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MARYLINE DESBIOLLES
Qualcosa che non ho mai cucinato prima (1998-2004)
VITA (1959-)
Maryline Desbiolles è una scrittrice e poetessa francese, nata nel 1959 a Ugine. Durante la sua vita, la scrittrice si dedicherà sia alla stesura di romanzi sia alla scrittura di poesie. L'opera narrativa della Desbiolles si inquadra principalmente nella corrente dell'EXTRÊME CONTEMPORAIN. Una delle sue opere più conosciute è il romanzo La Seiche, scritto nel 1998.
L'EXTREME CONTEMPORAIN
Con questa raccolta di racconti ci troviamo all'interno dell'EXTRÊME CONTEMPORAIN. Il termine, coniato per la prima volta dal francese Michel Chaillou (1930-2013) sul finire degli anni Ottanta, intende racchiudere la produzione letteraria francese degli ultimi dieci/quindici anni. Questa corrente si distingue per alcuni tratti caratteristici, come la libertà di azione mimetica, che si traduce in una grande eterogeneità.
Dell'esperienza di scrittura e dunque una difficoltà di classificazione. Sono testi che toccano per-lopiù le corde dell'intimismo, della frammentarietà, con una vena non necessariamente collegata al flusso dell'inconscio, ma della riappropriazione del proprio inconscio, come un recupero della propria esperienza. Come risultato, la narrazione è spezzettata, con un uso frequente di frasi brevi una dopo l'altra. Si fa ricorso a un flusso verbale caotico caratterizzato dal monologo interiore e dalle ripetizioni. Il canone classico del romanzo viene in qualche modo "distrutto". Il soggetto si trova in un permanente stato di crisi, con ritorno al quotidiano e alle banalità delle abitudini.
Gli autori più rappresentativi di questo genere letterario sono francesi, come Renaud Camus, Philippe Claudel, Maryline Desbiolles, Annie Ernaux, Pierre Michon, Daniel Pennac, Pascal Quignard.
QUALCOSA CHE NON HO MAI CUCINATO PRIMA
(1998-2004)Qualcosa che non ho mai cucinato prima è una raccolta di tre racconti – La seppia, Mangiare con Piero, Risotto alla fragola – scritti da Maryline Desbiolles e uniti in un’edizione di Sellerio uscita nel 2013, a cura di Paolo Proietti, traduttore dei racconti.
1. La seppia (1998)
La seppia (La Seiche) è il primo racconto che troviamo all’interno della raccolta. È uno dei primi “ro-manzi” della scrittrice, uscito nel 1998.
Sinossi
La protagonista, la scrittrice stessa, lascia scorrere il suo pensiero nelle forme di un monologo interiore, il cui flusso viene scandito da dodici tappe, dodici capitoli, all’inizio dei quali vi sono altrettanti fram-menti della ricetta che sta eseguendo, le seppie ripiene. La fabula è semplice: una donna, sola, prepara in cucina la cena, il cui piatto forte sono, appunto, le seppie ripiene, per alcuni amici, fra cui l’amato. L’intreccio, tuttavia, è più
complesso: la protagonista raccoglie il sentimento della bellezza, la magia della vita, con le sue dolcezze e crudeltà, e li trasforma amorevolmente in nutrimento per il rinnovamento dello spirito.
Temi
- Passato/Presente: emerge un frequente ricorso al flashback che si aggancia al presente della preparazione della pietanza. Passato e presente sono inevitabilmente collegati da una sfumatura di colore, da una nota di profumo, da un vago sapore. Tutto alimenta il ricordo e la sua attualizzazione nel presente. È la ricetta quindi che fornisce il pretesto morfologico alla narrazione. La morfologia del racconto è la ricetta che pian piano giunge alla sua conclusione, scansione dopo scansione; tutto il resto è fluido, molle, come il corpo del mollusco. I ricordi appaiono in modo disomogeneo, dettati dai sensi, dal rumore di cibo che soffrigge. Le sensorialità sollecitate evocano tutto quello che viene narrato. La scrittrice, quindi, scrive un testo non secondo
4. Solitudine: emerge un'evidente drammatizzazione del personaggio, sottolineato dalla solitudine esistenziale della protagonista nelle varie situazioni di socializzazione che hanno interessato la sua vita, dalle incomprensioni con i compagni di scuola, agli interlocutori del percorso di vita fino a ora compiuto.
