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Superare l’idea che le categorie sociologiche abbiano un valore
descrittivo oggettivo o
riferibile a fenomeni "naturali".
Punto chiave:
Le categorie non hanno un significato fisso o universale.
Acquistano senso solo se interpretate all’interno del contesto specifico in cui vengono utilizzate.
Verso una Sociologia Descrittiva:
Da qui nasce l’esigenza di orientarsi verso:
Una sociologia descrittiva
L’impiego dell’etnometodologia
come strumento privilegiato per analizzare le interazioni
sociali e le categorie impiegate nei contesti reali.
Applicazione agli Studi Storici:
Questa riflessione si estende anche alla storiografia:
È importante analizzare profondamente la relazione tra categorie, significati e contesti
anche negli studi storici.
Ad esempio, Skinner affronta la questione sostenendo che è impossibile studiare il
passato senza prendere posizione sulle categorie impiegate per descriverlo.
Contesto, Linguaggio e Categorie nella Sociologia
1. L'importanza del contesto linguistico
Un testo, se estrapolato dal suo contesto linguistico e culturale, perde gran parte del suo significato
originario. In questo processo:
rischia di attribuire al testo un significato imposto, legato al punto di vista dell’interprete.
Si
Si può anche forzare una lettura “educativa” della storia, che riflette più l’intento del
narratore che i dati stessi.
2. Il ruolo del linguaggio secondo la sociologia wittgensteiniana
Secondo questa prospettiva:
Le parole sono prive di significato se non inserite nel loro apparato contestuale.
Il linguaggio non può essere separato dalle pratiche sociali e culturali in cui viene usato.
Decostruire le Categorie
3. Critica alla sociologia convenzionale
La sociologia tradizionale tende a:
Impiegare termini e concetti come istituzione, attore, potere, identità, habitus...
Trattare queste categorie come entità oggettive, stabilite una volta per tutte.
Applicarle per classificare persone, oggetti, luoghi e azioni con lo scopo di assegnare
significati fissi e funzionali a determinati obiettivi analitici.
4. Problematizzazione delle categorie
Questa pratica comporta diversi rischi:
Non è neutrale: ogni categoria è frutto di scelte teoriche e culturali.
Il linguaggio quotidiano, se preso acriticamente, tende a produrre effetti di
naturalizzazione, ovvero:
o Standardizzazione: tutto viene reso uniforme.
o Reificazione: concetti astratti vengono trattati come reali e concreti.
5. Conclusione: un rischio metodologico
L’uso non riflessivo delle categorie concettuali può:
Sostituirsi all’osservazione diretta, influenzando l’analisi empirica.
Portare a costruzioni teoriche rigide, che impediscono una reale comprensione della
complessità del sociale.
Etnometodologia, Categorie e Osservazione Sociologica
1. Il punto di partenza: l'etnometodologia
Secondo l’approccio etnometodologico, in particolare quello di Harold Garfinkel, si assume che:
Le interpretazioni non sono mai oggettive.
Non esistono significati “puri” o universali: ogni interpretazione nasce da un’interazione tra
linguaggio, contesto e pratica sociale.
2. Due temi fondamentali affrontati nel testo:
1. Le categorie non sono neutre
Le categorie utilizzate nella ricerca non possono essere considerate strumenti neutri.
Non esistono categorie che rappresentino in modo oggettivo la realtà.
Ogni categoria produce un significato, ed è legata a una particolare visione del mondo e a
un certo contesto culturale.
2. La sociologia deve studiare le categorie nel loro contesto d’uso
Le categorie vanno analizzate nel momento in cui emergono nelle interazioni reali.
all’interno di pratiche situate nel
Hanno senso solo se considerate nel loro uso concreto,
tempo e nello spazio.
È necessario adottare un approccio che assuma il contesto come costitutivo del significato
(es. Lynch e Livingston, 1993).
Ogni osservazione è parte di un’attività sociale, in cui l’osservatore:
Fornisce una rappresentazione parziale.
Seleziona ciò che ritiene rilevante.
Interagisce con il campo e contribuisce alla costruzione del significato.
3. Implicazioni per la sociologia
La sociologia dovrebbe dotarsi di strumenti riflessivi, per interrogare continuamente i
limiti e i presupposti delle proprie categorie analitiche.
Serve una riconsiderazione epistemologica che permetta di:
o Riflettere sui vincoli del linguaggio teorico.
Prendere consapevolezza dell’influenza della posizione dell’osservatore.
o
4. Verso una sociologia educativa ed etnometodologica
Questo approccio non si limita a descrivere, ma punta a formare consapevolezza critica.
La sociologia educativa, in dialogo con l’etnometodologia, può diventare uno
strumento
attivo di riflessione e trasformazione sociale.
Categorie, Pratiche e Decostruzione: Visione Critica
1. Categorie e produzione sociologica
Le categorie non sono solo strumenti analitici neutrali, ma prodotti culturali e pratici,
profondamente influenzati dal modo in cui i sociologi stessi le costruiscono.
Le categorie, in altre parole, sono prodotte in una società e da chi la studia (cioè dai
sociologi stessi), e risentono delle loro prospettive teoriche.
