LEADERSHIP AL LAVORO
Leadership: utilizzo di un’influenza non coercitiva per dirigere e coordinare le
attività dei membri di un gruppo con lo scopo di raggiungere determinati
obiettivi comuni
Siccome è difficile immaginare che tale influenza possa provenire da un
soggetto privo di autorità il concetto della leadership è strettamente collegato
con quello di potere che può nascere dalla forza, dall’esperienza, dalla
conoscenza, dalla stima o da una posizione di autorità legittima.
Gli studi sulla leadership sono volti ad individuarne due tipi:
• Leadership emergente: si riferisce a come un individuo viene percepito
all’interno dell’ambiente di lavoro
• Leadership efficace: si riferisce ai risultati effettivamente ottenuti
Per individuare i leader gran parte della ricerca utilizza un approccio dei tratti
alla leadership ossia un approccio che intende identificare un numero di tratti
limitato in grado di predire una leadership emergente o efficace. Questa parte
della ricerca è stata fortemente influenzata dai Big 5 infatti è emerso come la
leadership sia fortemente correlata con l’estroversione (caratteristica
socialmente dominante) e con la coscienziosità. Ovviamente possono esserci
degli ambienti di lavoro in cui il leader viene individuato in modo differente
come, ad esempio, in contesti militari dove si è rilevata molto più significativa
la stabilità emotiva.
Le abilità cognitive sembrano anche essere predittori della leadership per due
motivazioni principali:
• Quando ci chiedono quali caratteristiche dovrebbero appartenere ad un
leader noi ci costruiamo una rappresentazione del nostro prototipo che fa
parte della nostra teoria implicita della mente e l’intelligenza sembra essere
parte di questa costruzione
• I leader intelligenti tendono a prendere decisioni migliori e a condurre in
modo efficace il proprio gruppo
La ricerca si è anche concentrata sulle differenze di genere, infatti, se nel
passato il leader era descritto come un maschio aderente al prototipo “Think
manager-think male” attualmente si propende per un modello sempre più
femminile “Think manager-think female” ma l’efficacia percepita di un leader
dipende dal contesto se a maggioranza maschile o femminile. La ricerca ha
dimostrato come uomini e donne adottino uno stile di leadership differente, i
primi uno stile autoritario e le seconde uno collaborativo. Spesso si può
parlare di fattore extra-competenza cioè la presunzione che ci siano talmente
tante barriere nel percorso di avanzamento delle donne che quelle che
arrivano al top devono possedere delle doti straordinarie.
Per quanto riguarda le etnie non è presente alcuna differenza nello stile di
leadership anche se non si può dire lo stesso della percezione del leader. Si
ha la tendenza ad associare un leader caucasico ad una leadership efficace
e una fallimentare ad un leader appartenente ad una minoranza etnica.
Questo è dovuto a pregiudizi inconsci che emergono dalle scelte delle
persone non da qualcosa di dichiarato esplicitamente.
Lo studio della leadership può essere affrontato anche attraverso un
approccio comportamentale che cerca di individuare i comportamenti che
distinguono i leader efficaci da quelli inefficaci. Negli anni ’50 i ricercatori
comportamentisti individuarono 2 dimensioni che deve possedere un leader
efficace:
• Orientamento al lavoro: comportamenti task-oriented attraverso cui
mettono in chiaro i ruoli, dividono il lavoro e forniscono feedback
• La considerazione: comprende i comportamenti relazionali del leader
che si occupa del benessere dei membri del gruppo
Durante gli anni ’60 si resero però conto che queste due dimensioni non
erano predittori universali e svilupparono così teorie che individuano i
comportamenti che un leader deve avere a seconda delle specifiche
situazioni (approccio della contingenza alla leadership). Sicuramente questi
due approcci hanno allontanato l’interesse dall’importanza di caratteristiche
semi innate come i tratti della personalità per individuare quale fosse il peso
dei comportamenti, se infatti sembra che una determinata personalità possa
facilitare la messa in atto di comportamenti volti a raggiungere un obiettivo
questa si presenta come un fattore secondario.
L’approccio della contingenza alla leadership coinvolge teorie che
sostengono che in situazioni diverse sono appropriati comportamenti e stili
differenti di leadership:
• Modello della contingenza di Fiedler: l’efficacia della leadership è il
risultato dell’interazione di comportamenti e caratteristiche situazionali.
Secondo la teoria il leader adotta uno stile predominante in modo naturale
che può essere individuato attraverso il test LPC in grado di identificare se ha
un orientamento al compito o alla relazione. Il test presenta una serie di
domande che riguardano la relazione tra il leader e una persona difficile con
cui ha lavorato in passato e a seconda della descrizione si individua il tipo di
leadership. La teoria individua poi 3 dimensioni del contesto che possono
portare ad un ambiente favorevole o sfavorevole: relazione leader-
subordinato, struttura del compito e posizione di potere del leader. Da tale
punto di vista quando un leader risulta gradito ai sottoposti, il compito è ben
strutturato in modo che ognuno sappia cosa ci si aspetta dalla propria
performance e il leader ha il potere legittimo di autorità, la situazione sarà
altamente favorevole.
