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LA LETTERATURA RUSSA ANTICA
Nella letteratura russa antica mancavano alcuni generi tipici della letteratura occidentale:
● Non esisteva la versificazione (poesie con rime e metrica regolare).
● Non esistevano il romanzo e il racconto come narrazione d’invenzione.
● Non esisteva il teatro.
I testi della letteratura slava antica erano scritti in una lingua puramente scritta, non parlata,
utilizzata principalmente per scopi religiosi e storici.
Drevnerusskaja (russa antica):
● Drevn: base aggettivale con tema debole, significa "antico", che può essere detto
anche anticnyj che sta per "antichità classica"
● E: congiunzione per la base debole (se fosse forte sarebbe O)
● Russk: "russa"
● Aja: desinenza femminile del nominativo singolare
Literatura: termine mediato dal latino o dal francese; la parola corrispondente di origine
slava sarebbe письменность: (> письмо , che significa "lettera", sia quella che si spedisce
sia quella grafica, Писать: "scrivere") --> lingua scritta
La storia della letteratura russa si suddivide in base ai periodo storici. La letteratura russa
antica corrisponde a:
● La storia della Rus' kieviana, che va dall'862 al 1240 (anno in cui Kiev viene messa
a ferro e fuoco dai mongoli)
● Il periodo degli appannaggi/della frammentazione feudale che va dal 1200 al
1400.
● Gli albori della Moscovia, dal 1400 fino alla nascita dell'impero zarista di Pietro I il
Grande nel 1721, con cui comincia l'epoca moderna.
La Rus’ kieviana e la cultura slava orientale si svilupparono nei territori dell’attuale
Russia, Ucraina e Bielorussia, che condividono una cultura comune, sebbene nella storia
abbia spesso prevalso quella della Grande Russia. Con la cristianizzazione e la quasi
contemporanea violenta sottomissione dei territori bulgari all’Impero bizantino, si verificò
una migrazione culturale dalla Bulgaria, che portò con sé la neonata tradizione slava
ecclesiastica. Nacque così una tradizione scritta, letteraria e religiosa, ma si creò anche un
distacco tra due dimensioni culturali, letterarie e linguistiche (письменность):
● La cultura ufficiale scritta, libresca e di stampo religioso, con epicentro nei
monasteri;
● La cultura folklorica pagana, precedente all’influenza meridionale, che la prima
cercò di obliterare.
Questo fenomeno non si riduce a una semplice diglossia linguistica, ma costituisce una
questione culturale complessa e tipica della cultura slava, nota come двоеверие (“doppia
fede”):
● Dv- significa “due”
● Ver- significa “fede”
Le due culture, ecclesiastica e folklorica, coesistevano, si influenzavano e talvolta si
fondevano in episodi di sincretismo (ad esempio, Sant’Antonio venne assimilato alla divinità
pagana degli armenti e dei pascoli), senza che una soppiantasse mai completamente
l’altra.
Agli albori della letteratura kieviana, coincidenti con l’affermarsi della religione ortodossa in
Russia, si verificò un eccezionale processo di assimilazione, che permise di trasferire in
tempi relativamente brevi il patrimonio culturale greco-bizantino nella Rus’. Tuttavia,
Kiev non si ellenizzò: essa assunse, sulla base della comunanza religiosa, concezioni
mistiche, schemi estetici e norme morali della tradizione bizantina, oltre a una discreta
conoscenza della mitologia greca (che sarebbe poi stata mediata dall’Umanesimo e dal
Rinascimento).
I testi tradotti erano principalmente liturgici e religiosi, a partire dalle Sacre Scritture (non
ancora nella loro interezza: la prima Bibbia completa in slavo ecclesiastico fu realizzata dal
monaco Gennadij alla fine del XV secolo). Il trasferimento di questi testi nella Rus’ era
curato dalla Chiesa bizantina, che, avendo preso il controllo della Chiesa bulgara, disponeva
di traduttori e copisti.
Le opere indigene erano anonime: non esisteva la tradizione dell’autore. Spesso risulta
complesso distinguere un originale da una copia. Ad esempio, il Testamento di Vladimir
Monomach (1103) fu estrapolato da una cronaca, poiché all’epoca il concetto stesso di
“opera” era poco definito e privo di titolarità autoriale (sebbene a Monomach sia poi stato
attribuito il testo).
I manoscritti venivano compilati, tramandati e conservati nei monasteri (analogamente alla
cultura occidentale). Erano oggetti preziosi e rari, ma bastava che un esercito nemico
incendiasse un monastero per perderli definitivamente.
Pur in assenza di un’autorialità riconosciuta, esisteva il concetto di autorità: esso riguardava
esclusivamente i testi che tramandavano la dottrina e gli insegnamenti della Chiesa, i quali
non potevano essere modificati, neanche in caso di errori. Al contrario, le vite dei santi, le
cronache e i racconti di pellegrinaggio erano considerati opere aperte, soggette a
modifiche.
Questi testi erano scritti non in russo, ma in slavo ecclesiastico (старославянский язык o
церковнославянский язык), lingua ufficiale dell’intero Medioevo slavo, oscillante tra lo
slavo codificato da Cirillo e Metodio e i dialetti parlati nei singoli Stati.
La sintassi si ispirava al modello ecclesiastico della letteratura bizantina e la lingua stessa
divenne un elemento di orgoglio patriottico, connotando la Slavia ortodossa (in
contrapposizione alla Slavia latina, che utilizzava l’alfabeto latino).