5. Vita: emerge nel testo il tema della vita come espressione di amore, odio, salute, malattia, passione e castità. Per quanto riguarda la salute, c'è un riferimento preciso nel testo.
Nell'incubo della protagonista che rimanda alle viscere e che, probabilmente, è testimonianza di una donna che ha subito l'asportazione dell'utero per un cancro che l'ha colpita. Anche la tematica della vita e della morte è sfiorata in modo psicoanalitico attraverso la mediazione del cibo: il cibo originato dalla ricetta dona una nuova vita a un qualcosa che indubbiamente è morto. Ci cibiamo sempre, in effetti, di cose morte, ma che, grazie ai condimenti e alle spezie sembra ri-acquistare vita. Sebbene il traduttore abbia il compito e il dovere di avvicinare il testo tradotto il più possibile al pubblico d'arrivo, vi sono casi – spesso linguistici – che non permettono ampio margine d'azione. È il caso di questo racconto: alla fine della prima pagina viene specificato un problema di natura terminologica: i termini francesi "calamaro" (calamars, calmars, encornets) e "seppia" (seiche).
non hanno un riscontro altrettanto abbondante in italiano. Nella traduzione italiana, laddove possibile, si è privilegiata la scelta dei termini corrispondenti indicati dal vocabolario della lingua italiana della Treccani, riservandosi di fare ricordo anche a termini di carattere regionale per compensare le occorrenze altrimenti non traducibili. Il termine francese "calamars" è stato dunque tradotto con "caamari", ricorrente in Liguria, mentre il termine "encornets" è stato tradotto con "calamai", ricorrente in Campania, Lazio e Sicilia.
2. Mangiare con Piero (2004)
Mangiare con Piero (Manger avec Piero) è un racconto pubblicato nel 2004. Il racconto è nato dopo che un editore radiotelevisivo francese ha chiesto all'autrice di scrivere un testo di qualità letteraria che parlasse delle arti figurative e, in particolare, di arti pittoriche. Nasce così questo racconto tutto basato sulla
è un motivo ricorrente nel testo. L'autrice sottolinea l'importanza del cibo come nutrimento per il corpo e per lo spirito. Le pause gastronomiche durante le visite ai luoghi d'arte diventano momenti di piacere e di riflessione. 2. Arte: l'arte, in particolare la pittura di Piero della Francesca, è un elemento centrale nel racconto. L'autrice descrive con grande passione e attenzione gli affreschi e i dipinti che visita durante la sua vacanza. L'arte diventa un mezzo per esplorare e comprendere se stessa e il suo rapporto con l'innamorato. 3. Ambiguità: l'identità di Piero, se sia il compagno o il pittore, rimane ambigua nel racconto. Questa ambiguità crea un senso di mistero e di interrogazione. L'autrice invita il lettore a riflettere sul significato e sulle relazioni tra le diverse forme d'arte e tra le persone. Attraverso la descrizione di queste tematiche, il racconto esplora la connessione tra cibo e arte, sottolineando come entrambi possano nutrire e arricchire la nostra esperienza umana.per i magnifici dipinti del pittore toscano e l'appetito per l'Italia che "mi mette fame", che stimola nella protagonista e alimenta la raccolta delle parole collegate all'idea di mangiare: ristorante, tavola calda, banchetto, e così via. 2. Cibo/Arte: la tematizzazione è quella di vivere un banchetto all'insegna dell'arte. Gustare l'arte, farla propria e nutrirsi, arricchirsi. Si va sempre a mangiare, quindi persiste la dimensione della tavola e il gioco di parole si amplia, perché spesso si vedono affreschi a muro, ma esistono anche dipinti su legno, tavole dipinte; presto la tavola dipinta di Piero della Francesca diventa il doppio della tavola imbandita con la quale la protagonista, dopo essersi "cibata" vedendo il dipinto, va a cibarsi di piatti tipici della tradizione toscana. Si ricorda che in francese, "table" può essere tradotto sia come l'oggetto "tavolo", sia come "tavola".luogo di conversazione. Si passa, quindi,dalla tavola dipinta a quella imbandita, simbolo di un banchetto più intimo, condiviso tra due innamorati. Vi sono in questo senso tentate similitudini tra la consistenza di un piatto e la consistenza della pittura. Ad esempio, tra la tecnica dell'affresco e la tecnica di preparazione della panzanella, in cui il pane è impregnato come il muro dalla pittura.