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Regioni e gli enti nella storia istituzionale italiana

Dalla costituzione alla riforma

L'organizzazione costituzionale italiana prevede, accanto agli apparati dello Stato centrale, un articolato sistema di autonomie regionali e locali. La Costituzione del 1948 ha previsto uno Stato di tipo regionale e autonomista, fondato su Regioni dotate di:

  • Autonomia politica (art. 114 Cost.), ovvero la capacità di stabilire un proprio indirizzo politico, anche diverso da quello dello Stato.
  • Autonomia legislativa (art. 117 Cost.) e amministrativa nelle materie espressamente indicate dalla Costituzione (art. 118 Cost.).
  • Autonomia finanziaria (art. 119 Cost.), che prevede l'attribuzione di risorse finanziarie necessarie per esercitare le competenze regionali, anche mediante tributi propri e la partecipazione ai proventi di tributi statali, con la libertà di utilizzarli nei settori prescelti.

Inoltre, la Costituzione riconosce l'autonomia di enti territoriali più piccoli, come i Comuni e le Province, la cui autonomia è definita da leggi generali dello Stato.

Alcuni interventi normativi hanno segnato delle importanti tappe nel processo di decentramento politico:

  • Legge Bassanini (1997): ha invertito il criterio di ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. In precedenza, le Regioni potevano esercitare funzioni amministrative solo nelle materie di propria competenza legislativa; con la Bassanini, le funzioni amministrative sono state assegnate a Regioni ed enti locali anche nelle materie in cui lo Stato manteneva la competenza legislativa.
  • Legge costituzionale 1/1999: ha introdotto l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e ampliato l'autonomia statutaria delle Regioni.
  • Legge costituzionale 3/2001: ha riformato in modo organico il Titolo V della Costituzione, segnando un forte decentramento politico e ridefinendo i rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali. Questa riforma ha dato vita a una Repubblica delle autonomie, strutturata su più livelli territoriali (Comuni, Città metropolitane, Province e Regioni), ciascuno dotato di un'autonomia politica costituzionalmente garantita.

La ripartizione delle competenze tra stato, regioni ed enti locali

La Costituzione italiana stabilisce che la Repubblica è articolata in Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, ognuno dotato di autonomia (art. 114, comma 2). Tale autonomia include l'attribuzione di autonomia statutaria, che deve rispettare i principi fissati dalla Costituzione.

Questa suddivisione comporta una ripartizione delle competenze legislative e amministrative tra lo Stato e gli altri enti territoriali. Di conseguenza, lo Stato ha perso la potestà legislativa generale e può legiferare solo nelle materie specificatamente previste dalla Costituzione. Sia le leggi statali che quelle regionali devono rispettare la Costituzione e i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Anche la potestà regolamentare dello Stato è limitata alle materie di competenza legislativa esclusiva. In tutte le altre materie, la potestà regolamentare è riservata alle Regioni.

L'interpretazione iniziale del testo costituzionale si basava sul principio del parallelismo delle funzioni, secondo il quale le Regioni esercitavano funzioni amministrative nelle materie di propria competenza legislativa, mentre lo Stato le esercitava in tutte le altre materie. Tuttavia, con la legge Bassanini e la successiva riforma costituzionale, si è superato questo principio. È stato attribuito ai Comuni il compito di esercitare la maggior parte delle funzioni amministrative, salvo quelle che, per ragioni di esercizio unitario, sono conferite a Province, Città metropolitane, Regioni o Stato.

Questo nuovo assetto è basato su tre principi fondamentali:

  • Sussidiarietà: il livello di governo superiore interviene solo quando l'amministrazione più vicina ai cittadini non sia in grado di svolgere un determinato compito.
  • Differenziazione: enti dello stesso livello possono avere competenze diverse, in base alle specificità locali.
  • Adeguatezza: le funzioni devono essere affidate agli enti in grado di svolgerle con efficienza.

Il nuovo testo costituzionale ha mantenuto le cinque Regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta), il cui ordinamento e le cui funzioni sono stabiliti dai rispettivi statuti approvati con legge costituzionale. Fino a quando tali statuti non saranno adeguati alla riforma del Titolo V della Costituzione, le nuove disposizioni si applicano anche a queste Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano.

I raccordi tra i diversi livelli territoriali di governo

Sebbene il testo costituzionale delinei chiaramente le materie di competenza di ciascun ente, è ingenuo pensare che ogni ente territoriale possa operare in totale autonomia e in completa separazione dagli altri. Nei sistemi federali o negli Stati con un forte decentramento politico, si presenta inevitabilmente la questione dei raccordi, ossia degli strumenti di collegamento e coordinamento tra i diversi livelli di governo.

In Italia, i principali strumenti di raccordo sono la Commissione per le questioni regionali e il sistema delle conferenze, che permettono un dialogo e una cooperazione tra lo Stato e le autonomie regionali e locali.

