Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 12
Riassunto esame Economia e management, Prof. Signorelli Marcello, libro consigliato E se l'Italia tornasse alla lira?, Signorelli, Marelli Pag. 1 Riassunto esame Economia e management, Prof. Signorelli Marcello, libro consigliato E se l'Italia tornasse alla lira?, Signorelli, Marelli Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 12.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Economia e management, Prof. Signorelli Marcello, libro consigliato E se l'Italia tornasse alla lira?, Signorelli, Marelli Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 12.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Economia e management, Prof. Signorelli Marcello, libro consigliato E se l'Italia tornasse alla lira?, Signorelli, Marelli Pag. 11
1 su 12
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

5.​ AUMENTO DELLA SPESA PER INTERESSI SUL DEBITO PUBBLICO

Dopo l’uscita, l’aumento della spesa per interessi sul debito pubblico sarebbe determinata dall’aspettativa della

svalutazione futura della nuova moneta provocando un aumento degli interessi.

Essi possono essere causati anche dal riaccendersi dell’inflazione e dal crescente rischio di default.

6.​ EFFETTO CONTAGIO, RITORSIONI E ALTRI COSTI

I rischi di contagio sarebbero importanti, verso gli altri paesi. Infatti l’Eurozona deve introdurre nuove reti di

protezione e barriere adeguate, insieme alcuni strumenti di crisis management.

Anche le ritorsioni sarebbero rilevanti, soprattutto se l’uscita non è concordata con gli altri membri.

Esse possono essere sia finanziarie che commerciali.

Infatti, dobbiamo tenere conto se il paese resti comunque nell’Ue oppure no. In caso non rimanga, possono

essere adottati dei dazi sulle esportazioni italiane.

Un altro rischio è dato dal ritorno dell'inflazione, spinta dalla svalutazione del cambio.

A causa di questi costi e rischi, alcuni studiosi hanno ipotizzato una caduta iniziale della produzione e del reddito

nazionale, provocando una Lehman Brothers al quadrato, in caso di rottura dell’euro.

Feldstein riconosce che L'Italia avrebbe fatto meglio a non entrare nell’Euro, in quanto le condizioni per un’unità

monetaria efficace non erano delle migliori.

Inoltre la complessità ed incertezza che avremmo al ritornare alla Lira, renderebbe tutto più difficile come le

scelte politiche e democratiche, provocando esiti imprevedibili.

CAPITOLO 8

1.​ COMPLETARE L’UNIONE EUROPEA

Le istituzioni europee, consapevoli dei limiti attuali e senza lunghi processi di modifiche ai Trattati o tortuose

riforme, l’Ue potrebbe migliorare il quadro economico cambiando le politiche macroeconomiche.

Alcuni autori si sono soffermati sulle questioni di BREVE PERIODO:

-​ CORSETTI ET AL , si sono concentrati sui problemi dei debiti troppo elevati.

Inoltre, in molti paesi dell’eurozona c’è un problema di carenza di domanda aggregata. Gli OUTPUT GAP

(differenza tra prodotto effettivo e potenziale) sono stati rilevati con un conseguente aumento della

disoccupazione. La lunga stagnazione ha fatto diminuire il prodotto potenziale.

Per calcolare il prodotto potenziale, la Commissione Europea prende in considerazione la disoccupazione che è

sovra-stimata e quella ciclica, sovra-stimata. Portando a due conseguenze negative:

-​ Riduzione importanza del controllo della domanda aggregata rispetto alle riforme strutturali, per

favorire la crescita.

-​ Causare una sovrastima dei disavanzi pubblici.

Ma le riforme strutturali per stimolare la crescita non sono sufficienti per ritornare ad un livello di Pil pre crisi.

Occorre quindi una politica macroeconomica espansiva, dando meno spazio a politiche d’austerità e rispettando

le regole di bilancio.

Oltre ai disavanzi e debiti, si ha avuto un mancato coordinamento macroeconomico , dove l’austerità è stata

imposta ai paesi debitori, mentre quelli creditori continuavano con il pareggio di bilancio.