2. L’etnometodologia critica e la riflessione linguistica
L’etnometodologia
critica (in dialogo con il pensiero di Derrida) può assumere un ruolo
fondamentale nella sociologia contemporanea.
Dopo una prima fase di osservazione critica, essa permette di mettere in luce il rilievo
pratico e linguistico della categorizzazione.
assunte dall’autore si ispirano a:
Le posizioni teoriche
L’etnometodologia
o critica
o Le acquisizioni teoriche di pensatori come McHoul e Derrida
Obiettivo dell’autore:
Integrare l’etnometodologia non come metodo empirico applicato, ma come
strumento
teorico per riflettere sul funzionamento delle categorie.
–
3. Decostruzione delle categorie secondo Derrida
Concetto chiave:
Si introduce il concetto di decostruzione delle categorie, basandosi sul pensiero di Jacques
Derrida.
Confronto con Kant: cioè strutture fisse, indipendenti dall’esperienza.
Per Kant, le categorie sono a priori,
Per Derrida, al contrario:
emergono dall’esperienza concreta.
o Le categorie
o Non esiste un trascendentale immutabile, ma una continua costruzione e
ricostruzione del senso.
La decostruzione secondo Derrida:
È un processo che mira a:
o Smontare le categorie esistenti
o Mettere in mostra i presupposti nascosti che rendono possibile la visione del
mondo che adottiamo
o Rivelare la parzialità e costruzione di ogni forma di categorizzazione
Il Ruolo del Segno, della Scrittura e della Teoria secondo Derrida
1. Il segno e la decostruzione del trascendentale
Il segno svolge un ruolo centrale nella critica al concetto di trascendentale.
Secondo Derrida, ciò implica che:
o La produzione di idee, concetti e categorie non è neutra.
o Ogni costruzione teorica si basa su segni che veicolano significati e riflettono una
posizione soggettiva.
2. Scrittura e teoria: una relazione profonda
La scrittura non è solo un mezzo, ma una condizione della teoria stessa.
Le idee si fondano su un linguaggio che:
o Fornisce loro forma.
o È intrinsecamente legato a scelte di valore e a un orizzonte culturale.
Questo porta a una visione della teoria come costruzione ideologica e non assoluta, che
può essere smontata attraverso la decostruzione.
"Le idee non si danno per scontate, ma emergono da una rete di concetti e valori che vanno
indagati criticamente."
3. Il mondo come rete di segni
rifiuta l’idea di una verità unica e stabile della teoria.
Derrida
Propone invece che:
o Il mondo sia un insieme di segni.
o Questi segni mediano la nostra comprensione dei fenomeni.
o Attraverso il segno, la scrittura e il linguaggio, si costruisce la nostra relazione con il
mondo.
4. Scrittura e possibilità
La scrittura è vista come lo spazio in cui si producono possibilità.
Essa abilita nuove visioni, ma anche condiziona ciò che possiamo immaginare o pensare.
Conclusione: il testo come spazio aperto
Il testo sociologico e teorico non ha un significato fisso.
Esso rimane aperto, fluido e imprevedibile, capace di generare nuovi percorsi di senso.
La Decostruzione del Testo e delle Categorie
1. Il ruolo della decostruzione
La decostruzione mette in discussione il testo stesso, ma anche:
I suoi presupposti nascosti
Le possibilità implicite
Le strutture concettuali presenti, che spesso diamo per scontate
Essa invita a guardare "ciò che è dato" con sospetto critico, portando alla luce significati latenti.
2. Le categorie sono costruzioni sociali
Le categorie sociologiche non sono entità naturali o oggettive.
Sono piuttosto il risultato di attività sociali e interazioni pratiche.
Ad esempio: la categoria di esperienza è storicamente situata e dipendente da pratiche
linguistiche e culturali.
L’operazione decostruttiva:
Rivela questi strati nascosti
Smonta e demistifica il modo in cui le categorie vengono usate
Evidenzia come anche i processi di categorizzazione plasmino il discorso, le idee e la
comunicazione
3. L’illusione della corrispondenza tra idea e segno
Le idee non sono semplicemente riflessi di oggetti reali o naturali.
Non esiste un’automatica
corrispondenza tra un concetto e il segno che lo rappresenta.
Questa è un’illusione che la decostruzione cerca di
mettere in crisi.
4. Il testo parla anche dei suoi silenzi
La decostruzione “sollecita” il testo e lo fa parlare, anche rispetto a:
Ciò che omette “comune” o “logica”)
I valori nascosti che lo orientano (come nella sociologia
Le posizioni ideologiche da cui nasce
5. La categorizzazione come pratica sociale
In sociologia, categorizzare significa:
o Stabilire cosa è giusto e cosa non lo è
o Distinguere ciò che è rilevante da ciò che non lo è
Non è mai un atto neutro: implica valutazioni morali e culturali
� Categorizzare, quindi, è sempre un atto sociale e interpretativo.
6. Conclusione: la categorizzazione come costruzione del mondo
Secondo Sacks (2010), ogni categorizzazione è collegata:
o A una visione morale della realtà