CAP.4 «PERÌ DI NOI GRAN PARTE». IL SILENZIO DELL’EDITORE E
LA PIANTUMAZIONE DEGLI EDIFICI
Un importante collaboratore di Einaudi è Paolo Terni .
Egli arrivò a Dogliani ad occuparsi del progetto di Giulio Einaudi quasi per caso, dopo aver letto un annuncio
della casa editrice in cerca di collaboratori per un progetto dedicato alla pubblica lettura che, evidentemente,
includeva anche la realizzazione della biblioteca di Dogliani.
Paolo Terni fu scelto per una esperienza che aveva maturato negli anni precedenti
Tra il 1958 e il 1962 infatti, Terni aveva lavorato al cosiddetto ‘Progetto Sardegna’, una azione condotta da
un ente internazionale, l’OECE (Organizzazione europea di cooperazione economica) – poi OCSE
(Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) – in collaborazione con il Governo
Italiano, la Cassa per il Mezzogiorno e la Regione Autonoma della Sardegna, «allo scopo di mettere a punto
tecniche di intervento utili e nuove nel campo dello sviluppo delle regioni sottosviluppate».
Il progetto era nato con l’intento di ricercare, sviluppare e incoraggiare i metodi più appropriati e più razionali
in vista dell’incremento della produttività nelle imprese appartenenti a tutti i settori dell’attività economica
Perché la Sardegna ?
Una sezione speciale dell’AEP fu istituita per applicare il progetto anche ai paesi non ancora in economia
di sussistenza, ove esistessero cioè zone depresse. La Sardegna, per le sue caratteristiche fisiche e
ambientali, «per i fattori umani», sembrò essere particolarmente rappresentativa di questo tipo di realtà.
Nell’Italia di quegli anni, va ricordato, le zone depresse esistevano un po’ ovunque, non appena si usciva
dalle città nelle zone rurali: tanto in Sardegna come in Piemonte e Lombardia.
Alla base del progetto c’era l’idea che:
Lo sviluppo economico di una regione non dipende solo da investimenti infrastrutturali ma in
eguale misura dagli ‘investimenti umani’:
- le infrastrutture risulteranno più grandiose che utili.
- Il problema ‘sociale’ era connesso con la scarsa integrazione dei singoli nella comunità.
Centrale per i cosiddetti ‘investimenti umani’ era la figura degli animatori locali, ovvero studenti e insegnanti
in maggioranza giovani che, conoscendo bene la realtà locale e, condividendo il punto di vista della
popolazione
È fondamentale applicare un ‘approccio globale’ che faccia progredire
parallelamente tutti i fattori di sviluppo.
I servizi forniti possono essere considerati di tre tipi:
- servizi ‘propriamente tecnici’ la cui azione contribuisce soprattutto a modi care situazioni di ordine
economico (divulgazione agricola, piccola industria e artigianato);
- servizi ‘a carattere sociale’ la cui azione tende ad evolvere prioritariamente la condizione umana
(educazione degli adulti);
- servizi a ‘servizio degli altri settori’ (amministrazione generale,documentazione ecc.).
Lo sviluppo di una regione non può essere imposto dall’esterno o dall’alto,
deve essere voluto fortemente dalle popolazioni interessate. Si sarebbero
potuti occupare della formazione degli adulti e a loro volta dovevano essere formati
Quantitativamente nel 1960 la rete delle ‘attrezzature culturali’ nella zona del Progetto Sardegna, ovvero nei
41 comuni interessati, si presentava assai fragile:
- una dotazione di libri del tutto insufficiente e completamente slegata dagli interessi dei potenziali utenti;
- la ristrettezza degli orari di apertura, più in linea con le esigenze di chi gestiva le biblioteche che del
pubblico potenzialmente interessato;
- un atteggiamento dei bibliotecari votato più a difendere il tesoro (i libri) che non a valorizzarlo.
Fortunatamente alla fine il progetto prese piede e
- Le amministrazioni comunali misero a disposizione i locali,
- la Soprintendenza bibliografica per la Sardegna istituì i posti di prestito di libri,
- i ‘centri di lettura’ furono trasferiti dalla scuola a questi locali per ampliare il più possibile la
partecipazione.
I centri istituiti sono stati la «promessa di un’occasione di cultura» rivolta a tutti e non ad un gruppo
particolare (perché più bisognoso) .Così la biblioteca sarebbe diventata luogo di incontro e punto di
riferimento per la vita della comunità.
Per l’attuazione di questo proposito la figura chiave era quella del ‘bibliotecario/ animatore culturale
locale’ che a questo scopo doveva essere formato attraverso corsi dedicati
A Terni l’Editore chiederà di seguire, la realizzazione della biblioteca a Dogliani e della Guida alla
formazione di una biblioteca pubblica e privata
che da essa derivò, nelle due edizioni del 1969 e del 1981
—> 1969 nasce La Guida, partiva dal catalogo di Dogliani e poi si era progressivamente staccata e resa
autonoma “Era un abbozzo in eterno rifacimento”.
Mentore e guida alla realizzazione della Guida Einaudi è Delio Cantimori a cui era stato chiesto di scrivere
quelle che avrebbero dovuto essere le introduzioni alle sezioni della Guida e che poi divenne una
introduzione generale.
Egli morì il 13 settembre 1966, dopo essere caduto dalla scaletta della sua biblioteca e della Guida non vide
la pubblicazione.
La Guida raccolse molti consensi ma anche numerose critiche.