Per ipotizzare una politica più espansiva possiamo prendere due considerazioni:

1.​ La politica monetaria ha raggiunto le massime potenzialità

2.​ L’analisi delle parti più colpite dalla crisi: gli investimenti, ridotti sotto il livello pre-crisi.

Il rilancio della domanda attraverso un piano d’investimenti, stimolerebbe la crescita in tutta l’Eurozona, facendo

diminuire la disoccupazione e alzerebbe i redditi delle classi più colpite.

Nel lungo periodo, occorre una nuova politica di investimenti pubblici, insieme ad una politica di incentivi per le

innovazioni, ricerca e sviluppo ecc.

2. UN GRANDE PIANO EUROPEO D’INVESTIMENTI

Una ripartenza data dagli investimenti pubblici, favorisce la ripresa di quelli privati e dei consumi.

Questi tipi di investimenti non sono stati lanciati nemmeno nel periodo di ripresa(2014), anche con tassi

d’interesse nulli.

Oltre a quelli che mirano a grandi infrastrutture, i micro-investimenti potrebbero essere realizzabili facilmente e

più utili.

Nel 2014 Juncker (presidente della Commissione Europea) attuò un piano per la realizzazione degli investimenti

pubblici e privati di 310mld. Nel 2015 fu creato un nuovo fondo europeo per investimenti strategici.

Inoltre, si è proposto un grande piano europeo d’investimento pari al 5% del Pil, da realizzare entro i 3 anni,

finanziato attraverso il Project Eurobond e l’eventuale opposizione della Germania su questi strumenti può essere

superata attraverso una ripartizione tra paesi.

Una buona architettura finanziaria per l’Eurozona dovrebbe far fronte agli shock in due modi:

-​ Riducendo il rischio di default pubblici

-​ Contenendo gli effetti economici più ampi nel caso che i fallimenti avvengano.

3.​ RUOLO PIÙ EFFICACE PER LA POLITICA MONETARIA

Il primo pilastro dell’Unione Bancaria, introdotto nel 2014 è il MECCANISMO UNICO DI SUPERVISIONE e prevede

che la BCE vigili sulle banche europee.

Il MECCANISMO UNICO DI RISOLUZIONE, delle crisi bancarie è stato avviato nel 2016 e prevede il bail-in, (cioè

perdite inflitte ad azionisti, obbligazionisti e grandi depositanti) prima di attivare il bail-out con fondi nazionali ed

europei. Il terzo pilastro non è ancora partito.

Il problema sta nella lentezza dell’agire della politica monetaria in stagnazione e con tassi d’interesse nulli e che

ha riportato a dibattere anche di ipotesi più estreme come l’helicopter money, che consiste nell’accredito sui

conti correnti di cittadini e imprese di soldi della Bce. Ma i problemi tecnici e legali sono insormontabili.

Inoltre si ritiene che la vulnerabilità dell’euro sta in tre condizioni:

-​ il divieto di finanziare i disavanzi

-​ l’assenza di corresponsabilità sui debiti sovrani

-​ l’interdipendenza tra banche e debiti sovrani.

4.​ LA PROPOSTA DI UNA MONETA FISCALE

Bossone definisce la moneta fiscale, qualunque titolo che lo Stato si impegna ad accettare per adempiere alle

obbligazioni fiscali. Essa è negoziabile, trasferibile e scambiabile tra soggetti terzi in corresponsione a transazioni

reali o finanziarie. Può consistere in titoli finanziari o di carte elettroniche.

Se introdotta aggiungerebbe liquidità al sistema andando a risollevare la bassa domanda aggregata effettiva.

Questa è una proposta per far uscire l’Italia dalla lunga crisi, senza conseguenze per il disavanzo pubblico.

5.​ REGOLE PIÙ SENSATE PER BILANCI NAZIONALI

Attraverso il Patto di stabilità e crescita e il Fiscal Compact, si è riusciti a ridurre il disavanzo pubblico in rapporto al

Pil, ma meno successo per far scendere i rapporti debito/Pil. Questo perché queste regole furono

controproducenti, facendo scendere il prodotto reale e l’inflazione più del debito pubblico.

