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DISOCCUPAZIONE, CICLO E CRESCITA

La disoccupazione è una delle più grandi patologie che affligge numerosi paesi, andando ad intaccare il benessere

della società. Facciamo una prima distinzione:

-​ DISOCCUPAZIONE CICLICA, deriva da una produzione troppo bassa (involontaria keynesiana). Per ridurla

o eliminarla abbiamo bisogno di politiche espansive, come le politiche di stabilizzazione.

-​ DISOCCUPAZIONE NATURALE, mantiene in equilibrio il mercato del lavoro e corrisponde al prodotto

naturale. Per ridurla usiamo politiche strutturali, agiscono sull'offerta aggregata e vanno a diminuire la

disoccupazione naturale.

Per prima cosa distinguiamo fra trend (tendenza di fondo del sistema

economico) e ciclo (fluttuazione di breve periodo) e vediamo che la

recessione è la fase che va dal picco del ciclo al punto minimo, mentre

la fase espansiva va dal minimo al successivo picco.

Secondo l’Istat si ha recessione quando il Pil subisce una contrazione

per due trimestri.

Il ciclo ha un tempo normale/medio che non è costante, ma crescente.

Ed è questo il trend (tendenza di fondo) di lungo periodo, in cui il

prodotto può crescere ad un tasso più o meno alto.

Definiamo i vari tipi di prodotti:

1.​ NATURALE, concetto teorico, che rappresenta l’equilibrio di medio periodo nella teoria neoclassica.

2.​ POTENZIALE, produzione massima che l’economia sostiene.

3.​ TENDENZIALE, stima con dati annui, e si elimina la componente ciclica attraverso procedure statistiche.

Il modo più semplice per definire una funzione di produzione è quello di tenere conto il lavoro.

Y= AxN

dove Y è il prodotto ed N come numero di occupati. A rappresenta un parametro che rappresenta il progresso tecnico e

altri fattori produttivi.

Questa relazione permette di osservare come accrescere l’offerta del sistema economico:

-​ aumentando N, si ha un modello estensivo.

-​ accrescendo A, cioè la produttività degli occupati e rappresenta una crescita di tipo intensivo. Si ha

quando si utilizzano in modo più efficiente i lavoratori già occupati, magari introducendo nuove tecniche

produttive e organizzative.

Una funzione poco più complessa è quella di Cobb-Douglas, in cui si aggiunge il capitale (K). Gli esponenti di K e N

rappresentano l’elasticità del prodotto rispetto al capitale e l’occupazione.

INDICATORI DEL MERCATO DI LAVORO

Osserviamo la popolazione lavorativa e possiamo avere:

FORZE LAVORO (FL) le persone che lavorano o lo stanno cercando.

Essa include:

-​ Occupati (OCC)

-​ Disoccupati (DIS), essi comprendono i disoccupati in senso stretto (perso lavoro) e le persone in cerca

della prima occupazione.

NON FORZA LAVORO (NFL) persone non occupate e che non cercano lavoro.

Per misurare lo stato del mercato del lavoro si utilizzano alcuni indicatori i più importanti sono::

TASSO DI PARTECIPAZIONE (TP), rapporto tra forze di lavoro e la popolazione in età lavorativa.

●​ TASSO DI OCCUPAZIONE (TO), rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa.

●​ Presenta alcuni limiti, come le differenze di orario tra il full e part time, peso dell’economia sommersa e

l’esclusione di attività lavorative non retribuite. Questo tasso può avere relazioni con altri tipi di tassi, infatti se

abbiamo un aumento del tasso di occupazione non necessariamente si ha una riduzione del tasso di

disoccupazione e viceversa.

TASSO DI DISOCCUPAZIONE (TD), rapporto tra disoccupati e forze lavoro.

●​ Se si ha un tasso di occupazione basso e poche opportunità, induce ad una minor partecipazione al mercato

di lavoro (effetto scoraggiamento), vista la maggiore difficoltà di successo. Se ci fossero maggiori opportunità

nella ripresa ciclica, fa aumentare il tasso di partecipazione.

Inoltre, si ha una riduzione del tasso quando aumenta il rapporto tra tasso di occupazione e di partecipazione.

Oppure, se si riduce il tasso di occupazione anche il tasso di partecipazione deve diminuire in maniera più che

proporzionale.

L’Italia si trova sempre nella parte bassa delle graduatorie di performance, in cui il tasso di occupazione totale è di poco

superiore al 6,3%.

Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, dal 2009 al 2023, ha risentito molto della crisi finanziaria e della

pandemia arrivando fino al 22,7%. Un indicatore che è stato molto osservato ultimamente è il NEET, calcolato sulla

popolazione della classe d’età tra i 15 e 34 anni,che coglie le problematiche derivanti dall’assenza di lavoro per i

giovani, dovuti a scoraggiamento e sia all’inattività.

RIGIDITÀ ED EUROSCLEROSI

Se compariamo i tassi di disoccupazione europei con quelli statunitensi, osserviamo che negli USA questi tendono ad

essere più bassi e che a seguito di crisi il tasso aumenta più velocemente negli USA, ma tende anche a ridursi più

velocemente che in EU (diversa persistenza).

Qui parliamo di EUROSCLEROSI che comprende due aspetti:

-​ le rigidità salariali e occupazionali nel mercato di lavoro, presenti in diversi paesi europei rispetto agli USA.

-​ l’elevato costo del lavoro, dovuto ad un elevato cuneo fiscale e contributivo cioè costo del lavoro per

l’impresa (incluse imposte e contributi sociali) meno il salario netto percepito dal lavoratore.​

In Italia il valore medio è di poco inferiore al 50% del costo del lavoro («incentivo» al lavoro irregolare).

