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METODOLOGICHE
L’investitura del servizio sociale
Dobbiamo considerare la pandemia da COVID-19 come un’emergenza di massa intendendo un evento
sociale osservabile nello spazio e nel tempo, in cui una comunità subisce uno sconvolgimento delle sue
attività quotidiane, come risultato di un impatto effettivo o della percezione di una minaccia, a causa
dell’apparire relativamente improvviso di agenti naturali e/o tecnologici, che non possono essere controllati
né direttamente né completamente.
Secondo un’accezione tecnico-scientifica l’emergenza si definisce come una condizione non prevedibile, che
destabilizza la normalità e che richiede un’accurata valutazione delle condizioni che la generano, degli
elementi che la caratterizzano e delle conseguenze prodotte per intervenire adeguatamente e porre in essere
le opportune azioni e strategie di fronteggiamento.
Nel Titolo V del Codice Deontologico, intitolato “Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti della
società”, l’art. 42 recita: “l’assistente sociale mette a disposizione delle autorità competenti la propria
professionalità per programmi e interventi diretti al superamento dello stato di crisi in caso di catastrofi o di
maxi emergenze (…)”
L’approccio multifattoriale
Essendo il servizio sociale una scienza teorico-pratica, il professionista, nel fronteggiare l’emergenza non può
prescindere da un’approfondita conoscenza della realtà territoriale in cui opera e da un’adeguata
considerazione del contesto storico e culturale e dei relativi valori. Ricerca la collaborazione dei soggetti attivi
in campo sociale, socio-sanitario e sanitario per obiettivi e azioni comuni che rispondano in maniera
integrata ai bisogni della comunità, orientando il lavoro a pratiche riflessive e sussidiarie.
La comunità professionale è andata in tale direzione al fine di rispondere in maniera adeguata all’emergenza
sanitaria, adoperando secondo il cosiddetto metodo induttivo che ha come base la teoria conoscitiva del
realismo critico, seguendo la sequenza prassi-teoria-prassi, cioè: analisi della realtà (prassi), confronto con le
conoscenze teoriche e con i metodi teorico-pratici ritenuti più adeguati alla realtà che si sta analizzando
(teoria), formulazione di un progetto in base all’ipotesi prospettate e alla sua attuazione (prassi).
Il professionista calato nella realtà ne ha analizzato gli elementi, traducendoli in un sapere pratico che,
rafforzato da aspetti, concetti e saperi teorici, già acquisiti o formulati, ha ispirato un metodo prontamente
riflessivo-conoscitivo, strutturato e realmente applicabile al contesto. In questo quadro trova pieno
compimento l’approccio ecologico-sistemico che punta tutto sulla dimensione multifattoriale individuo-
gruppo-comunità.
L’oggetto dell’intervento del Servizio Sociale è costituito dall’interazione esistente in una triade rappresentata
da individuo/famiglia, inserito in una comunità, che entra in contatto con una istituzione
politico/amministrativa, titolare di risorse socio-assistenziali alle quali l’individuo può accedere per superare
un proprio stato di disagio momentaneo o permanente.
Partendo dall’assunto che il Servizio Sociale Professionale è uno dei livelli essenziali delle prestazioni sociali,
così come definiti dalla normativa statale, il Presidente dell’Ordine nel sottolineare che le attività professionali
urgenti e indifferibili nell’ambito dei servizi essenziali vanno garantite alle persone, consiglia per la
valutazione della gestione dei casi e le modalità operative i seguenti elementi:
Rischio concreto e imminente di incolumità o di danno alla salute della persona;
o Presenza o meno di un luogo fisico di domicilio o residenza;
o Presenza di reti di supporto autorizzate a intervenire;
o Richiesta di intervento o collaborazione dell’autorità giudiziaria;
o Presenza del rischio di reati o di violazioni di legge;
o Presenza o meno di risorse istituzionali o informali attivabili direttamente dalla persona;
o
La rivisitazione degli strumenti della professione condicio sine qua non
L’interazione, il contatto con il soggetto che vive una situazione di bisogno è infatti la
di ogni relazione di aiuto che si manifesta nel rapporto duale tra il professionista e la persona.
Nella professione il contatto con la persona si realizza mediante metodiche differenti, scelte in base
all’interlocutore e agli obiettivi che si intendono realizzare. Il colloquio professionale rappresenta uno degli
strumenti privilegiati per entrare in connessione con le persone e avviare percorsi di aiuto.
Il COVID-19 è intervenuto in maniera significativa su tale strumento. Il colloquio è stato completamente
rivisitato sotto diversi aspetti; innanzitutto, se non si riscontra urgenza o quando l’obiettivo dell’intervento è la
verifica dell’andamento di situazioni conosciute non a rischio, possono essere utilizzati strumenti da remoto
come il contatto telefonico o la videochiamata.
Il contatto telefonico ad hoc
Si è articolato pertanto un vero e proprio sistema costruito in grado di recepire tutte le richieste di aiuto
attivando gli interventi più opportuni.
