elenco di famiglie disponibili periodicamente ad
ospitare a casa propria ad essere ospitate da altre famiglie a pranzo per poter
consolidare i rapporti tra i genitori dei bambini e dei ragazzi partecipanti alle
attività parrocchiali.
Altre iniziative invece hanno coinvolto gli anziani: Una fondazione ha coinvolto
tutte le mattine dalle nove alle 11 un gruppo di anziane in attività di
affiancamento agli insegnanti della scuola dell’infanzia; i compiti a loro riservati
sono ruoli di accudimento e la conduzione di laboratori educativi.
Una situazione nel quale le persone e le famiglie sperimentano la solitudine è
quando vi sono dei trasferimenti. Molto spesso i trasferimenti non sono voluti
ma fatti per cause lavorative è per questo motivo molte famiglie si trovano a
sentirsi sole. Un modo per tessere relazioni in questo caso è applicare le regole
del buon vicino e dunque bussare e dare il benvenuto nel nuovo condominio,
quartiere, o città; magari anche invitare i nuovi arrivati per un caffè.
L’ultimo esempio è quello delle ‘’coppie angelo’’ ovvero famiglie con
prolungata esperienza coniugale che si affiancano a neo sposi per affrontare i
primi anni di convivenza o per dare consiglio sull’accudimento dei primi figli.
Capitolo 28- percorsi di aggregazione gruppale
(Importante sta nelle slide)-
Definizione ed etimologia di ‘’gruppo’’ --> dalla lingua celta ‘’CRUP’’ =
stringere insieme, dal tedesco ‘’KROPT’’ = nodo.
Indica una realtà relazionale molto densa fatta di coesione interazione e
cambiamento.
Possono esserci gruppi primari (famiglia, amici etc..\\ caratterizzati da poche
persone) e gruppi secondari con legami funzionali al raggiungimento di un fine
o uno scopo.
Occorre specificare che i gruppi sono molto più di una squadra, essa è tenuta
unita solo nel momento di una competizione o in situazioni lavorative, ma in un
gruppo vi sono anche legami sociali e affettivi interni.
Quando le persone non fanno parte di nessun gruppo secondario può essere
opportuno favorire l’adesione ad uno già esistente nel territorio o adoperarsi
per crearne un nuovo; in quel caso l’operatore sociale si occuperà della start-up
del gruppo.
Ovviamente la condizione necessaria è quella che le persone siano disponibili
ad un’esperienza di partecipazione sociale condivisa.
Per creare un gruppo ci devono essere alcune fasi fondamentali (come quella
dell’individuazione del coinvolgimento di futuri membri, dell’analisi delle risorse
disponibili e dei bisogni eccetera). Solo a seguito di queste fasi ci sarà un vero
processo di consolidamento fra i membri, tuttavia queste dinamiche gruppali
non sono definibili in tempistiche precise, non di rado esse si svolgono molto
lentamente. A volte addirittura potrebbe emergere un’incapacità dei membri
del gruppo ad attivare qualsiasi legame, in quel caso l’operatore sociale potrà
sostituirsi a loro per il tempo minimo per innescare il processo e poi
successivamente ritornare nel suo ruolo predefinito.
Il ruolo fondamentale dell’operatore è quello di guidare il cammino dei gruppi.
Questo significa che egli dovrà curare i momenti dell’incontro svolgendo un
ruolo flessibile a volte di rallentatore di processi, a volte di acceleratore, ancora
di moderatore e di conduttore. L’operatore di prossimità deve condurre le
conversazioni in modo che non vadano alla deriva, sfociando in discorsi che
non puntano gli obiettivi prefissati per gli incontri. l’operatore potrà intervenire,
fare domande e osservazioni, ed è possibile che servano più incontri prima che
le persone si concentrino davvero sui bisogni di affrontare. Uno dei ruoli
dell’operatore è quello di favorire la rottura del ghiaccio, per questo sarà utile
creare delle situazioni informali (= “condivisione della gioia”) e cercare di
coinvolgere tutti quanti in modo simmetrico per evitare atteggiamenti logorroici
o di protagonismo da parte di alcuni.
I GRUPPI HANNO UN CICLO DI VITA
Come abbiamo detto, la vita dei gruppi si evolve con ritmi e dinamiche mai
lineari e dunque soggettive.
Premettendo che ogni realtà gruppale è diversa dalle altre, ci sono alcune fasi
che possiamo genericamente indicare e che vanno a caratterizzare gli sviluppi
dei gruppi. Queste fasi sono differenti se parliamo di gruppi di mutuo aiuto
(self-help). È utile specificare che ci sono anche delle realtà miste che
inglobano sia la mutualità interna di un gruppo che la realizzazione dell’attività
rivolte all’esterno come per esempio i gruppi di volontariato eccetera.
La prima fase è il punto di start, in questo momento nasce il gruppo, c’è un
forte entusiasmo e un piccolo numero di membri, ma una elevata densità
relazionale perché tutti si conoscono fra di loro bene e dunque c’è una grande
intesa progettuale perché si sa cosa si vuole realizzare e perché lo si vuole ;
tuttavia c’è poca densità operativa perché un gruppo all’inizio ha poche, se non
nulle, attività concrete da svolgere.
La seconda fase è la fase di avvio all’interno della quale c’è l’attivazione del
gruppo, può avere una durata variabile da pochi mesi a un anno ed è
caratterizzata dall’enfasi di vedere i progetti concretizzati in azioni, ogni
difficoltà viene vista come uno stimolo e una sfida. Inizia ad aumentare la
densità operativa perché aumentano le attività concrete da svolgere e
gradualmente inizia ad aumentare il numero dei componenti.
La terza fase è la fase di plateau, in questa fase l’aumento delle attività e della
numerosità del gruppo non corrisponde a un incremento della densità
relazionale e all’intesa progettuale infatti per questo rimangono stabili. E’ una
fase in cui si riduce il numero degli incontri sia perché c’è più carico operativo
sia perché aumenta la dimensione del gruppo e quindi è più difficile riunirsi.
Infatti frequentemente ci si ritrova in sottogruppi in base ai compiti e ai ruoli
prestabiliti.
Successivamente abbiamo la fase di indebolimento, in questa fase sia i membri
del gruppo che coloro che ne hanno la responsabilità sono portati a credere che
si possa continuare con un aumento costante delle attività e del numero dei
membri; tuttavia queste aspettative sono un’illusione perché non porteranno
altro che un indebolimento del gruppo. Infatti, con l’inserimento di nuovi
membri e sempre più attività, ci sarà sempre più difficoltà a coinvolgere i nuovi
arrivati e sarà facile lasciare alcune persone ai margini; questo comporta
l’uscita di vecchi e nuovi membri dal gruppo e molte azioni vengono svolte con
modalità non adeguate.
La fase di sfaldamento invece è una sorta di reazione alla fase di indebolimento
che consiste nella ricerca di nuovi incontri di sensibilizzazione per poter
avvicinare nuove componenti al gruppo e questo non può che portare a un
ulteriore indebolimento.
La fase sabbatica consiste nella consapevolezza dei responsabili del gruppo
dell’imminente sfaldamento e dunque inaugu