LE TRE P:
Pratica perché il linguaggio o i pensieri funzionali necessitano di essere praticati
→
Pazienza perché non sempre i risultati saranno quelli attesi
→
Perseveranza per non scoraggiarsi e continuare
→
Relazione e comunicazione
Fare relazione = creare connessione COMUNICAZIONE: comunichiamo anche stando in
→
silenzio (1° assioma). La relazione si nutre di comunicazione (non solo verbale ma anche e
soprattutto non verbale). Il come è più importante del cosa.
Non esiste un manuale su come comunicare perché comunicazione e relazione
riguardano le persone e le persone sono diverse. La consapevolezza di essere unici
propone in un linguaggio gentile, di divenire competenti nel praticare la relazione.
I 10 comandamenti di una buona relazione:
1. Chi sono: consapevolezza della mia identità, del mio ruolo
La conoscenza di me, dei miei pensieri, delle mie emozioni e della mia autostima
ma soprattutto del mio obiettivo di vita, la mia missione. “Intelligenza emotiva” →
combinazione di abilità, atteggiamenti ed abitudini che distinguono le
performance eccellenti da quelle normali nella vita e nel lavoro. Intelligenza
emotiva composta da due aspetti:
→
a) Intelligenza intrapersonale: essere intelligenti nel comprendere costa sta
accadendo dentro di noi e agire di conseguenza (Self Management)
b) Intelligenza interpersonale: essere intelligenti nel comprendere cosa sta
accadendo agli altri e tra gli altri in modo di agire di conseguenza (Relationship
Management)
In ogni interazione umana si possono riconoscere 6 livelli, 6 dimensioni da
attraversare per la creazione di relazioni di valore:
Un luogo, un contesto, un ambiente fisico o virtuale
➔ I comportamenti che agiamo in quell’ambiente
➔ Le capacità che abbiamo
➔ I valori che ci sostengono ed alimentano quei comportamenti
➔ Le caratteristiche della nostra identità che connotano la missione che abbiamo
➔ La nostra visione della vita
➔
Maturare una response-ability ad ogni livello ci consente una messa in opera
sempre più deliberata e quindi rispettosa di sé stessi, degli altri e dell’ambiente.
Autosservazione visione distaccata, più ampia dialogo interno più
→ → →
alternative rispetto all’inimicizia come risposta ad ogni situazione di criticità
Huxley “L’esperienza non è ciò che succede a un uomo, ma ciò che l’uomo fa con
quello che gli succede”
2. Che cosa: qual è il messaggio che desidero trasferire
Lo scopo ha a che vedere con una consapevolezza sottile: che cosa si produrrà
nell’altra persona e in me stesso per effetto di quello che dirò, delle parole che
userò, del come. Si espliciterà una nuova competenza: sapere che in ogni
comunicazione c’è un aspetto di contenuto e uno di relazione e che quest’ultima
prevale. Il Come prevale sul Che cosa.
3. A chi: la conoscenza del destinatario del mio messaggio, il suo codice di
comunicazione, quali sono le sue attese, quali i suoi bisogni
Unicità dell’altro. Mi rapporto con l’altro partendo dall’idea di lui che si è costruita
nella mia realtà interiore. C’è sempre un non conosciuto da me che merita rispetto,
attenzione e gentilezza. Critica costruttiva: non deve essere la persona oggetto
della nostra contestazione ma il suo comportamento. Dobbiamo essere specifici
(evitare termini “mai” e “sempre”). La critica costruttiva non guarda al passato ma
mira a migliorare il futuro.
4. Il suo codice di espressione privilegiato
5. Perché: qual è lo scopo, l’obiettivo, la finalità del mio messaggio
6. Come: qual è il mezzo, lo strumento più idoneo al tipo di messaggio che voglio
trasferire (di persona, al telefono, per email).
7. In che tempi: esiste un tempo per ogni tipo di comunicazione
8. In quali spazi: il luogo più adatto per i diversi tipi di comunicazione
9. Il contesto: personale o lavorativo
10. Con qualche risultato: l’effetto che desidero produrre.
Capitolo 2. Linfe relazionali per arrivare al cuore.
La comunicazione che potenzia la relazione
Gli assiomi sono i presupposti che rappresentano la base di una comunicazione di qualità.
I 5 fondamentali definiti da Watzlawick et al. identificano alcune proprietà che
contraddistinguono ogni comunicazione.
Tre livelli approfonditi:
1) “non si può non comunicare”: nel momento in cui entriamo in un contesto sociale
diveniamo “una forma di comunicazione”. La presenza, la postura, il viso, il silenzio
assumono valori comunicativi.
2) “ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione e quest’ultima
prevale sul primo”: è importante la cura del setting (contesto spazio-temporale)
entro cui avviene la comunicazione.
3) “tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici (basati sull’uguaglianza →
marito/moglie, colleghi di pari grado) o complementari (basati sulla differenza →
medico/paziente, dipendente/datore di lavoro).
