PER GLI SCHIAVI MANOMESSI:
Per lo schiavo manomesso e istituito erede di un’eredità dannosa, il pretore prevede invece la
separatio bonorum . Lo schiavo, divenuto libero ed erede, può chiedere al pretore la separazione del
patrimonio ereditario dal suo patrimonio personale.
Gli effetti sono: i creditori ereditari possono aggredire solo l’asse ereditario, non i beni personali
proscriptio bonorum
dell’ex schiavo; se l’attivo ereditario non basta, si procede comunque alla , ma
Scotti46
de cuius
a nome del , non a nome dell’ex schiavo, e l’infamia colpisce il defunto, non lo schiavo. Lo
inane nomen heredis
schiavo rimane così erede solo di nome ( , di fatto), ma viene salvato sia dalla
rovina economica personale sia dal marchio di infamia.
beneficium abstinendi
Confrontando i due istituti: con il il figlio non tocca nulla, e per il pretore è
come se non avesse mai “preso possesso” dell’eredità, sicché ogni azione dei creditori contro di lui
separatio bonorum
viene bloccata; con la lo schiavo l’eredità la prende, ma chiede subito la
separazione dei patrimoni, i creditori colpiscono solo il patrimonio ereditario e la proscrizione (e
de cuius beneficium
l’infamia) si imputa al , non allo schiavo. Entrambi gli istituti anticipano il
inventarii giustinianeo, con la stessa logica di fondo: tutelare l’erede dai debiti oltre il valore
dell’asse.
Nuovo caso introdotto a fine lezione: FILIUS IN POTESTATE SOTTO CONDIZIONE
Testo iniziale (semplificato):
Filius a patre, cuius in potestate est, sub condicione, quae non est in ipsius potestate, heres
instituitur...
Un figlio in potestà viene istituito erede dal padre sotto condizione, condizione che non dipende
non est in ipsius potestate
dalla volontà del figlio ( ). Qui la professoressa si è fermata e ha detto:
“siete salvati in corner, domani vediamo cos’è una condizione”.
condicio
Per prepararti, occorre chiarire cos’è la in un testamento. La condizione è una clausola
che subordina l’efficacia di una disposizione (per esempio l’istituzione di erede) al verificarsi di un
evento futuro e incerto; ad esempio: “Se Tizio si laurea, sia mio erede”. I tipi classici (per la tua
lezione servirà almeno questo) sono la condizione sospensiva, in cui la posizione non si consolida
finché la condizione non si avvera, e la condizione risolutiva, in cui la posizione è valida subito,
sub condicione, quae non est in ipsius
ma si estingue se l’evento si verifica. Nel frammento,
potestate indica una condizione che non dipende dalla volontà del figlio, cioè una condizione
casuale, non potestativa in capo all’erede. condicio
Domani molto probabilmente la professoressa partirà da questa definizione di e ti farà
pendente condicione
ragionare su cosa succede (cioè mentre la condizione è ancora pendente), se il
ab
figlio può essere considerato erede e se in quel lasso di tempo può aprirsi una successione
intestato in concorrenza.
Per capire bene il quadro, va richiamato il rapporto fra condizione e termine nei negozi giuridici.
I negozi giuridici possono essere unilaterali, cioè fondati sulla volontà di una sola parte (come il
testamento), oppure bi-/plurilaterali, cioè fondati sulla volontà di più parti (contratti, ad esempio
la compravendita). Gli elementi accidentali non sono necessari per la validità del negozio, possono
esserci o no, ma se ci sono modificano la produzione degli effetti: in particolare, condizione e
termine (per ora si può lasciare da parte il modo).
condicio
La condizione ( ) è un evento futuro e incerto dal cui avverarsi dipende l’efficacia del
negozio. I tipi principali sono: la condizione sospensiva, per cui fino a quando l’evento non si ex
verifica gli effetti sono sospesi e, se si verifica, il negozio produce effetti con efficacia retroattiva (
tunc ), come se fosse stato efficace fin dal momento della conclusione (per esempio: “Vendo il grano
se la nave arriverà in porto”), e la condizione risolutiva, per cui il negozio è efficace da subito, ma,
ex tunc
se l’evento si verifica, cessa di produrre effetti con efficacia , come se non fosse mai esistito.
Nel diritto ereditario di solito si usa la condizione sospensiva sull’istituzione di erede, mentre la
semel heres, semper
condizione risolutiva sull’istituzione di erede è incompatibile con il principio
heres (“una volta erede, sempre erede”), sicché la condizione risolutiva sull’istituzione viene trattata
favor testamenti
come non apposta, in applicazione del .
dies
Il termine ( ) è invece un evento futuro e certo: si sa che accadrà (ad esempio 1° gennaio 2027, o
“alla morte di Tizio”), magari non si sa quando, ma è certo che avverrà. Può essere sospensivo,
ex nunc
quando il negozio inizia a produrre effetti (da quel momento in poi), oppure risolutivo,
ex nunc
quando il negozio smette di produrre effetti (da quel momento in poi, senza retroattività).