Il professionista ha racchiuso l’intero processo di aiuto, dalla conoscenza del caso alla valutazione dello stato
di bisogno e individuazione dell’intervento da porre in essere nel colloquio professionale, telefonico. Laddove
non fosse stato possibile effettuare colloqui in presenza o videochiamate, il professionista si è sperimentato
nell’ascolto a distanza.
Partendo dal primo atto della chiamata è importante che i soggetti in contatto si presentino in maniera chiara
e precisa, per facilitare un clima di fiducia reciproca nel tentativo di accorciare la distanza fisica che intercorre.
Per il professionista questo significa qualificarsi nel proprio ruolo, fornendo informazioni sul proprio nome e
cognome e nell’ufficio in cui opera. Questo punto, apparentemente banale, permette alla persona di associare
a una voce sconosciuta un nome, producendo un primo elemento per costruire la relazione di fiducia.
Altra considerazione riguarda la necessità di esplicitare l’ufficio da cui si emette o riceve la chiamata. Questa
precisazione permette alla persona di individuare il luogo fisico in cui si trova il suo interlocutore, evocandone
rassicurazione.
Il professionista anche in tale circostanza dovrà adottare un atteggiamento non giudicante, rispettoso e porsi
in una posizione di ascolto empatico e attivo. Il tono della voce assume un ruolo fondamentale essendo l’unico
mezzo per trasmettere il messaggio da una parte all’altra; dovrà essere calmo e rassicurante per sopperire alla
deprivazione corporea della relazione.
Allo stesso tempo l’eloquio dovrà essere chiaro e preciso, fornendo informazioni utili e funzionali al bisogno
della persona, senza cadere in errori di sovraccarico di contenuti che possono creare confusione. Il tempo è
una variabile importante, tenendo come base metodologica che la durata è correlata in base all’entità della
situazione e alle esigenze della persona. L’assistente sociale potrà concludere il colloquio con un momento di
restituzione dei contenuti emersi e delle azioni che ne seguiranno, rassicurando la persona che, se servirà, ci
sarà un interiore colloquio.
Il colloquio in presenza
Richiamando la circolare CNOAS del 16/03/2020 i colloqui in presenza vanno garantiti in tutti i casi urgenti e
indifferibili.
Lo spazio dedicato ai colloqui ha dovuto garantire le misure minime di distanziamento tra le persone, dunque
gli ambienti deputati a ricevimento sono stati individuati in grandi stanze, ben areate e opportunamente
santificate prima e dopo il colloquio. Le modalità di accesso presso gli uffici di servizi sociali hanno subito
significative restrizioni, trovando l’apice nella fase di lockdown disposto dal governo, che ha limitato gli
spostamenti delle persone all’interno dei singoli comuni.
Si è osservato che il colloquio in presenza ha subito delle trasformazioni significative. La situazione sociale ha
invaso il contesto in cui l’assistente sociale opera, il setting stesso del colloquio non è convenzionale e già per
questo può rappresentare un fattore di vulnerabilità. È stato necessario ridisegnare lo spazio fisico del
colloquio.
Partendo dalla fase di accesso della persona vi è la novità della misurazione della temperatura corporea
mediante colonnine di rilevazione o dispositivi elettronici, l’obbligatorietà del corretto utilizzo della mascherina,
la sanificazione delle mani, la distanza minima tra le persone e l’utilizzo di plexiglass o visiere protettive, tutte
misure riconducibili ai cosiddetti dispositivi di protezione individuale (DPI).
Un ambiente molto grande collide con l’idea di un colloquio riservato in termini di spazio intimo e riservato
oltre che in termini di privacy, anche in termini interferenze esterne. Il professionista dovrà anche in tali
circostanze calibrare la normativa a tutela del benessere della persona e di se stesso, con il mandato
deontologico.
Il suono stesso della voce è “mascherato” quasi ovattato e per questo è necessario che le parole siano ben
scandite per evitare incomprensioni. Per salvare l’importanza della comunicazione non verbale occorre fare
leva sugli sguardi, seppure anch’essi “mascherati” da un vetro di plexiglass o da una visiera protettiva.
Al professionista si chiede di potenziare le proprie capacità di ascolto. La componente emozionale nel colloquio
in presenza viene amplificata nel contesto emergenziale. L’assistente sociale deve saper filtrare sapientemente
il proprio stato emozionale per poter contenere in maniera neutrale e funzionale le istanze di cui è portatrice
la persona.
Il colloquio da remoto: le videochiamate
Nel setting virtuale il professionista ha innanzitutto dovuto imparare a conoscere, padroneggiare e facilitare
percorsi per l’utilizzo delle attrezzature informatiche e delle diverse piattaforme disponibili, siano esse formali
e più istituzionali, che meno formali.
Il colloquio svolto con tali modalità fornisce una diversa e più soggettiva percezione tra il professionista e la
persona, entrambi immersi in un proprio diverso contesto-ambiente. In entrambi i casi ambedue i soggetti
sono in uno spazio a loro conosciuto e dunque, almeno nell’accezione di ambiente circostante, a proprio agio.
Così come per il contatto telefonico, ad apertura della videochiamata è fondamentale in anzitutto acquisire il
consenso della persona al videocolloquio, chiarire ruoli, tempi, obiettivi e luogo opportu