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3. IL COSTRUTTO DELLA RESILIENZA
Nei confronti del superamento di tali prove, grazie alla resilienza, si
raggiungono nuovi equilibri e si sperimentano energie che nascono dalla stessa
esperienza dolorosa che, una volta elaborata adeguatamente, diventa, a
distanza di tempo, un'esperienza utile e significativa che molto ha avuto da
insegnare in termini di crescita e di maturazione personale. Avere un alto livello
di resilienza non significa essere insensibili al dolore e allo stress, significa
attraversarli e trovare gli strumenti per uscirne sostanzialmente rinnovati. Le
persone che invece non tirano fuori adeguate capacità resilienti rimangono
spesso intrappolate in esistenze problematiche e in vissuti di dolore poco
elaborati. Resilienza deriva dal verbo latino resilire, che significa "saltare, fare
balzi, rimbalzare*. Resilienza e vulnerabilità riguardano gli individui di fronte a
eventi critici, causa di forti stress e/o veri e propri traumi. Dal punto di vista
psicopedagogico il concetto di resilienza si riferisce alla capacità di affrontare le
avversità, di uscire rafforzati e aperti alla ricerca di nuovi equilibri presenti e
futuri. L'adattamento a una situazione fortemente stressante o traumatica non
può consistere in un atteggiamento di accettazione passiva o di negazione, ma
in una spinta a creare una risposta utile ad affrontare le difficoltà nel migliore
dei modi, portando l'individuo a essere positivo verso i cambiamenti. Nel
dibattito scientifico si è molto discusso se la resilienza sia un tratto di
personalità fisso e misurabile o un processo dinamico. Diversi autori hanno
proposto un modello integrato di resilienza.
Kumpfer individua sei diversi fattori che spiegano tale costrutto: eventi
stressanti, contesti ambientali, processi di interazione tra la persona e
l'ambiente circostante, fattori di resilienza interna, processo di resilienza e
adattamento. Richardson invece ha proposto quattro categorie in cui è
possibile far rientrare le persone resilienti: spontaneità, etica, nobiltà d'animo e
intuito. Per Richardson le qualità resilienti sono innate ma dovranno essere
nutrite e rafforzate durante il corso della vita. Il neuropsichiatra Cyrulnik,
scampato alla Shoah, che considera la resilienza come un processo di
elaborazione del trauma, tramite il quale la riparazione produce cambiamento
e la frustrazione può tramutarsi in opportunità per l'individuo.
Metaforicamente, la resilienza, è per lo studioso l'arte di navigare i torrenti.
Cyrulnik considera diversi fattori che consentono di sviluppare il
comportamento resiliente. Il primo riguarda il temperamento individuale, inteso
come una modalità elementare determinata dall'interazione tra fattori innati e
fattori ambientali, interazione che da luogo al personale modo di percepire il
mondo e di esprimere emozioni e sentimenti. Lo stile di attaccamento è un
altro fattore fondamentale: dal bambino che abbia esperito un attaccamento
rassicurante possiamo aspettarci non solo una migliore prospettiva di sviluppo
ma anche una più positiva tendenza alla resilienza. Forme di attaccamento
evitante, ambivalente o disorganizzato aumenterebbero invece la vulnerabilità
in caso di trauma e stress. Cyrulnik conferisce inoltre un forte peso al mondo
dei significati culturali e ai contesti sociali del soggetto resiliente, il che implica,
in una visione d'insieme, un discorso relativo alla qualità della comunicazione e
dell'interazione sociale. L'elaborazione del trauma richiede un lavoro sui
significati possibili attraverso l'uso della parola e, potremmo dire,
dell'espressione simbolica (per esempio, nell'infanzia, attraverso il disegno). La
comunicazione ci consente di verbalizzare e/o rappresentare il trauma,
condividerlo con gli altri significativi, attribuirgli un senso, una collocazione, un
posto nella propria esistenza. 4. Le dimensioni della resilienza e l’intervento
pedagogico
Parliamo di strategie individuate da diversi studiosi quali componenti della
resilienza, che possiamo descrivere con i concetti di coping e appraisal, di
sentimento di base sicura, di autostima, di locus of control: strategie o
condizioni che molto ci dicono per pensare una progettualità pedagogica sulla
resilienza o per osservare gli stili e i modelli educativi che la promuovono o la
frenano.
5. IL COPING E L’APPRAISAL
Le strategie di coping si traducono in sforzi cognitivi e comportamentali per
affrontare specifiche richieste, interne o esterne, che sono valutate come
eccessive rispetto alle risorse di un individuo, nonché della capacità di
valutazione delle situazioni che avviene anche grazie alle emozioni. Secondo
Lazarus e Folkman, il coping è centrato sul problema quando si attuano
strategie operative e cognitive utili a ridurre il rischio di eventuali danni
generati dalla situazione critica, è invece centrato sulle emozioni quando mira
a contenere le emozioni negative. Naturalmente tutto ciò è possibile grazie alla
valutazione e alla stima della situazione, dunque alle capacità di appraisal:
l'evento viene interpretato e valutato in ragione del nostro benessere personale
e in vista della pianificazione dell'azione. Valutare la situazione o rivalutare a
distanza di tempo quanto messo in atto per fronteggiare quella situazione. Le
diverse strade su cui le persone possono orientare tali strategie possono
riguardare il controllo (pianificazione obiettivi, regolazione delle attività,
gestione delle emozioni), il ritiro comportamentale è sociale (esitamento,
dipendenza), la ricerca del supporto sociale (informativo, affettivo,
cooperativo), il rifiuto (negazione, distrazione, minimizzazione). E da
sottolineare il fatto che il controllo degli impulsi, la pianificazione delle azioni e
il prendere decisioni sono abilità legate a peculiari capacità cognitive che
emergono in età adolescenziale. Solo intoro agli 11 anni i bambini e le bambine
sono in grado di compiere le prime operazioni formali fondamentali per poter
attuare strategie più mature di coping. La maggiore vulnerabilità dei soggetti si
spiega anche a partire da ciò.