Va distinta anche la condizione potestativa da quella non potestativa. È potestativa la condizione il
cui avverarsi dipende dalla volontà del soggetto che beneficia (o comunque di un soggetto Scotti47
determinato); per esempio: “Mio figlio Anselmo sia erede se costruirà un gattile”, poiché l’evento
dipende da Anselmo. È invece non potestativa la condizione il cui avverarsi dipende dalla volontà
di un terzo oppure dal caso; esempi: “Mio figlio sia erede se Caio aprirà un ospizio per i poveri”
(dipende da un terzo) e “Mio figlio sia erede se vincerò alla lotteria” (dipende dal caso). Nel
sub condicione non potestativa
frammento di Treboniano il figlio è istituito erede : l’avverarsi della
condizione non dipende dalla volontà del figlio.
Nel diritto ereditario la condizione sospensiva sull’istituzione di erede funziona tipicamente così: si
pensi alla clausola “Anselmo sia mio erede, se il mio debitore X mi pagherà 1.000.000 entro
l’11/11/26”. Fino a che l’evento non si verifica l’istituzione rimane sospesa, l’eredità è giacente e, per
il principio di continuità della delazione, una volta verificata la condizione gli effetti si fanno
ex tunc
risalire al momento dell’apertura della successione, con efficacia . La condizione risolutiva
semel heres, semper heres
su istituzione di erede, come si è detto, è incompatibile con e perciò i
favor
giuristi, per salvare il testamento, la trattano come non apposta: è un’espressione del
testamenti (termine medievale, ma concetto romano).
Nel caso di Treboniano si ha un figlio in potestate, condizione non potestativa e diseredazione. Lo
pater familias
schema del caso, semplificato, è il seguente: il ha un’eredità dissestata (più debiti che
crediti), ma prevede un grande credito (ad esempio 1.000.000) verso un debitore; se questo credito
pater
verrà pagato, l’asse diventa più che sufficiente. Nel testamento il dispone, da un lato,
filius familias sub condicione non potestativa
l’istituzione del come erede (per esempio: “Anselmo
sia mio erede se il mio grosso debitore mi pagherà 1.000.000 entro l’11/11/26”) e, dall’altro, la
filius
diseredazione del per il caso di mancato avveramento della condizione (“Se il debito non
verrà pagato, mio figlio sia diseredato”).
pater
La finalità del è chiara: vuole tutelare il figlio. Se entra il milione, l’eredità è ricca e sicura,
dunque il figlio può essere erede; se il milione non entra, l’eredità è dannosa e il figlio viene escluso
per non rovinarlo. Anche se la diseredazione è, in un certo senso, ridondante (perché, se la
condizione non si avvera, il figlio comunque non acquista), essa serve sia a rispettare la regola che
sui
impone di istituire o diseredare i , sia a chiarire la volontà del testatore.
pendente condicione
Il problema centrale nasce dal fatto che il figlio muore . Il giurista racconta
filius in potestate sub condicione non potestativa
che il figlio ( ) è stato istituito erede e diseredato in
caso di mancato avverarsi della condizione, ma muore prima che la condizione si avveri o
manchi, cioè muore in pendenza della condizione dell’istituzione e della diseredazione. La
domanda, non esplicitata ma implicita, è se Anselmo sia morto come erede o come non erede e,
soprattutto, a chi interessi questa qualificazione. Interessa agli eredi di Anselmo, cioè ai suoi figli,
de cuius
nipoti del : se è morto come erede testamentario del nonno, essi succedono al padre e,
tramite lui, al nonno; se è morto come non erede, la sua linea non prende nulla dal nonno e
bisogna vedere chi entra in successione al nonno. ab intestato
Treboniano risponde: “Dico che egli è morto come erede , perché, quando era vivo, nel
testamento non era né stato istituito erede né diseredato”. In parole semplici, finché la condizione
non si è avverata (o mancata) né l’istituzione né la diseredazione erano operative e il testamento,
per quella parte, era inefficace, come se non ci fosse. Quindi, al momento della morte del figlio, è
ab
come se il nonno non avesse fatto testamento per quella vicenda e il figlio acquista l’eredità
intestato
, cioè come erede legittimo, non testamentario.
pater
Le conseguenze sono che, primo, il , nel tentativo di tutelare il figlio, non aveva previsto
pendente
l’ipotesi in cui il figlio morisse prima della “scadenza” della condizione; secondo,
condicione l’istituzione e la diseredazione non producono effetti e nessuna eventuale sostituzione a
favore di un terzo (per esempio uno schiavo) può operare, perché anche la sostituzione sarebbe “a
cascata” dipendente dal mancato avverarsi della condizione iniziale; terzo, il risultato è che il
ab intestato ex lege
figlio muore da erede del padre, l’eredità dissestata passa a lui e i suoi figli,
de cuius ab intestato
nipoti del , erediteranno da lui, non dal nonno tramite testamento.
Perché la sostituzione (eventuale) non può funzionare qui
Supponi che nel testamento ci fosse anche: Scotti48
“Se mio figlio non diventa erede, sia erede lo schiavo Tizio (manomesso)”.
• La prof spiega: suus
per far funzionare una sostituzione volgare a favore dello schiavo in presenza di un , occorre:
•
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