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CAPITOLO V: I SOGGETTI
I soggetti destinatari degli effetti giuridici sono chiamati soggetti di diritto e si
dividono in due categorie principali: persone fisiche e persone giuridiche.
Le persone fisiche sono individui appartenenti alla specie umana, le persone
giuridiche sono entità formate dall'aggregazione di più persone fisiche (come
associazioni, società) o di un patrimonio (come fondazioni) per il raggiungimento di
uno scopo specifico. “la capacità giuridica si acquisisce al momento della
Secondo l'articolo 1, comma 1,
nascita”. La capacità giuridica è lo strumento attraverso cui l'ordinamento
giuridico conferisce soggettività di diritto alle persone fisiche. Tuttavia, è importante
notare che essere dotati di capacità giuridica significa essere potenziali destinatari di
effetti giuridici, ma non implica l'immediata imputazione di specifici effetti giuridici. In
altre parole, la capacità giuridica è l'abilità astratta del soggetto di ricevere tutti gli
effetti giuridici previsti dall'ordinamento.
Differente dalla capacità giuridica, è la titolarità: la capacità giuridica è la
precondizione della titolarità, e si verifica solo quando si verificano le circostanze
specifiche che comportano l'imputazione concreta di un determinato effetto giuridico.
Ad esempio, un neonato ha capacità giuridica fin dalla nascita, ma diventa titolare di
diritti specifici solo in seguito al verificarsi di determinate situazioni.
Sebbene, empiricamente, capacità giuridica e titolarità possano sembrare coincidere,
logicamente la capacità giuridica precede l'imputazione degli effetti giuridici.
Abbiamo visto che l'attribuzione della capacità giuridica è subordinata al solo evento
della nascita si tratta di un principio fondamentale di tutti gli ordinamenti
liberaldemocratici, giacché esso rappresenta il presupposto stesso dell'eguaglianza di
tutti gli uomini di fronte alla legge punto è chiaro, infatti, che sia ad un gruppo sociale
variamente identificato fosse negata la capacità giuridica, gli appartenenti a tale
gruppo verrebbero esclusi dall'imputazione di effetti giuridici e, quindi, non sarebbero
eguali agli altri di fronte alla legge.
Un'ulteriore indice della rilevanza costituzionale della capacità giuridica è offerta
“nessuno può essere privato, per motivi politici,
dall'articolo 22, alla stregua del quale:
della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”.
La capacità giuridica si perde soltanto a seguito della morte della persona fisica.
Scomparsa, assenza, morte presunta
Il Codice civile disciplina in modo analitico alcuni fatti che riguardano la vita della
persona fisica.
Qualora una persona si sia allontanata dal proprio luogo di residenza, non abbia dato
più notizie di sé e sia irreperibile, viene considerata la scomparsa.
Chiunque vi abbia interesse può chiedere al giudice che venga nominato un curatore
della persona scomparsa che la rappresenti in giudizio negli atti necessari per la
conservazione del patrimonio.
Se tale situazione si protrae per due anni, i presunti successori legittimi e coloro che
intendono far valere i propri diritti sui beni dello scomparso possono chiedere che, con
sentenza, né venga dichiarata l’assenza.
Competente è il tribunale dell'ultima residenza dell'assente. L'assenza, pur
rappresentando una situazione provvisoria, è causa di apertura della successione,
anche testamentaria, e gli eredi vengono immessi nel possesso temporaneo dei beni.
Coloro che si sarebbero liberati da obbligazioni per effetto della morte, sono
temporaneamente esonerati dall'adempimento delle stesse.
Mentre coloro che hanno ereditato i beni dell’assente, non possono allinearli, ipotecari
o sottoporli a pegno, salvo casi di necessità o utilità evidente, e solo su autorizzazione
del tribunale.
Se nel frattempo l'assente ritorna, o ne è provata almeno l'esistenza, cessano gli
effetti della dichiarazione di assenza ed i suoi beni saranno restituiti; se invece, ne è
provata la morte, la successione produce definitivamente i suoi effetti.
Nel caso in cui siano trascorsi 10 anni dall'ultima notizia dell'assente, il tribunale, su
istanza di uno dei soggetti indicati dall'articolo 50, può dichiararne morte presunta.
La morte si presume avvenuta nel giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente.
A differenza dell'assenza, la dichiarazione di morte presunta produce effetti analoghi
alla morte, sia sul piano patrimoniale, sia sul piano personale. Così, si apre
definitivamente la successione, e si stabilizzano gli effetti già temporaneamente
prodottisi in capo agli eredi, ai terzi e ai debitori:
chi è già stato immesso nel possesso temporaneo dei beni potrà disporne liberamente,
i debitori saranno liberati definitivamente liberati dalle obbligazioni, e il coniuge sarà
libero di contrarre un nuovo matrimonio.
Nel caso in cui, il dichiarato morto, dovesse ritornare, o se ne è provata l'esistenza,
avrà diritto ad essere pienamente reintegrato nella situazione precedente alla
dichiarazione di morte presunta.