In ogni messaggio esistono sempre 4 aspetti che, se oggetto della nostra attenzione e presi
in carico ci consentono di raccogliere + elementi per una relazione di qualità:
Contenuto: fatti espressi in maniera chiara comprensibile
◼ Relazione: come mi sento rispetto all’altra persona
◼ Rivelazione di sé: quando mi esprimo rivelo qualcosa di me (voluto o non). E questo
◼ vale anche per l’altro
Appello: riguarda cosa mi aspetto che l’altro debba accogliere, comprendere del
◼ mio messaggio e di conseguenza cosa debba pensare, fare, provare sulla base
della mia comunicazione. E cosa si aspetta l’altro da me
La scelta di un linguaggio generativo
La consapevolezza con cui scegliamo il nostro modo di comunicare è connessa al nostro
modo di pensare “pensieri funzionali” o alla nostra possibilità di “addomesticare pensieri
selvatici” (N. Cinotti).
Chi ha un linguaggio generativo (o proattivo):
Evita giudizi
• Si esprime usando la prima persona
• Riesce a mettersi nella posizione di trovare un tempo di decantazione per riuscire ad
• osservare il conflitto (abbassando il termometro delle emozioni)
Usa critiche costruttive
• Evita la disconferma di sé, dell’altro e del contesto
• Utilizza domande esplorative
• Favorisce la metacomunicazione (uscire dalla situazione e parlarne come se la
• guardassimo da fuori)
Cerca possibili reciproci vantaggi nell’ottica del superamento delle posizioni
• individuali
Renato Palma relazioni tra linguaggio, emozioni e sentimenti: il linguaggio può essere
→
ridotto a strumento per limitare il senso della possibilità, per interpretarlo, contenerlo. Ci sono
delle regole che possono impedire la soddisfazione dei propri bisogni. A volte il linguaggio
è una forma di comunicazione inadeguata. Quando tentiamo di comunicare con noi stessi,
ripetiamo stereotipi appresi. Attraverso gli automatismi del linguaggio viene operato un
distacco dal presente.
Alcune parole creano un distacco con quello che si sta vivendo:
- Verbi servili (Io voglio, io devo)
- Avverbi di tempo (Sempre e Mai)
- Verbo essere: non prende in considerazione il fatto che oggetti, persone ed eventi
cambiano in contesti e momenti diversi (è). La Sclavi suggerisce di togliere questo
verbo dal vocabolario
Clara Scropetta “Quelle espressioni usuali sono pregne di disamore verso gli escrementi,
→
i genitali e la sessualità. (…) L’uso massiccio di modi di dire allussivamente sessuali per
sfogare rabbia, disgusto, disapprovazione svuota di significato le parole e ciò che
rappresentano”.
Attraverso le parole definiamo la realtà e il significato che il mondo ha per noi, diamo
etichette alle persone, cataloghiamo le esperienze, i luoghi, le relazioni.
N. Cinotti le parole contengono energia.
→
L. Wittgenstein “I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo” (leggi pag
→
45).
L’alchimia dell’ascolto consapevole
Ascolto = dimensione in cui è possibile “essere disponibile a recepire oltre quanto giunge
all’orecchio”. È il modo più immediato per far sentire all’altro la propria presenza, attenzione
e se esercitato nelle giuste modalità, la disponibilità ad accoglierlo senza giudicarlo o
interpretarlo. Spesso la qualità della relazione è molto più connessa ad un buon ascolto che
non ad una buona comunicazione verbale, anche perché quest’ultima diventerà
funzionale solo se scaturisce da una accurata ricezione di quanto l’altra persona sta
esprimendo. Un buon ascolto dell’altro non può prescindere da un buon ascolto di sé.
Ascoltare rientra nella nostra possibilità di influenzare la realtà che stiamo vivendo.
Leggi a pagina 47 la filosofia di Luce Irigaray (1992) ascolto in cui esiste un’accoglienza
→
dell’altro incondizionata, un’apertura assoluta non inquinata dai pregiudizi per garantire a
chi si ascolta la totale libertà di espressione.
Spunti essenziali forniti da M. Sclavi:
Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni
◼ Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per vedere il tuo punto di vista devi
◼ cambiare punto di vista.
Se vuoi comprendere quello che un altro sta dicendo devi assumere che ha ragione
◼ e chiedergli di aiutarti a vedere le cose dalla sua prospettiva
Le emozioni sono strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro
◼ linguaggio
Un buon ascoltatore esplora i mondi possibili
◼ Un buon ascoltatore accoglie i paradossi del pensiero e della comunicazione
◼ interpersonale.
Devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare
◼ l’umorismo viene da sé
Ascolto efficace: interferenze e risorse
Un ascolto efficace in genere consente agli altri di esplicitare al meglio le dinamiche nelle
quali sono coinvolti, crea uno spazio per far emergere i bisogni ed esprimere le richieste in
maniera funzionale nella direzione di prevenire o evitare situazioni conflittuali.
La vita di relazione: un’attenzione particolare per fare la differenza
Nell’ambito della vita di relazione si tende a prendere in carico ed occuparsi di ciò che si
è ammalato o che sta rappresentando una criticità. Approcciamo la vita di relazione con
l’intento di favorire un’evoluzione da un livello di comune, normale, quasi indifferente
funzionalità ad uno di Eccellente, Essenziale Vitalità.
- Eccellente: la priorità
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