Si dovrebbe tenere conto del GOLDEN RULE escludendo le spese per investimenti dal calcolo di disavanzi e ciò

stimolerebbe gli investimenti pubblici. Occorrerà definire in modo comune cosa s’intende per spesa

d’investimento e monitorare le spese nazionali.

6.​ POLITICA FISCALE CENTRALIZZATA

Le politiche fiscali sono gestite da governi nazionali, se fosse centralizzato il bilancio UE verrà esteso a tutta

l’Eurozona, ma possiamo avere un problema dimensionale.

Già il documento dei 4 Presidenti prevedeva un’unione di bilancio, un’unione economica e politica. Il rapporto dei

5 Presidenti è specifico in tema dei controlli sui conti pubblici nazionali e si propone l’approvazione ex ante dei

bilanci pubblici da parte della Commissione Europea. Inoltre è stata proposta una nuova figura di Ministro delle

Finanze dell’Eurozona, con ampi poteri in tema di politica fiscale.

7.​ EUROBOND E ALTRE MODALITÀ DI MUTUALIZZAZIONE DEL DEBITO PUBBLICO

Dopo lo scoppio della crisi sono stati proposti Eurobond cioè forme di debito pubblico emesse dai paesi dell’area

euro che sostituiscono i debiti pubblici e nazionali ed essi possono essere definiti come:

-​ STABILITY EUROBOND, coprirebbero i debiti nazionali solo fino a un massimo del 60% del Pil dei singoli

paesi. I tassi d’interesse sul debito mutualizzato sarebbero inferiori a quelli attuali, grazie al mercato

secondario più ampio.

Sono state proposte alternative sulla mutualizzazione come:

-​ REFLECTION PAPER, che discute degli European safe assets, cioè strumenti finanziari per l’emissione

comune di debito o titoli pubblici europei con la garanzia degli Stati membri.

Secondo Pagano, sono strumenti sicuri ed europei, ma non implicano responsabilità solidali tra gli Stati.

Proprio per questo motivo una tale soluzione è insufficiente da paesi con un alto debito.

Corsetti suggerisce l’emissione di Stability Bond finanziati dal valore scontato di entrate future, ma non

con impegni credibili nel lungo periodo, da trasferire all’Eurozona.

8.​ UN BILANCIO EUROPEO PER LA STABILIZZAZIONE E LA CRESCITA

Un bilancio europeo all'incirca uguale all'1% del Pil comunitario è del tutto inadeguato per effettuare azioni di

stabilizzazione o contrastare shock asimmetrici. Oltretutto, negli ultimi tempi il bilancio dellľUe ha visto

addirittura riduzioni e inoltre, come più volte ripetuto, manca un bilancio specifico dell'Eurozona.

Un’unione monetaria non può sopravvivere se persistono tra le economie ampi divari strutturali, nella

competitività o nelle partite correnti. Lo potrebbe essere solo grazie a significativi trasferimenti fiscali dal centro

verso i paesi membri,ma una transfer union è però oggi politicamente irrealizzabile.

Le stesse istituzioni europee hanno costituito dei piani come Agenda di Lisbona ed Europa 2020 (cfr. cap. 2). Già in

precedenza c'erano i fondi strutturali e con il Trattato di Maastricht è stato aggiunto il Fondo di coesione. Ma tutti

questi fondi rappresentano solo lo 0,4% del Pil e per sostenere l’economia dovrebbero essere incrementati.

Infatti, in tempi normali la politica monetaria può ben svolgere i compiti di stabilizzazione, ma in circostanze

eccezionali – ad esempio profonde recessioni - occorre qualche strumento aggiuntivo (Baldwin e Giavazzi, 2016).

Una possibile funzione di stabilizzazione economica era adombrata nello stesso Documento dei 5 Presidenti (UE,

2015), anche se si indicava in modo più esplicito ciò che tale funzione non dovrebbe fare piuttosto che come

finanziarla o come definirne le caratteristiche.

Posto che anche i sostenitori dell’unione fiscale europea ritengono che la maggior parte delle funzioni debbano

rimanere a livello nazionale, a livello centrale potrebbero essere invece dirottate le risorse far fronte a crisi

finanziarie.

Dettagli
A.A. 2023-2024
12 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FedericaLupini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e management e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Signorelli Marcello.