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FASE APUD IUDICEM
Chiusa la fase in iure, si va dinanzi al giudice, scelto dalle parti, può essere un privato cittadino (arbiter, iudex) oppure un
collegio giudicante (recuperatores) per le questioni di maggior interesse pubblico. Le parti possono scegliere liberamente,
ma a disposizione ci sono comunque altri giudici e recuperatores cui le parti devono far riferimento in caso di disaccordo.
Al giudice spetta il compito di accertare quanto nella formula si presenta "ipotetico e alternativo". Lo schema scritto che gli
viene sottoposto gli propone generalmente l'enunciazione di una pretesa dell'attore e l'obiezione del convenuto.
La richiesta e l'alternativa richiedono una verifica.
Lo strumento sta nelle prove: saranno queste a decidere.
La fase apud iudicem è quella in cui si assumono, si discutono, si valutano le prove. Di questo momento, legato a dati di
fatto, i giuristi si interessano relativamente. La materia attira invece l'attenzione dei retori, che ricercano i più validi criteri
persuasivi da suggerire agli avvocati. Non vi sono regole sicure in ordine all'attività richiesta alle parti in questa fase. Non si
sa fino a quando sia stato valido l'antico e già visto precetto sulla necessità e le modalità della loro comparizione.
Il numero delle udienze e le modalità di svolgimento sono rimesse alla discrezionalità del giudice.
Finché c’era solo il pretore urbano, il magistrato era il solo ad occuparsi di qualsiasi controversia del diritto privato, nel caso
di cittadinanza diversa il pretore non poteva dare una risposta diversa che era all'interno del diritto civile e quindi spesso ci si
rivolgeva a un arbiter = persona che molto spessa era un (ex) magistrato, qualcuno che aveva intrapreso il cursus honorum
e che aveva viaggiato; ascoltava le parti scriveva un piccolo documento che riassumeva le ragioni delle parti e anche quella
che secondo lui era la ragione da lui ritenuta fondamentale affinché la causa potesse trovare una risposta.
In questi casi ci si rivolge quindi a un terzo, per trovare una soluzione quando le parti non appartengono alla stessa razza.
Davanti al pretore peregrino si attuava una giustizia totalmente differente (sulla parte della discriminizzazione) - modalità
rivoluzionaria: il convenuto ha la stessa dignità rispetto all’attore, di fronte al magistrato. Sono liberi di argomentare e di
sbagliare la formula (anticipazione della teoria del giusto processo).
Le prove
Le prove, testimoniali e documentali, non sono soggette a una precisa gerarchia. Le prime sembrano aver maggior peso,
non solo per l'originaria prevalenza dell'oralità negli atti giuridici, ma per la possibilità di instaurare su quella base un
contraddittorio con domande e interrogazioni dinanzi al giudice. L'onere della prova del diritto vantato spetta all'attore, quello
di eventuali eccezioni al convenuto.
Sulla base delle prove addotte, il giudice valuta e decide liberamente. Il limite sostanziale è dato dalla materia del
contendere inserita nella formula, che fornisce l'oggetto esclusivo e insuperabile della decisione.
La sentenza
Lo sbocco conclusivo dello stadio apud iudicem e di tutto il processo è la sentenza, termine che significa "parere" e che deve
la sua forza alla concorde volontà delle parti corroborata dal magistrato.
Per questo suo carattere arbitrale essa è inappellabile e risolve definitivamente la lite.
L'azione non può essere riproposta; anzi, già con la litis contestatio, talora automaticamente, talora solo in via di eccezione,
si è realizzato l'effetto preclusivo. La sentenza, quale che sia la natura dei rapporti considerati, di regola può solo
condannare a una somma di denaro. Con questo limite, peraltro superabile, l'autorità del giudicato (res indicata) si realizza
con l'apposita azione (actio indicati) e le procedure esecutive, di cui ci occuperemo più avanti.
Le parti della formula tipo
La duttilità e l’adattabilità della formula discendono da una struttura non rigida ma scomponibile in più elementi inseribili e
intercambiabili. Non è caratterizzata dal formalismo, anche se le singole parti si cristallizzano in proposizioni standard, che
del resto garantiscono la continuità e l'uniformità dei trattamenti.
All'interno delle formule sono dunque identificabili varie parti che adempiono a diverse funzioni: anche se le formule, come le
azioni, sono innumerevoli e si presentano tipologie e intelaiature comuni che possono poi essere riempite con i dati del
singolo caso.
Gaio nelle sue Istituzioni enuncia quattro clausole della formula che messe per iscritto servivano a presentare le situazioni al
giudice affinché si arrivasse alla giusta decisione →
(non è in ogni caso necessaria la compresenza delle quattro seguenti clausole, ma in alcuni casi sono altre parti ancora che
servono per adattare al meglio la formula al caso specifico)
1. (esposizione del fatto) = è la prima siccome è quella parte del documento in cui vengono narrati al
DEMONSTRATIO
pretore i fatti e gli eventi che hanno prodotto la controversia fra l’attore e il convenuto. Serve quando si verifica
l’intentio incerta, ovvero quando la fase della pretesa non è sufficiente. È possibile in alcuni casi che l'esposizione
del fatto sia errata, salvo in alcuni fatti in cui come conseguenza si ha l'infamia per il convenuto.
