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LA CARTA VINCENTE

Non esistono formule magiche per far apprendere tutti gli studenti nello stesso modo o

per ovviare alla creazione di misconcezioni ma ci sono elementi che ogni insegnante può

tenere in considerazione nella pratica didattica quotidiana tra cui:

1.Fornire tipologie di esempi diversificate e afferenti a differenti contesti

2.Mostrare un esempio che metta in discussione la regola appena presentata per

verificare effettivamente la comprensione degli alunni

3.Conversare con i propri alunni anche partendo da situazioni problematiche

concrete e reali, sviluppando in essi la capacità di problem solving

4.Porre sempre domande ai propri allievi anche per comprendere i loro meccanismi di

ragionamento e riflessione.

LA RESPONSABILITA’ DELL’INSEGNAMENTO→ siccome la nostra attenzione di esperti è

concentrata in quel momento su altri aspetti, cerchiamo di evitare complicazioni, di

calcolo o di disegno, che riteniamo accessorie, in modo da mettere in luce solo gli aspetti

che riteniamo significativi. A volte è la paura di creare conflitti negli allievi (seppure

cognitivi) a farci privilegiare prima l’esempio e poi l’esercizio più standard, nella speranza

che in mancanza di ostacoli vada tutto liscio, cioè sia possibile avere una risposta

corretta.

Spesso l’insegnante non è consapevole degli effetti che può avere sugli allievi la

mescolanza continua tra linguaggio quotidiano e linguaggio matematico che caratterizza

la comunicazione in classe durante l’attività matematica. Ma ancora prima non è

consapevole di tale mescolanza.

CAPITOLO 5 “I COMPORTAMENTI FALLIMENTARI” Lezione 21/10/21 ( il 19-

10 non c’era lezione per inaugurazione anno accademico) INTEGRATO CON IL

LIBRO

In realtà dato che la nostra osservazione è finalizzata all’intervento, l’idea che ci guida

è quella di cambiamento. Ma CHI deve CAMBIARE cosa?

In realtà l’insegnante vuole che l’allievo non ripeta certi errori, che sappia affrontare le

situazioni problematiche ovvero che l’allievo modifichi i propri comportamenti risolutivi

inadeguati.

Quindi è ALL’ALLIEVO che si chiede di cambiare, ma se non lo coinvolgiamo

attivamente in questo cambiamento difficilmente riusciremo ad ottenere delle risposte

positive.

Utilizzando la strategia del problem solving possiamo avviarci a SOVVERTIRE il modo

di ragionare dell’alunno ponendolo di fronte a situazioni concrete e

motivanti che lo mettano di fronte ad evidenze che lo motivino a modificare il suo

modo di pensare o risolvere.

PROBLEM SOLVING

Il problem solving non è semplicemente legato alle capacità matematica o alla

risoluzione dei problemi nel senso più stretto del termine. Tutti noi ci troviamo a dover

risolvere problemi nella vita di tutti i giorni.

Il problem solving è da sempre considerato un’attività che caratterizza l’essere umano,

e come tale ha avuto un ruolo importante nella psicologia.

Nella psicologia della Gestalt (1973) addirittura la terminologia viene sostituita con

PENSIERO PRODUTTIVO nel senso di processi che producono il nuovo, che

creano ciò che non c’era, che fanno scaturire l’idea originale. Tipico

dell’approccio della Gestalt è il ruolo riconosciuto alla ristrutturazione del problema,

una trasformazione che non è percettiva, ma consapevole e funzionale al problema

stesso.

Il pensiero produttivo può essere coinvolto nella risoluzione di problemi di qualsiasi

tipo, in particolare in problemi di carattere pratico.

Un altro problema studiato è quello della torre di Hanoi: ci sono tre bastoncini in uno

dei quali sono infilati dei dischi di legno di diametro decrescente; bisogna spostare i

dischi uno per volta da quel bastoncino ad un altro, rispettando la regola che non si

può mettere un disco più grande su uno più piccolo. Ma più di tutti è stato oggetto di

studio il gioco degli scacchi. Si tratta di problemi di cui è possibile prevedere lo ‘spazio

problemico’ cioè lo spazio delle possibili situazioni da esaminare allo scopo di trovare

quella situazione che corrisponde alla soluzione” (Simon e Newell).

George Polya (1954) dice: «Se l’apprendimento della matematica ha qualcosa a che

fare con la scoperta, bisogna dare allo studente qualche opportunità di fare problemi

nei quali egli prima congettura e poi dimostra alcuni fatti matematici di livello

adeguato.»

Inoltre in un altro testo afferma: «…trasmettere conoscenze di fatti per noi è di

secondaria importanza. Quello che vogliamo promuovere nel lettore è un

atteggiamento corretto, una certa disciplina di pensiero, che sembrerebbe di più

essenziale importanza in matematica che in altre discipline scientifiche. Piuttosto che

conoscere teoricamente le corrette regole di pensiero, uno le deve aver assimilate

nella propria carne e nel proprio sangue, pronte per un uso immediato e istintivo».