La commissione bicamerale integrata

La Commissione parlamentare per le questioni regionali è un organo bicamerale previsto dalla Costituzione del 1948 con funzioni consultive, principalmente in merito allo scioglimento anticipato dei Consigli regionali e alla rimozione del Presidente della Giunta regionale, nei casi in cui questi abbiano commesso atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge.

L'articolo 11 della legge costituzionale 3/2001 ha potenziato il ruolo della Commissione, attribuendole rilevanti funzioni di raccordo tra Stato e Regioni. In particolare, prevede che:

  • I regolamenti parlamentari possano consentire la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione bicamerale.
  • Nel caso in cui un progetto di legge riguardante materie di competenza legislativa concorrente, o inerente all'autonomia finanziaria di entrata e di spesa, contenga disposizioni su cui una delle Camere abbia espresso un parere contrario o condizionato a specifiche modifiche e la Commissione referente non si sia adeguata, tali disposizioni possono essere approvate solo con la maggioranza assoluta dei componenti dell'Assemblea.

Tuttavia, a distanza di anni, non sono stati adottati atti attuativi in merito e l'idea della "Commissione bicamerale integrata" sembra ormai abbandonata.

La conferenza Stato-Regione e le altre conferenze

Il sistema delle Conferenze, istituito prima della riforma costituzionale del 2001 e tuttora in vigore, rappresenta il principale strumento per garantire la leale collaborazione tra Stato, Regioni e autonomie locali. Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, il principio di leale collaborazione deve regolare i rapporti tra lo Stato e le Regioni, specialmente nelle materie in cui le rispettive competenze si sovrappongono o si intersecano, richiedendo un bilanciamento degli interessi reciproci.

Tra i meccanismi più importanti per attuare questo principio vi sono:

  • La Conferenza Stato-Regioni
  • La Conferenza Stato, Città e autonomie locali, che si occupa di questioni e compiti di interesse comune per gli enti locali.

Queste due conferenze si riuniscono congiuntamente nella Conferenza Unificata. Regolate dal d.lgs. 281/1997, le conferenze sono presiedute dal Presidente del Consiglio o da un ministro da lui delegato e sono composte da vari ministri, dai Presidenti delle Regioni (nella Conferenza Stato-Regioni) e dai rappresentanti degli enti locali (nella Conferenza delle autonomie locali).

Queste conferenze fungono da sede di confronto tra il Governo e le istituzioni locali, trattando questioni che riguardano gli interessi e le competenze di Regioni, Province e Comuni. Ad esempio, il disegno di legge finanziaria deve essere preceduto dal parere di una delle conferenze. Sebbene tale parere non sia giuridicamente vincolante, ha un peso politico: se più Regioni sono d'accordo, possono esercitare pressioni sul Governo affinché modifichi o riconsideri alcune scelte.

In altri casi, specialmente quando lo Stato coordina attività rientranti nelle competenze regionali, è previsto l'uso dell'intesa, che richiede il consenso delle Regioni, coinvolgendole nella codecisione degli atti.

Altri tipi di raccordo

Accanto ai due principali meccanismi di raccordo generale tra Stato e Regioni (la Commissione bicamerale integrata e il sistema delle Conferenze), la Costituzione prevede strumenti specifici per coordinare i rapporti tra Stato e Regioni.

Sul piano legislativo, vi sono competenze trasversali dello Stato, come la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali e la tutela della concorrenza, che si sovrappongono a diverse materie attribuite alle Regioni. In questo modo, lo Stato può intervenire per garantire l'unità e il coordinamento nelle materie di interesse nazionale.

Un'altra forma di raccordo riguarda l'esercizio del potere estero delle Regioni e i loro rapporti con l'Unione Europea. Sebbene lo Stato conservi la potestà legislativa esclusiva in ambito di politica estera, rapporti internazionali, rapporti con l'Unione Europea, diritto d'asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non UE, le Regioni, nelle materie di loro competenza, possono concludere accordi con Stati esteri o intese con enti territoriali di altri Stati. Tuttavia, ciò è possibile solo nei casi e con le modalità stabilite da leggi statali (art. 117, comma 9 Cost.).

Il Governo può esercitare il potere sostitutivo nei confronti delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni in determinate situazioni, come il mancato rispetto di norme o trattati internazionali, pericoli gravi per la sicurezza pubblica o la tutela dell'unità giuridica ed economica. In questi casi, il Governo può intervenire direttamente, oppure attraverso un commissario ad acta, per adottare l'atto necessario. Va ricordato che anche le Regioni hanno il potere di sostituzione nei confronti degli enti locali in caso di inadempienza.

I rapporti tra regioni ed enti locali

Uno dei principali problemi politico-istituzionali che ha accompagnato l'evoluzione dello "Stato regionale" in Italia è stato proprio il rapporto tra Stato, Regioni ed enti locali. Il testo originario della Costituzione del

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Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gianlucafarina14 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Salvia Emilio Paolo.
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