2. (pretesa) = il cuore della formula: è la pretesa dell’attore. Sulle cui caratteristiche i giuristi si soffermano
INTENTIO
maggiormente; cambiano in base al tipo di diritto.
Si perde la causa se si chiede di più del dovuto (pluris petitio); mentre se si chiede meno o una cosa per un’altra ci
sono dei rimedi.
- intentio incerta = indeterminata → si potrà di nuovo intentare l’azione
- intentio certa = determinata → si potrà agire per il residuo
L’intentio può essere in ius, se verte su un diritto riconosciuto dal diritto civile, o in factum, se riguarda un fatto
concreto ritenuto meritevole di tutela da parte del pretore → le prime due parti hanno lo scopo di illustrare la
situazione, in termini di fatto o di diritto, in vista del provvedimento chiesto al giudice.
L’intentio e la demostratio hanno lo scopo di illustrare, in termini di fatto o di diritto, la situazione in vista del provvedimento
chiesto al giudice. Sono funzionali alle residue parti. Ciò è assolutamente vero per la demonstratio, mentre per l'intentio può
ricorrere da sola nelle cosiddette formulae praeiudiciales, rivolte cioè l'accertamento di uno status o di una situazione.
Le due successive parti della formula sono innescate dalle precedenti e non possono quindi stare da sole punto si pongono
tendenzialmente come alternative, ma non è escluso possono trovarsi insieme
3. (aggiudicazione) = inserita tutte le volte che si chiede di trasformare una situazione di condivisione in
ADIUDICATIO
una individuale. Conferisce al giudice il potere di sciogliere la comunione, di attribuire determinate cose o porzioni di
esse alle parti in causa. Si trova soltanto nei giudizi divisori e in quelli di definizione dei confini; es: con l’eredità di
una casa - non si mettono d’accordo su cosa fare e si chiede di effettuare la divisione giudiziaria.
4. (condanna) = quando se ne parla in ambito processuale ha un duplice significato:
CONDEMNATIO
- la parte della formula con cui il pretore e le parti conferiscono al giudice il potere di condannare o assolvere il
convenuto (la parte conclusiva della formula).
- consiste nella sentenza di condanna che il giudice emette a causa del convenuto (una possibilità della sentenza,
non ha a che fare con la formula)
La condanna solitamente è sempre formulata in una somma di denaro e, Gaio nota che, anche se si richiede una
cosa corporale, il giudice condanna a una somma di denaro corrispondente alla stima della cosa. Questa conferisce
maggior facilità di trovare un garante per il pagamento di una somma di denaro rispetto a una prestazione specifica.
La condanna può essere richiesta in una somma determinata o indeterminata (può prevedere un tetto o essere
senza limite), quando sono fissati i criteri si rimette al giudice la sua valutazione che farà riferimento agli interessi
dell'attore. Se l’attore pone nella condanna più rispetto al dovuto, trova rimedio con la restitutio in integrum;
diversamente l’attore che richiede meno del dovuto non trova soccorso.
Il beneficium competentiae è l’applicazione di un tetto massimo alla somma indeterminata, di cui talvolta subisce il
debitore che viene così condannato. Comunque sia formulata la condanna il giudice deve sempre condannare a una
somma determinata che dovrà coincidere con quanto indicato nel caso di condanna certa e rispettare, nel caso di
condanna incerta il tetto eventualmente fissato (si tende comunque ad aiutare i convenuti che gli attori)
cambiamento in seguito del processo →
Il processo formulare si basava sulla collaborazione fra le parti; ed è possibile solo in una società in cui c’è una buona
condizione di convivenza civile. Ma una Roma che vive una distruzione della repubblica, fa sì che ottaviano inizi a cambiare
le formule: che non possono essere basate sulla condizione del passato → il processo va riformato secondo caratteristiche
nuove che tengono conto delle profonde divisioni sociali (in seguito alle guerre civili e alle dittature). Una civiltà mutata nel
proprio assetto e organizzazione ha bisogno di una nuova tipologia di processo.
Scorre in parallelo la concezione di pubblica amministrazione (rapidità di risposte) con (per ridare fiducia) l’assunzione in
modo imparziale e autonomo. Organizzazione che provvede l'appellabilità delle sentenze.
Si affermano nuove forme di processo destinate a soppiantare il sistema formulare → il sistema dei giudizi privati cognitio
extra ordinem = giudizio al di fuori del sistema precedente, vive di un criterio innovativo relativo alla figura del giudice: non è
più un cittadino ma un pubblico funzionario - solo qui il giudice diventa un magistrato come lo intendiamo noi oggi!
La loro caratteristica fondamentale è che le questioni si svolgono dall’inizio alla fine davanti al magistrato che decide
direttamente la causa, le parti non intervengono più sulla scelta del giudice.
Tale procedura si affermerà in modo generalizzato nel IV secolo d.C. La sua origine può essere fatta dipendere dal prevalere
di una concezione statuale del processo sulla precedente impostazione ampiamente debitrice a schemi privatistici. La
cognitio extra ordinem potrebbe essere la manifestazione di una tendenza dei magistrati a risolvere direttamente le liti.
Tra le varie attribuzioni il princeps (imperatore) ha quella di decidere le