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Libro Michela Landi
Il romanzo “realista”
Bachtin, uno dei massimi studiosi della forma romanzo, sostiene che il romanzo è
espressione del realismo borghese: nasce come forma parassitaria e parodica
dall’epica, operando un rovesciamento critico. Il lettorato ottocentesco è adesso
notevolmente cambiato rispetto a quello dei secoli precedenti; quindi, la borghesia
ottocentesca non poteva che narrare sé stessa attraverso questa forma. Il romanzo
moderno è realista per definizione e conosce una notevole fioritura in Francia tra il
1830 e il 1880 circa. Il romanzo “realista” si propone di riprodurre la realtà in modo
oggettivo, rispecchiando situazioni comuni, evitando situazioni o personaggi
idealizzati, arrivando talvolta a farsi portatore di una denuncia sociale. Il realismo
scende a patti con la scienza, da cui prende in prestito il metodo di osservazione.
philosophes” “idéologues”
Siamo negli anni in cui, a seguito dell’influenza dei “ e degli
rivoluzionari, si analizzano e si classificano i comportamenti morali degli uomini, dando
physiologie”
luogo alla scienza umana deterministica che prese il nome di “ (fisiologia).
Orami la società è riproducibile nella maniera e nelle tecniche.
Il realismo ufficiale comincia in ambito pittorico nel 1855 quando Gustave Coubert
“Un enternement à Ornans”,
aveva esposto dipinto che aveva scosso l’opinione
pubblica per il fatto che gli elementi della raffigurazione erano ordinari se non volgari.
“le réalisme” è il provocatorio titolo che Couber dà alla mostra.
Honoré de Balzac
Nato a Tours nel 1799 è di origini modeste. Rinuncia alla carriera di avvocato per
dedicarsi alla letteratura. Balzac grazie a una capacità di applicazione alla scrittura
che resterà emblematica riusciva a compilare fino a cinque opere l’anno: questa
capacità estrema di lavorare gli permetterà di sopravvivere economicamente. Nel
“Comédie Humaine”:
1841 scrive il ciclo della un grande ciclo di 145 titoli tra
romanzi, novelle, racconti, studi, a carattere realista, fantastico e filosofico.
Partendo dal presupposto che esistono specie sociali come esistono specie zoologiche,
Balzac ambisce a tratteggiare, secondo la moda “fisiologica” dell’epoca una “storia
naturale nella società”. Egli osserva nel dettaglio le dinamiche sociali e le lotte di
classe in una fase storica particolarmente sensibile, che è quella dell’ascesa alla
borghesia imprenditoriale sostenuta dal re borghese Luigi Filippo. La prima di queste
sezioni si suddivide a sua volta in ‘scene’ che esplorano diversi ambienti sociali.
Balzac si allontana progressivamente dagli autori che lo avevano preceduto. Egli trova
la sua riproposizione in uno schema tripartito già delineatosi con una certa
chiarezza fin dai primi romanzi: una lenta fase iniziale, seguita da una tensione nella
quale vengono a convergere i motivi portanti del romanzo, infine la risoluzione, o
snodo a carattere rovinoso ed esiziale: da qui un certo determinismo presente nei suoi
romanzi. Gli eroi balzachiani sono esseri in cerca della propria fortuna economica e
sociale: inseguono un ideale di sé che li consuma senza portarli a una piena
realizzazione, ma votandoli allo scacco.
Balzac giunge a fondere in modo organico l’individualismo con lo spirito cinico della
nascente società capitalistica. La forte esemplarità dei personaggi è dovuta al fatto
che nel loro carattere vengono a convergere tutti gli elementi essenziali umani e
sociali, nel loro momento di massimo sviluppo.
Nella descrizione delle diverse fisionomie Balzac risente degli studi di Lavater. Autore
di un famoso trattato di fisiognomica, l’autore svizzero indagava il carattere attraverso
i tratti fisiognomici della persona, poiché secondo la sua dottrina tutte le
manifestazioni umane avevano un’origine interna, anche in Balzac i tratti fisici, lo
sguardo, l’andatura, i capelli acconciati in una determinata maniera, il guardaroba,
spiegano il carattere dei personaggi e talvolta ne definiscono il destino. Se Balzac
esaminava nel dettaglio le case, il mobilio, le condizioni delle stanze, le abitudini
familiari, così scrutava il viso dei suoi oggetti. Ma queste figure non rimanevano
statiche nelle forme in cui l’autore le calava.
Le chef d’oeuvre inconnue
In questo romanzo, Balzac, pone la pittura al centro dell’attenzione, dando avvio
anche in Francia a quel sottogenere romantico che è il “romanzo d’arte”. Attraverso
il pittore Frenhofer che lotta per fissare sulla tela la perfetta bellezza della modella
Gillette, è ritratta l’ossessione del nostro autore: trasporre sulla pagina di un libro la
concretezza viva del mondo. Il quadro che Frenhofer crede di vedere, esiste solo nella
sua immaginazione: l’osservatore comune non coglie altro che un’accozzaglia di colori,
mentre in un angolo della tela un piede di strabiliante perfezione resta a testimoniare
l’immenso sforzo compositivo. Il racconto narra ancora una volta il fallimento di una
categoria sociale: quella dell’artista che è vittima della sua smisurata ambizione
creativa. La tecnica narrativa di Balzac è cinematografica avanti lettera. L’autore parte
dalla descrizione di una strada allarga poi il piano e fissa l’attenzione su di un unico
edificio, che è la dimora del personaggio; quindi, ci introduce nella scena domestica, e
pone un’attenzione maniacale nell’illustrare i particolari dell’abitazione, fino agli
oggetti più umili. Questi si caricano infatti di valore indiziario: interessati da una
relazione analogica con la vita, essi sono accolti a “segni” anticipatori di una
situazione, di un ambiente, di una personalità. Quando l’autore li fa entrare in scena,
questi si rivelano conformi all’ambiente descritto. Da ogni singolarità messa in
contesto egli costruisce un tipo.