«Quindi un insegnante di matematica ha una grande possibilità. Ovviamente, se egli

impiegherà le sue ore di lezione a far eseguire dei calcoli ai suoi studenti, finirà per

soffocare il loro interesse, arrestare il loro sviluppo mentale e sciupare l’opportunità

che gli si presenta. Invece, se risveglierà la curiosità degli alunni proponendo problemi

di difficoltà proporzionale alle conoscenze della scolaresca e li aiuterà a risolvere le

questioni proposte con domande opportune, egli saprà ispirare in loro il gusto di un

ragionamento originale» (Polya 1945)

Da ciò si deduce che innanzitutto non devono esserci piste di ragionamento già

dettate dall’insegnante, se vogliamo tenere alto il valore motivante della scoperta,

e poi che dobbiamo accettare anche le risposte che mostrino un ragionamento

divergente, riflettendo insieme con i nostri alunni.

Nel processo di insegnamento consueto invece, di fronte ad un problema nuovo,

l’insegnante fa vedere alla lavagna come si risolve. Solo dopo aver illustrato il

processo risolutivo egli propone alla classe altri problemi dello stesso tipo, chiedendo,

a volte esplicitamente, di risolverli NELLO STESSO MODO. Il problema diventa così

un ESERCIZIO che mette in atto un pensiero ri-produttivo.

Infatti nei libri di testo spesso i problemi sono raccolti sotto un titolo che illustra già

con quale «regola/formula/operazione» debbano essere svolti! ATTENZIONE: Tutto

questo passa nell’alunno il messaggio che la risposta corretta, il prodotto, sia più

importante del processo che ha messo in atto: processo che invece è importante

anche se non porta alla risposta corretta!

L’enfasi sulle risposte corrette porta alla paura di sbagliare, al rifiuto di esplorare

e congetturare così tipico dell’attività dei matematici; il senso di abilità poi viene

subordinato alla capacità di dare la risposta giusta in un tempo limitato.

IL PROBLEM SOLVING NELLA PRATICA DIDATTICA

La parola problema assume nella pratica didattica assume un significa di un etichetta

che caratterizza un certo tipo di esercizio: un testo che pone una domanda finale e che

richiede procedimenti che hanno a che fare con la matematica.

In genere, di fronte ad un problema nuovo l’insegnante fa vedere alla lavagna come si

risolve. Solo dopo aver illustrato il processo risolutivo egli propone alla classe altri

problemi dello stesso tipo, chiedendo di risolverli allo stesso modo; il problema diventa

così un esercizio che mette in atto un pensiero ri-produttivo.

L’attività di soluzione dei problemi nella pratica scolastica quindi si riduce alla

riproduzione di procedimenti illustrati dall’insegnante, che li usa per consolidare certe

conoscenze o abilità, se non addirittura per verificarle.

Attualmente, il problem solving è oggetto di diverse discipline: psicologia, didattica,

ma anche psicoterapia, consueling, economia, gestione aziendale. In tutti questi casi

varia il contesto in cui il problema è posto, e naturalmente le conoscenze che sono

coinvolte, ma non le abilità trasversali che è importante avere, genericamente indicate

come abilità di problem solving.

MA CHE COS’E’ UN PROBLEMA?

Nel senso comune della vita quotidiana, il problema appare più che altro come la

rottura di un equilibrio preesistente: in questo senso anche se non viene

esplicitato un obiettivo da raggiungere, si può considerare implicito il ripristino del

precedente equilibrio. Il problema può rappresentare una generica situazione di

disagio.

«Un problema sorge quando un essere vivente ha una meta ma non sa come

raggiungerla» (Duncker, 1935).

Per parlare di problema ci deve essere un soggetto che vive una situazione

come problema. Una situazione di per sé non è un problema: lo è per un

certo soggetto!

La distinzione fra esercizi e problemi può essere spiegata di nuovo con la

metafora della meta: nel caso degli esercizi un soggetto sa come raggiungere la meta

(ovvero uno scopo, un obiettivo), nel caso dei problemi no. Ad esempio per

l’insegnante alle prime armi tenere la disciplina o costruire una prova di verifica è

spesso un problema: per alcuni l’esperienza trasforma questo problema in esercizio.

Non ci può essere un PROBLEMA se non c’è un OBIETTIVO.

FALLIMENTO e SUCCESSO - SCELTA e DECISIONE

Nel caso in cui non si riesca a raggiungere una meta, nella vita di tutti i

giorni, si parla di FALLIMENTO e questo può accadere anche nel caso della

risoluzione di un problema ma nel caso di un problema, a differenza di un esercizio il

fallimento può essere di una strategia risolutiva, di una «strada» che potrei cambiare

per ritentare. L’impressione di fallimento può suggerirci a posteriori quanto fosse

importante per noi quel risultato che non abbiamo raggiunto.

Il fallimento può essere attribuita dal soggetto a più cause, se il soggetto si sente

consapevole dell’errore perché ritiene di non avere le potenzialità per farcela allora

l’insegnante può intervenire per cercare di spostare l’attribuzione della causa

all’esterno (a cause controllabili magari fornendo strategie diversificate o supporti).

Ad esempio se non sono arrivata puntuale ad un appuntamento importante posso

identificare un mio comportamento fallimentare nel fatto di essermi mossa troppo

tardi da casa, o nel non aver controllato preliminarmente il luogo esatto

dell’appuntamento. Oppure se mi è andato male un esame posso identificare un

comportamento fallimentare nel non aver studiato abbastanza, o nell’aver studiato in

modo inadeguato, oppure nell’ave

Dettagli
A.A. 2021-2022
40 pagine
SSD Scienze matematiche e informatiche MAT/05 Analisi matematica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Eleonora20mas09 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Matematica e didattica della matematica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Muratori Alessia.