Poiché la scrittura era monopolio dei monaci, qualsiasi espressione culturale non conforme
all’ideologia religiosa ortodossa veniva eliminata. Tuttavia, a Novgorod sono stati ritrovati
documenti scritti su cortecce di betulla, prova che gli abitanti delle città commerciali
sapevano scrivere, sebbene nella loro lingua locale.
AGIOGRAFIA
L’agiografia nella letteratura russa antica svolgeva la funzione di fornire esempi morali e
modelli di comportamento per i credenti. Attraverso racconti di vite, morti e miracoli di
santi, l’agiografia intendeva ispirare e guidare i fedeli, mostrando che seguire il cammino
della fede portava alla salvezza e al Paradiso. In slavo ecclesiastico, la vita dei santi è detta
žitie, termine che rimanda proprio all’idea di vita esemplare.
Struttura e caratteristiche dell’agiografia
L’agiografia russa presenta caratteristiche formali specifiche, con alcuni elementi narrativi e
strutturali essenziali:
● Invocazione divina: l’autore chiede aiuto e ispirazione a Dio, orientando l’opera
all’esaltazione di Cristo e della Fede.
● Eulogia del santo: un’introduzione di lode al santo, che ne celebra le virtù.
● Origini del santo: descrizione della famiglia e delle origini, spesso con tratti già santi
o particolarmente virtuosi.
● Vocazione precoce: il santo manifesta fin da giovane una chiamata alla vita spirituale.
● Doti spirituali eccezionali: il santo mostra qualità uniche come umiltà, mitezza,
ascesi, intelligenza, e capacità di compiere miracoli.
● Carriera religiosa e prove: il santo supera sfide sia interne (come le tentazioni
demoniache) che esterne (opposizione di familiari o amici), dimostrando il proprio
valore spirituale.
● Morte in odore di santità: la narrazione si conclude con la morte del santo, spesso
accompagnata da miracoli postumi che confermano la sua purezza e santità (come il
corpo che non si decompone).
● Citazioni scritturali: frequente uso di riferimenti biblici per legittimare e santificare
la figura del santo.
I santi kieviani ereditarono da quelli greci l’amore per la sofferenza, il disprezzo dei beni
materiali, la mansuetudine, la conoscenza dei testi sacri, l’annullamento nell’estasi
contemplativa.
Le vite dei santi venivano diffuse nella Rus’ all’interno dei Mineičeti, letture mensili, in cui
le narrazioni erano ordinate per giorni a seconda del santo corrispondente.
Esempi principali di santi russi
● Boris e Gleb: figli del principe Vladimir I, sono i primi santi della Rus’ canonizzati
nel 1072. Furono martirizzati nel 1015, accettando il sacrificio per evitare conflitti
dinastici. Boris e Gleb vengono definiti strastoterpei (“coloro che hanno sofferto la
passione”), rifiutando la violenza e accettando il martirio, come Cristo. La narrazione
li presenta come simboli di mansuetudine e devozione, con Boris che accetta il
sacrificio e perdona i suoi assassini, un’azione simile al perdono di Cristo sulla croce.
La loro vita e martirio vengono narrati in circa 180 codici, dimostrando il successo
della loro storia nell’agiografia russa medievale.
La narrazione delle vicende di Boris e Gleb aveva tinte leggendarie, pertanto rientrava
facilmente negli schemi dell’agiografia e dei racconti apocrifi. Le vicende sono
pervenute a noi in due manoscritti: la Skazanie (narrazione) di Boris e Gleb e la
Čtenie (lettura) su Boris e Gleb. Lo stile utilizzato prevede sentenze concise, formule
fisse di varia derivazione fuse in un unico stile “russo”.
● Сказание: i punti principali della narrazione sono
1) L’uccisione dei due principi
2) I loro lamenti
3) Le loro preghiere
4) La mansuetudine segno di santità
Boris si rifiuta di combattere per il trono, preferendo il supplizio. Egli
incarna la saggezza cristiana: a quei tempi la Rus’ si basava su verità
custodite dalla Chiesa slavo-ortodossa. Con la rappresentazione di Boris
possiamo intendere la posizione della Chiesa all’interno dello Stato: essa
non voleva dover scegliere se sottomettersi ai Rjurikidi o a Bisanzio, bensì
sfruttare il timore religioso dei principi per concretizzare la propria
indipendenza da Bisanzio.
I guerrieri abbandonano Boris che viene ucciso. Il suo corpo viene definito
“puro e piissimo” per sottolinearne la santità. Inoltre in punto di morte egli
ha solo parole buone per il fratello assassino e i suoi sicari.
Gleb a differenza del fratello, che era consapevole di stare seguendo la giusta
direzione divina, è caratterizzato dalla mansuetudine. Il giovane in un primo
momento implora gli assassini affinché gli risparmino la vita, tuttavia ben
presto comprende meglio la situazione e invita i sicari a compiere ciò per cui
sono venuti. Nel momento della morte Gleb viene definito “un tenero
agnello”, immagine cristiana di purezza.
Al massacro segue la descrizione della punizione divina che si abbatte su
Svjatopolk: egli viene sconfitto da Jaroslav, principe buono e sostenuto da
Dio, e lo stesso Diavolo infierisce su di lui. L’opera si conclude con la
sepoltura del corpo di Gleb accanto al fratello Boris e con una preghiera ai
due martiri da parte di Jaroslav. Infine veng