Questo può influire anche sulle competitività internazionali, cercando di abbassare i salari, ma il G20 nel

2011 per limitare la troppa concorrenza, ha istituito una tassazione minima del 15%, da applicare sui profitti

delle grandi multinazionali.

Molto importante per osservare l'analisi sulle competitività ed è il CLUP, rapporto tra costo del lavoro e

produttività, ottenendo il costo del lavoro per unità prodotta.

Esso scende quando diminuiscono i salari e quando aumenta la produttività. Quindi se vogliamo aumentarlo

senza abbassare i salari dobbiamo aumentare di poco la produttività, in quanto potrebbe portare

conseguenze negative sull’inflazione e sui prezzi.

Per contrastare la eurosclerosi, che comporta una maggiore persistenza del tasso di disoccupazione, gli studiosi

preferiscono una maggiore flessibilità nei mercati del lavoro europei, intervenendo con riforme istituzionali per

maggiore flessibilità, riformare politiche passive (ammmortizzatori sociali), rafforzare politiche attive, incentivare

domanda di lavoro, qualificazione dell'offerta di lavoro, favorire il job matching e la mobilità del lavoro.

FLESSIBILITÀ OCCUPAZIONALE

➔​ La flessibilità occupazionale interna ha una maggiore rilevanza in quanto riguarda la riorganizzazione dei luoghi di

lavoro e nuove pratiche di gestione.

Mentre quella esterna può essere:

1.​ IN ENTRATA è legata a fattori come istituzioni che favoriscono la transizione tra scuola e impiego, le

diverse tipologie contrattuali per l’introduzione nel lavoro dei giovani.

2.​ IN USCITA è collegata alla protezione dell’impiego, stabilendo regole più o meno rigide per

licenziamenti.

FLESSIBILITÀ SALARIALE, richiede salari flessibili per garantire una buona dinamica salariale nel mercato del

➔​ lavoro e con la crescita della produttività.

Lo schema più usato è quello di Weitzman, di compartecipazione dei profitti, secondo cui attraverso incentivi

fiscali si può ridurre la quota fissa del salario ed accrescere la componente variabile, rendendo il salario più

flessibile.

FLESSIBILITÀ INNOVATIVA, serve ad essere competitivi a livello globale, attraverso mercati efficienti e

➔​ partnership pubblico/privato, cercando di elevare il capitale umano. Inoltre pone attenzione a una maggiore qualità

delle produzioni.

DISOCCUPAZIONE FRIZIONALE E STRUTTURALE

La DISOCCUPAZIONE FRIZIONALE è connessa ai tempi di occupazione dei:

-​ nuovi entrati nel mercato del lavoro

-​ lavoratori temporaneamente disoccupati perché ricercano un nuovo lavoro.

Essa coesiste con posti vacanti nelle imprese a causa di differenze tra i vari lavoratori, per qualifiche o residenza,

imperfezioni di mercato o costi di aggiustamento.

La Curva di Beveridge mette in relazione il tasso di posti vacanti con il tasso di disoccupazione, ed ha le seguenti

proprietà: -​ Quando l’economia migliora diminuisce u ed aumenta v.

-​ La curva si sposta in presenza di shock di offerta e una minore occupabilità dei lavoratori trasla la

curva verso l’alto, peggiorando il matching jobs.

Le politiche attive per il lavoro sono quegli interventi pubblici, dal lato dell’offerta, che accrescono l’occupabilità dei

lavoratori, ad incentivare la domanda di lavoro, come l’istruzione e la formazione. Queste politiche favoriscono il job

matching, riducendo disoccupazione e posti vacanti e facendo traslare la curva all’interno.

La DISOCCUPAZIONE STRUTTURALE si ha quando le condizioni di squilibrio nel mercato sono persistenti e

richiede un grande intervento dal lato dell’offerta. Mutamenti strutturali sono:

-​ progresso tecnico, che causa la cosiddetta disoccupazione tecnologica.

-​ gli effetti della globalizzazione

-​ flussi migratori

-​ cambiamenti demografici e il progressivo invecchiamento della popolazione.

-​ Emancipazione femminile nel mercato del lavoro.

Per contrastarla, bisogna utilizzare politiche strutturali, insieme a politiche industriali, commerciali, migratorie,

socio-esistenziali.

MODELLI INSIDER-OUTSIDER

Il mercato del lavoro è segmentato tra due categorie:

-​ INSIDER lavoratori già occupati.

-​ OUTSIDER in cerca di occupazione, nonché i lavoratori appartenenti al mercato secondario (lavoro

nero o autonomo).

Soltanto gli insider hanno qualche potere di contrattazione dei salari. L’esclusione dei disoccupati dal mercato primario

è dovuta non solo al potere monopolistico degli Insider, ma anche alla presenza di costi di transazione.

La disoccupazione involontaria può derivare dal fatto che i salari pagati agli insider, siano minori della somma tra

salario di riserva degli outsider e dei costi di turnover. I costi di turnover sono costi di assunzione, addestramento, di

licenziamento. Pertanto, l’impresa non assumerà nuovi lavoratori ad un salario maggiore.

I salari di efficienza, sono il livello dei salari in rapporto alla produttività. Quindi la produttività dipende dai salari, in

modo da incentivare e motivare i lavoratori, ridurre i costi di turnover e attrarre i lavoratori più qualificati, portando ad

una relazione positiva tra salari e produttività.

Queste due teorie, forniscono una spiegazione al fenom

Dettagli
A.A. 2024-2025
46 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/02 Politica economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FedericaLupini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Politica economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Signorelli Marcello.