Champfleury
Di tutt’altro tenore è il realismo di Champfleury, pseudonimo di Jules-François-Félix
Husson. Sappiamo da lui stesso che la sua formazione è in gran parte quella di un
autodidatta. Le pubblicazioni a carattere divulgativo, pensate per un pubblico non
specialistico e spesso corredate da illustrazioni, costituirono parte integrante della sua
formazione
Letteratura, ideologia e scienza: Médan, Zola e il naturalismo
Al settimo romanzo del ciclo dei “Rougon-Macquart”, grande affresco sociale che si
proponeva in qualche mod di rivaleggiare con la “Comédie Humaine” di Balzac, Zola
aveva aggiunto una prefazione che poneva le basi teoriche del romanzo naturalista.
L’Assomoir, uno dei suoi romanzi all’interno del ciclo, è stato attaccato e denunciato di
crimini. In primo luogo, è stato denunciato per il tratto estremamente realistico ed
era scandalizzato soprattutto per la rappresentazione del “milieu” operaio in cui si
muove la lavandaia Gervaise Macquart, protagonista del romanzo. Abbandonata dal
compagno Lantier, Gervaise si ricostruisce una vita con l’operaio Coupeau, da cui ha
un’altra figlia. La coppia è inizialmente felice e lavora duramente per potersi
assicurare una certa agiatezza ma i sogni svaniscono quando Coupeau, dopo una
caduta dal tetto, perde il lavoro. L’alcol diventa allora il grande protagonista delle loro
vite ed è proprio l’assomoir, l’ammazzatoio, ossia l’alambicco in cui l’alcol viene
distillato, che decide delle vite dei due personaggi. Gervaise costretta a vivere di
elemosina, si spengerà da lì a poco in un sottoscala, senza che nessuno se ne accorga.
Costruito su 13 capitoli, l’assomoir fece scandalo proprio per la descrizione senza
conti della vita della classe operaia alla quale Gervaise e Coupeau appartengono e
sulla quale Zola si era accuratamente documentato. Zola nella prefazione afferma:
“L’assomoir è un’opera di verità, il primo romanzo sul popolo che non menta e che
abbia l’odore del popolo”. “L’odore del popolo” vi era percepibile non soltanto in virtù
dell’accurata caratterizzazione dei personaggi ed ambienti, ma anche grazie all’uso
della lingua. Una lingua popolare, orale, spesso presa in prestito dai bassifondi
parigini, fatta di barbarismi, neologismi, approssimazioni e volgarità che costituiscono
mimesis
una sorta di lessicale e stilistica della condizione die personaggi.
Un linguaggio tanto complesso quanto “veritiero”, il quale Zola aveva attinto a piene
Dictionnaire de la langue verte”
mani da dizionari riportanti termini popolari quali il “ di
Alfred Delvau. Questo uso linguistico fu all’origine di molte critiche, tanto che Zola
sempre nella préface al romanzo, si soffermò sulla “questione della lingua”. Scritta
principalmente per difendere il romanzo dalle accuse di immoralità che gli furono
mosse da più parti, la prefazione dell’assomoir finì per diventare uno dei manifesti
del naturalismo, di cui Zola fu ben presto riconosciuto il maggior esponente.
Tema dell’ereditarietà
o
Venendo alle premesse teoriche del Naturalismo alla sua realizzazione, ricordiamo che
il ciclo dei Rougon-Macquart, che abbraccia cinque generazioni, ha alle sue origini la
storia della zia Dide, capostipite della famiglia che sposa un Rougon per poi convivere
con l’ubriacone Macquart, e morire pazza. I membri della famiglia, che vivono nei più
svariati ambienti sociali e geografici, sono dominati dalla tara ereditaria della zia (la
pazzia e l’alcolismo) che influisce in modo diverso sulle loro vite.
I venti romanzi che costituiscono il ciclo dei Rougon-Macquart contribuirono a fare di
Zola il maestro indiscusso della ‘corrente naturalista’. Il romanzo zoliano si strutturò
ben presto in alcuni simboli portanti, cioè luoghi intorno ai quali ruota l’azione:
Ventre di Paris, La Bête
l’alambicco dell’Assomoir, i mercati del la locomotiva de
humaine.
Mito, mistero, sono dunque l’altra faccia del naturalismo zoliano.
Differenza tra naturalismo e realismo
o
Il termine realismo, e la sua estensione storica e filosofica, e naturalismo, rendono
conto del deposito storico che il filtro della scienza ha lasciato sulla letteratura. Il
sottotitolo descrittivo del ciclo romanzesco zoliano richiama Balzac e le sue teorie
“Traité philosophique et physiologique de l’hérédité
fisiologiche; a ciò si aggiungano il
naturelle” del dottor Prosper Lucas, e soprattutto le teorie formulat