- eccessiva caratterizzazione ideologica
- faziosità
- arbitrarietà, preferenze personali,
- mancanza di equilibrio,
- gusto discutibile,
- illuminismo e paternalismo.
Il clima era sempre più vivace: il dibattito in campo sociale e culturale era molto intenso, le prime formazioni
di movimenti studenteschi e operai rendevano i movimenti giovanili centrali anche negli indirizzi di politica
editoriale.
La legge Codignola – la n. 910 approvata l’11 dicembre del 1969 – sulla scia della lunga ondata di
rivendicazioni dei movimenti studenteschi del ‘68, apriva le porte delle università a tutti gli studenti, senza
distinzione tra le tipologie di diploma.
L’editoria alla fine degli anni Sessanta si trovava a dover tradurre questi fermenti attraverso l’offerta di una
proposta diretta ad un pubblico che per militanza politica o per bisogno culturale si mostrava fortemente
motivato nei confronti del libro.
Giovani che nei libri riponevano aspettative, che volevano informarsi e che «non cercavano soltanto slogan,
propaganda o opuscoli e meri».
Gli i anni ’70 sono stati, dunque, solo in parte la continuazione del ’68: questi, per fattori generazionali e
socio-economici, hanno inciso profondamente mostrando da parte dei giovani un grande impegno civile e
politico insieme ad un fermento culturale che per la prima volta coinvolgeva le masse scolarizzate
la assoluta novità che la Guida Einaudi rappresentò allora nel panorama italiano. Non c’era stata in quegli
anni nessuna altra opera animata dai medesimi obiettivi, fatto che ne spiega anche il grande successo
commerciale. Ce ne saranno invece altre in seguito, soprattutto negli anni Settanta: il numero di biblioteche,
come si è visto, stava crescendo e si sentiva l’esigenza di una traccia per lo sviluppo delle raccolte delle
biblioteche pubbliche.
Il progetto architettonicoo di Zervi non viene replicato ma il progetto culturale di Dogliani si
Il prestigio di Zevi e l’incisività del suo progetto negli anni Sessanta hanno catalizzato così tanto l’attenzione
che se si è parlato di fallimento del modello si deve principalmente alla non replica del progetto
architettonico, non certamente a quella del progetto culturale che, invece, è stato replicato in varie
forme. Forme diverse, certo, perché plasmate dall’uso, dalle neces- sità e dai contesti, come sempre deve
accadere nel caso delle biblioteche.
La prima esperienza da esplorare è il progetto dei Centri di Servizi Culturali (CSC) per il Mezzogiorno
attuato dal Formez tra il 1968 e il 1972. I Centri di Servizi Culturali’ avevano per obiettivo la promozione e
l’animazione culturale, in raccordo con istituzioni pubbliche e società civili locali.
CSN andava a sostituire la primitiva denominazione di ‘centri comunitari’ per indicare l’intenzione di
distinguere l’azione del Formez da tutti gli interventi pubblici (o sostenuti con fondi pubblici) realizzati nel
Mezzogiorno fino a quel momento .
Oltre ai libri e ad una importante dotazione musicale con annessa sala ascolto per la musica, le biblioteche
dei CSC erano dotate di materiali di supporto come ad esempio le prime telecamere mobili utili per
documentare la memoria orale espressa nei vari settori della vita sociale e politica, macchine per scrivere,
ciclostile, televisore, lavagna luminosa ecc.I CSC aperti in orari non scolastici avrebbero permesso agli
studenti di conoscere tecnologie didattiche alternative.
Modello ispiratore fu quello rappresentato dalla biblioteca di Dogliani .Le biblioteche dei CSC erano pensate
come luoghi di incontri e dibattiti, fucine di iniziative, conferenze, presentazioni di libri e tavole rotonde sui
problemi della contemporaneità.
Anche rispetto al fondo librario il riferimento fu Dogliani, e in particolare la Guida Einaudi.
Venne indetta dalla Cassa per il Mezzogiorno una gara pubblica per la progettazione delle sedi dei
CSC. Furono presentati solo 3 progetti che inizialmente, rispondendo ai criteri del bando, erano progetti
prefabbricati.
Come anticipato, la biblioteca di Dogliani faceva scuola ma le sue dimensioni mal si adattavano ai CSC: il
progetto di Zevi sembrava poter funzionare in un paese di 4.000 abitanti ma non altrove.
Alla fine vinse il progetto dell’architetto Paolo Portoghesi:
la sede architettonica era di tipo circolare, a cerchi concentrici che avrebbe potuto consentire una
espansione degli spazi, con una cavea sul terrazzo
Il Formez e la Cassa per il Mezzogiorno dovevano costruire biblioteche in comuni che ormai arrivavano a 30
mila abitanti e li stavano superando. In seguito a questa gara la Cassa del Mezzogiorno costruì circa 30 sedi
di servizi culturali.
I CSC negli anni crebbero di numero, se ne aggiunsero altri in comuni medio grandi e soprattutto nelle città
di Taranto e Napoli, fino ad arrivare a 90
La storia dei CSC finisce con il decreto del Ministro Paolo Emilio Taviani del dicembre 1972, quando
le biblioteche ‘con gli annessi CSC’ furono trasferiti alle Regioni in attuazione del dettato costituzionale. Le
Regioni, dunque, subentrarono agli enti gestori che avevano assicurato il servizio no a quel momento e molti
degli operatori furono inquadrati negli uffici regionali. Terminava così il programma del Formez. Molti centri
vennero chiusi, altri furono riaperti dopo molte trave
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