6. MI ACCETTI, DUNQUE SONO: LA BASE SICURA
Nel caso delle storie più drammatiche, almeno in una buona parte di esse,
potremmo dire che viene a mancare un fattore protettivo di fondamentale
importanza per l'attivazione di adeguati comportamenti resilienti: la base
sicura. Parliamo di quel sentimento di sicurezza riferito all'appartenenza a un
gruppo (in questo caso il gruppo primario familiare), che conferisce all'individuo
autonomia, indipendenza e, come vedremo, autostima. L'accudimento
corporeo (handling) e il contenimento emotivo (holding) sono fondamentali per
favorire uno sviluppo fisico e psichico adeguati. Scarse esperienze di cura e di
contenimento rappresentano in questo senso un fattore di rischio importante
per lo sviluppo di angosce traumatiche e di insicurezze interiori che rendono
l'individuo maggiormente vulnerabile. La famiglia dovrebbe essere il luogo
dell'accettazione, del sostegno, del supporto, della prima esperienza di
solidarietà. Bowlby afferma l’esigenza di una figura di attaccamento come
sicura base personale non è in alcun modo limitata ai bambini, anche se, a
causa della sua urgenza nei primi anni di vita, è più evidente in quegli anni, e
proprio in quegli anni è stata maggiormente studiata. Vi sono buoni motivi per
credere, comunque, che tale esigenza possa essere riferita anche a adolescenti
e adulti maturi". La base sicura non riguarda naturalmente solo la famiglia. In
caso di mancato sostegno intrafamiliare, il sentimento di appartenenza a un
gruppo diverso può allo stesso modo generare una base sicura interna. La base
sicura implica un riferimento all'identità (IO) che diventa piena identità solo
quando si riconosce nel gruppo (NOI) o quando viene accettata dal gruppo (IO-
NOI).
7. L’AUTOSTIMA
Dalla base sicura deriva in qualche modo anche l'autostima. Il prefisso "auto"
dipende in buona misura dalle relazioni con gli altri. Essa rimanda all'immagine
che un soggetto costruisce di sé e delle sue capacità, a quanto si sente
adeguato rispetto a una situazione e importante per gli altri, a quanto e come
riconosce i propri menti e competenze. Una bassa autostima può generarsi,
molto probabilmente, non da fattori interni ma da un contesto socioculturale di
riferimento che non restituisce un'immagine positiva di sé. L'autostima dei
soggetti si misura spesso con la stigmatizzazione. In esempi di minority stress,
lo stress cronico (di natura psicosociale e fortemente correlato alla
stigmatizzazione) cui sono spesso sottoposti gli appartenenti a minoranze, a
fare la differenza è il sostegno familiare, dunque la base sicura. La
valorizzazione delle diversità culturali, gli approcci educativi interculturali
possono costituire, in senso lato, fattori di protezione importanti al rischio di
sviluppare sentimenti di bassa considerazione di sé. C'è un filo conduttore fra
autostima, supporto sociale e capacità resilienti. La presenza di un adulto di
riferimento accettante e fiducioso genererebbe una buona autostima e
un'elevata funzionalità a livello comportamentale. L'autostima aiuta non solo a
gestire le emozioni, ma anche a dare significati all'esperienza stessa e a
valutare e riconoscere le proprie potenzialità e i propri punti di forza, in breve a
mettere in gioco la fiducia di sé a fronte delle situazioni avverse.
8. CON LE REDINI IN MANO: LOCUS OF CONTROL
Il locus of control è l'atteggiamento mentale con cui affrontiamo situazioni che
hanno cause estere a noi; riguarda dunque la percezione soggettiva attraverso
cui ci si sente in grado di influenzare gli eventi, di avere il controllo della
situazione, di tenere le redini in mano. Rimanda dunque alla fiducia nelle
possibilità individuali di gestire una situazione che sia influenzata dal caso o da
cause estere. Si distingue generalmente tra persone con locus of control
interno e quelle con locus of control esterno: se le prime si f i dano delle proprie
potenzialità e sentono che la loro esistenza è il risultato delle proprie scelte e
azioni, le seconde attribuiscono si sviluppa in modo più adeguato all'interno del
primo gruppo di persone, che sono quelle più autonome e più motivate nel
gestire le situazioni problematiche facendo affidamento sulle proprie risorse.
Probabilmente sono i significati che si danno al caso che contribuiscono a
rendere socialmente e individualmente - esterno o interno il controllo della
situazione. A fronte di un evento fortemente doloroso e str