• Teoria path-goal di House e Mitchell: individua 4 stili che possono
adottare i leader ma, a differenza della teoria di Fiedler, questi possono
essere alternati o applicati differentemente a seconda della situazione:
1. Leadership direttiva: chiarisce le aspettative e coordina il lavoro
2. Leadership supportiva: costruisce un ambiente amichevole e
comunicativo
3. Leadership partecipativa: coinvolge i dipendenti nei processi decisionali
4. Leadership orientata al risultato: fissa dei compiti ai subordinati per
motivarli al raggiungimento degli obiettivi
• Normative model of decision making di Vroom: si concentra su come e
con quale supporto un leader dovrebbe prendere le decisioni valutando
l’importanza della decisione, l’impegno e la competenza del team,
accettazione della decisione da parte del team, la competenza del leader
stesso. Una volta valutati questi aspetti il leader può adottare 5 stili differenti:
1. Decidere da solo
2. Consultarsi individualmente con ognuno dei membri e poi decidere da
solo
3. Consultare il gruppo e poi decidere da solo
4. Facilitare cioè decidere insieme al gruppo
5. Delegare
Gli approcci contemporanei alla leadership
Teoria della leadership trasformazionale
Goleman ha evidenziato come l’intelligenza emotiva diventi tanto più
importante quanto più alto è il livello che un individuo occupa
nell’organizzazione. I leader possono essere distinti quindi in transazionali e
trasformazionali:
• I primi svolgono funzioni legate alla pianificazione, all’organizzazione e
al controllo, motivano i lavoratori attraverso punizioni e gratificazioni
• I secondi danno ispirazione e sostegno emotivo agli altri, spronano i
collaboratori a raggiungere un obiettivo comune, sono caratterizzati da
carisma che provoca a sua volta alti livelli di devozione ed entusiasmo nei
propri subordinati (forte legame con l’intelligenza emotiva)
L’intelligenza emotiva favorisce inoltre una leadership risonante in quanto i
leader che la possiedono creano facilmente legami con gli altri, colui che
esprime e manifesta le proprie emozioni con convinzione emana risonanza
proprio perché comunica emozioni autentiche ed è capace di contagiare i
collaboratori. Al contrario un leader privo di risonanza appare dissonante, non
in sintonia con il gruppo.
Teoria dello scambio leader-membro
La teoria individua il segreto della leadership non in ciò che è o fa ma nella
relazione tra il leader e i dipendenti. Questa può essere:
• Relazione di scambio di alta qualità quando fra il leader e i collaboratori
c’è un alto grado di fiducia come nel contratto psicologico favoriscono
direttamente sia il dipendente che si vede investito di maggiore autonomia sia
l’organizzazione che riscontra livelli inferiori di turnover e un maggiore
impegno dei subordinati
• Relazione di scambio di bassa qualità in cui sono più bassi i livelli di
apprezzamento, lealtà e rispetto
Teoria della leadership autentica
La teoria descrive i leader autentici come coloro che rimangono fedeli a sé
stessi e sono quindi consapevoli dei loro favori, punti deboli e di forza, sanno
ammettere quando sbagliano e hanno un forte senso morale di ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato. Sicuramente la leadership autentica favorisce
una serie di benefici per i dipendenti e per l’organizzazione ma è stato
criticato il fatto che l’organizzazione non è un ambiente autentico e non può
esserlo in quanto è necessario un modellamento di comportamenti, compiti e
funzioni per raggiungere l’obiettivo.
Teoria della servant leadership
Nella servant leadership il leader si mette a disposizione dei dipendenti
aiutandoli a raggiungere il proprio potenziale, questi sono caratterizzati da
umiltà e modestia, sensibili ai desideri e i bisogni dei dipendenti.
D’altra parte, la leadership abusiva è invece caratterizzata da tendenze
distruttive spesso favorite da un basso livello di intelligenza emotive e dalla
messa in atto di comportamenti ostili e denigranti ad eccezione delle
aggressioni fisiche.
Lo sviluppo della leadership
Siccome le caratteristiche biologiche hanno un peso relativo nel carattere di
un leader che è anzi caratterizzato più da comportamenti che da tratti di
personalità, la leadership può essere sviluppata sia con feedback, coaching e
training in aula attraverso compiti di sviluppo in cui i manager possono essere
inviati in altre aziende a svolgere funzioni al fine di apprendere competenze e
conoscenze di cui necessiteranno una volta ricoperto il ruolo ufficiale.
CAP. 9
ATTEGGIAMENTI ED EMOZIONI AL LAVORO
Allport definisce l’atteggiamento come uno stato mentale dell’individuo
organizzato in base alle proprie esperienze e conoscenze che influenza le
risposte dell’individuo stesso nei confronti del mondo.
Rosenberg ne descrive le 3 componenti:
1. Cognitiva: credenze circa l’oggetto di un comportamento
2. Affettiva: sentimenti circa l’oggetto di un comportamento
3. Comportamentale: intenzione a comportarsi in un dato
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