Dal punto di vista patrimoniale, egli potrà recuperare i beni nello stato in cui si
trovano, e conseguire il prezzo per quelli già venduti. Avrà inoltre diritto di pretendere
l'adempimento delle obbligazioni che erano state considerate ormai estinte.
Dal punto di vista personale riacquisterà la sua posizione di coniuge, ed il nuovo
matrimonio contratto dall'altro coniuge sarà dichiarato nullo.
domicilio, residenza e dimora
I luoghi:
L’ordinamento prevede una disciplina anche per i luoghi ove la persona vive e svolge
le proprie attività.
1. Il domicilio generale è il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei
suoi affari ed interessi, a differenza del domicilio speciale usato per lo
svolgimento di determinate attività, solo dopo aver compiuto una apposita
dichiarazione scritta.
2. Il domicilio legale è quello del minore, fissato nel luogo di residenza di famiglia.
3. La residenza è una situazione di fatto che indica il luogo in cui la persona ha
fissato la propria dimora abituale. Essa risulta all’iscrizione in un pubblico registro
anagrafico e normalmente coincide con il domicilio.
4. La dimora invece, indica il luogo in cui la persona ha fissato momentaneamente la
propria residenza (ad esempio la casa dei fuorisede).
La capacità di agire:
Abbiamo visto che, la capacità giuridica, attribuisce alla persona fisica la qualità di
soggetto di diritto, conferendole la capacità di essere titolare di diritti e doveri.
Tuttavia, gli effetti giuridici si manifestano solo quando si verificano determinate
situazioni previste dall'ordinamento giuridico.
Queste situazioni possono essere realizzate sia automaticamente, senza alcun
contributo umano diretto, sia richiedendo un'intenzione e una consapevolezza
specifiche, a seconda che si tratti di atti giuridici o negozi giuridici.
Nei negozi giuridici, in particolare, è essenziale una piena consapevolezza del
significato e del valore socioeconomico dell'atto. È per questo motivo che il legislatore,
per la validità della stipulazione di un negozio giuridico, richiede la capacità d'agire,
intesa come la capacità astratta di compiere atti giuridici i cui effetti impattano sulla
sfera patrimoniale dell'individuo.
In generale, nel contesto della rappresentanza legale, si verifica una separazione tra
chi compie l'atto e chi ne subisce gli effetti, in questi casi, la capacità d'agire non è
richiesta per la validità del negozio, poiché chi compie l'atto agisce in nome e per
conto di un'altra persona.
La capacità d'agire, analogamente alla capacità giuridica, rappresenta un concetto
astratto che indica la capacità di un individuo di compiere atti giuridici. In altre parole,
tutti coloro che hanno raggiunto la maggiore età sono considerati capaci di agire, ma
per eseguire specifici atti è necessario essere legittimati.
La legittimazione è alla capacità d'agire ciò che la titolarità è alla capacità
giuridica: entrambe presuppongono il verificarsi di una situazione concreta, che va
oltre la nascita e il raggiungimento della maggiore età, e che si traduce
nell'imputazione di un effetto giuridico (titolarità) sul quale il soggetto può disporre
liberamente (legittimazione).
La capacità d'agire si acquisisce con il raggiungimento della maggiore età,
attualmente stabilita a 18 anni. Questa scelta deriva dalla necessità di individuare un
momento standard a partire dal quale si presume, secondo un giudizio sociale tipico,
che l'individuo sia in grado di prendersi cura autonomamente dei propri interessi.
Una volta raggiunta la maggiore età, un individuo può compiere tutti gli atti per i quali
non è richiesta un'età superiore come, ad esempio, nel caso dell'adozione ordinaria,
dove è necessario che l’adottante abbia compiuto il trentacinquesimo anno di età.
Talvolta, viceversa, con riferimento ad alcuni specifici atti, l'ordinamento si accontenta
di un’età inferiore ai 18: ad esempio, un sedicenne può riconoscere un figlio nato fuori
dal matrimonio, mentre un quindicenne può lavorare anche se non può stipulare un
contratto di lavoro, in cui sarà rappresentato dai genitori.
Il minore di età, ovviamente privo della capacità d'agire, è in uno stato di incapacità
legale che rende invalidi gli atti compiuti da lui. In questo caso, nel compimento degli
atti giuridici, viene rappresentato dai genitori o da un tutore, a seconda delle
circostanze.
Anche i minori di età possono compiere nella vita quotidiana numerosi atti giuridici (ad
esempio un qualsiasi tipo di acquisto), questo avviene di solito in virtù di una finzione
secondo cui agiscono come rappresentanti volontari dei genitori, d’altra parte come
abbiamo visto la capacità richiesta nella rappresentanza volontaria è solo la capacità
di intendere e di volere.
Un minore emancipato, cioè un minorenne che ha contratto matrimonio, acquisisce
inoltre la capacità di compiere atti di ordinaria amministrazione e di esercitare
un'attività commerciale. Mentre per gli atti di straordinaria amministrazione è
necessaria l'assistenza di un curatore e l'autorizzazione del giudice tutelare. In caso di
rifiuto del