“LA COMUNICAZIONE E LE SCIENZE UMANE”
La comunicazione umana è intrecciata all’essere stesso dell’uomo e
all’interazione sociale, ed è oggetto di studio sia della filosofia sia delle scienze
umane, che analizzano l’individuo non come entità isolata ma in relazione alla
comunità e ai ruoli sociali. La persona, intesa come soggetto che vive e agisce
in società, si definisce attraverso i rapporti con gli altri, poiché l’interazione
sociale assume prevalentemente la forma della comunicazione, intesa come
trasmissione e condivisione di idee, informazioni, sentimenti e stati d’animo
tramite segni, gesti, linguaggio e scrittura. Le forme più primitive di
comunicazione risalgono a milioni di anni fa e si sviluppano progressivamente
con l’evoluzione umana, fino all’Homo sapiens, in cui i segnali acustici
diventano parola e linguaggio strutturato. La scrittura nasce come esigenza
sociale di regolamentazione e trasmissione culturale, si sviluppa
indipendentemente in diverse aree del mondo e consente di superare i limiti
spaziali e temporali della comunicazione orale. Segni, immagini, suoni e
scrittura sono riferimenti simbolici fondamentali per la trasmissione delle
norme, dei valori e della memoria storica dei gruppi sociali. Il comportamento
umano è di per sé comunicativo e la comunicazione implica sia la trasmissione
del messaggio sia la sua personalizzazione, valorizzando i soggetti coinvolti
come portatori di cultura, linguaggio e punti di vista differenti, in un processo di
confronto e negoziazione che non annulla mai l’alterità.
“PIÙ SCIENZE PIÙ DEFINIZIONI”
La comunicazione umana è intrecciata all’essere stesso dell’uomo e
all’interazione sociale, ed è oggetto di studio sia della filosofia sia delle scienze
umane, che analizzano l’individuo non come entità isolata ma in relazione alla
comunità e ai ruoli sociali. La persona, intesa come soggetto che vive e agisce
in società, si definisce attraverso i rapporti con gli altri, poiché l’interazione
sociale assume prevalentemente la forma della comunicazione, intesa come
trasmissione e condivisione di idee, informazioni, sentimenti e stati d’animo
tramite segni, gesti, linguaggio e scrittura. Le forme più primitive di
comunicazione risalgono a milioni di anni fa e si sviluppano progressivamente
con l’evoluzione umana, fino all’Homo sapiens, in cui i segnali acustici
diventano parola e linguaggio strutturato. La scrittura nasce come esigenza
sociale di regolamentazione e trasmissione culturale, si sviluppa
indipendentemente in diverse aree del mondo e consente di superare i limiti
spaziali e temporali della comunicazione orale. Segni, immagini, suoni e
scrittura sono riferimenti simbolici fondamentali per la trasmissione delle
norme, dei valori e della memoria storica dei gruppi sociali. Il comportamento
umano è di per sé comunicativo e la comunicazione implica sia la trasmissione
del messaggio sia la sua personalizzazione, valorizzando i soggetti coinvolti
come portatori di cultura, linguaggio e punti di vista differenti, in un processo di
confronto e negoziazione che non annulla mai l’alterità.
I modelli tecnici
Il modello di Shannon e Weaver presenta la comunicazione come trasferimento
di informazioni sotto forma di segnali da una sorgente a un destinatario,
mediato da emittente e ricevente e potenzialmente disturbato dal rumore, ed è
stato a lungo un riferimento centrale per la pedagogia della comunicazione.
Derivato dallo studio delle telecomunicazioni, è stato applicato alla
comunicazione umana per l’attenzione alle perturbazioni energetiche e
informative e ai processi di codifica e decodifica, evidenziando che il messaggio
ricevuto raramente coincide perfettamente con quello emesso. I suoi limiti
risiedono nella riduzione della lingua a codice e delle distorsioni a semplici
difetti dei media, poiché il linguaggio verbale è segnato da polisemia e
ambiguità, caratteristiche incompatibili con la corrispondenza biunivoca dei
codici formali.
L’ambiguità, come mostrano i lavori di Fuchs, è una proprietà costitutiva delle
lingue naturali e un criterio distintivo rispetto ai linguaggi artificiali, utilizzata
strategicamente nelle interazioni, motivo per cui la lingua non può essere
considerata un codice in senso stretto.
Le distorsioni comunicative non sono solo fisiche o legate ai media, ma anche
cognitive, linguistiche e psicosociali, risultando decisive per la comprensione
della dimensione pragmatica della comunicazione. Il contributo di Shannon e
Weaver va quindi relativizzato come stimolo iniziale, segnato da inevitabile
parzialità. La cibernetica di Wiener introduce il concetto di feedback e la
retroazione, concependo la comunicazione come processo interattivo e
circolare tra emittenti-riceventi, superando la linearità del modello tecnico, che
resta utile per la formalizzazione generale ma incapace di rendere conto della
specificità del linguaggio verbale.
I modelli linguistici
Jakobson chiarisce la non assimilabilità della comunicazione verbale alla
semplice trasmissione fisica dell’informazione, definendo la comunicazione
come un processo complesso che comprende non solo l’informazione ma anche
impressioni e atteggiamenti degli interlocutori. Egli propone un modello
analitico fondato su sei componenti — emittente, messaggio, destinatario,
contesto, codice e canale — ciascuna dotata di una specifica funzione
linguistica, mostrando come la comunicazione avvenga sempre all’interno di un
contesto condiviso e mediante un codice comune. Alle componenti
corrispondono sei funzioni linguistiche:
funzione espressiva o emotiva, centrata sul mittente e sull’espressione
del suo atteggiamento;
funzione conativa, orientata al destinatario e finalizzata a influenzarne il
comportamento;
funzione fatica, rivolta al mantenimento del canale comunicativo;
funzione metalinguistica, finalizzata a verificare e chiarire il codice;
funzione denotativo-referenziale, relativa al contesto e al riferimento a
stati di cose;
funzione poetica, concentrata sulla forma del messaggio.
L’introduzione del feedback mette in discussione la rigidità dell’alternanza
emittente-ricevente, pur senza giungere a una piena concezione unitaria di
produzione e comprensione del messaggio, che restano complementari ma
distinte. Le condizioni sociali vengono incluse nel concetto di contesto, senza
però ricevere un ruolo esplicito, limite superato solo parzialmente dalla
prospettiva di Bachtin, che attribuisce centralità all’interazione sociale concreta
nella determinazione delle enunciazioni. Un ulteriore avanzamento è
rappresentato dal modello SPEAKING di Hymes e Gumperz, che ridefinisce il
contesto in senso sociale e situazionale e analizza la comunicazione attraverso
elementi quali situazione, partecipanti, finalità, atti, chiavi, strumenti, norme e
genere, ampliando il modello di Jakobson. Pur riconoscendo ai modelli linguistici
il merito di aver arricchito la comprensione dei processi comunicativi rispetto ai
modelli tecnici, essi restano descrizioni ideali incapaci di cogliere pienamente le
difficoltà reali dell’interazione, legate soprattutto a fattori psicologici,
relazionali e contestuali che influenzano profondamente la comunicazione.
I modelli psico-sociologici
I modelli psicosociologici interpretano la comunicazione come rapporto
psicosociale più che come semplice relazione linguistica, concentrandosi su
incomprensioni, conflitti e interpretazioni erronee che emergono nello scambio.
Anzieu e Martin descrivono la comunicazione come incontro tra due o più
personalità impegnate in una situazione comune, intesa come interazione tra
campi di coscienza dotati di identità psicosociale, e analizzano i filtri che si
frappongono tra l’intenzione del locutore e la ricezione dell’allocutario. Il
processo comunicativo ruota attorno a personalità dei partecipanti, situazione
e produzione di significati, considerando storia personale, cultura, motivazioni,
ruoli e status come variabili centrali che influenzano i comportamenti
comunicativi e rendono la comunicazione strumento di azione sull’altro
all’interno di un contesto definito. La comunicazione consiste nello scambio di
significati fondati su simboli e quadri di riferimento condivisi, che agiscono
come filtri e facilitano o ostacolano la comprensione, ed è concepita come
sistema globale multicanale e pluricodice che integra parole, intonazioni, gesti,
posture e uso dello spazio.
La scuola di Palo Alto introduce una svolta concependo la comunicazione come
comportamento, affermando che ogni atto umano ha valore comunicativo e
che è impossibile non comunicare, poiché anche silenzi, inattività e posture
trasmettono messaggi che influenzano la relazione. La comunicazione veicola
sempre sia un contenuto sia una definizione della relazione tra i partecipanti, e
lo studio comunicativo si estende oltre il linguaggio verbale includendo codici
diversi. Nella comunicazione interpersonale operano principalmente tre
linguaggi:
linguaggio verbale, costituito dagli elementi linguistici;
linguaggio paraverbale, formato da intonazioni, modulazioni della voce,
pause, ritmi e silenzi;
linguaggio non verbale, relativo a distanze, contatto fisico, postura e
gestualità.
L’impatto comunicativo risulta prevalentemente affidato al paraverbale e al
non verbale, mentre parole, gesti, sguardi, movimenti del corpo, gestione della
distanza e persino l’immagine esterna costituiscono messaggi che influenzano
la percezione reciproca e il tipo di relazione instaurata. Da ciò deriva che ogni
individuo, volontariamente o inconsciamente, trasmette continuamente
informazioni che vengono inevitabilmente percepite dagli altri.
I modelli interlocutori
La progressiva evoluzione dai modelli tecnici a quelli psico-sociologici mette in
luce la centralità della dimensione interattiva della comunicazione, che trova
piena esplicitazione nei modelli interlocutori, dialogici o conversazionali fondati
sul dialogismo e sull’interazionismo comunicativo. In questa prospettiva la
comunicazione è un fatto relazionale irriducibile, luogo di fondazione
dell’intersoggettività, in cui il senso nasce da un’attività congiunta e
cooperativa tra interlocutori, superando ogni lettura atomistica del processo
comunicativo. L’interlocuzione è il primum logico attraverso cui si costruiscono
simultaneamente le identità dei soggetti e una referenza comune a un universo
di discorso condiviso, rendendo inseparabili refe
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