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PARITÀ DI TRATTAMENTO E CONTRASTO ALLE DISCRIMINAZIONI SUI LUOGHI DI LAVORO

Il divieto di discriminazione nel rapporto di lavoro

L’Art. 3 della nostra Costituzione dice che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge.

Si tratta di un principio che, stante il suo carattere fondamentale, ha trovato decisivo sviluppo anche in molte fonti di diritto internazionale e specialmente nell’ordinamento dell’Unione europea.

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabilisce che nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. (Art. 10)

Il nostro ordinamento contiene numerose norme dirette a vietare e reprimere gli atti di discriminazione nei rapporti interpersonali.

La discriminazione si intende un'ingiustificata disparità di trattamento tra gli individui dovuta a determinati fattori individuati dal legislatore. La discriminazione può essere sia "diretta" sia "indiretta" e in alcuni casi può essere anche "multipla" se comprende più fattori di discriminazione.

Il divieto di discriminare, imposto dalla legge, non equivale all'obbligo generale di equo trattamento. Questo ultimo è infatti tutelato dall'Art. 97 Cost. che esplicita il principio di imparzialità e buon andamento.

L'Art. 8 della Statuto dei lavoratori vieta al datore di lavoro di effettuare indagini sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.

L'Art. 15 sancisce la nullità di qualsiasi patto o atto diretto a:

  1. Subordinare l'occupazione di un

Lavoratore alla condizione che aderisca non aderisca a un'associazione sindacale.

Licenziare un lavoratore a causa della sua affiliazione sindacale.

Le medesime disposizioni si applicano in caso di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o di orientamento sessuale.

L'Art. 16 estende il divieto alla concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio.

Nel diritto del lavoro il principio di non discriminazione rappresenta un limite di carattere generale all'esercizio dei poteri imprenditoriali.

Il sesso e l'età sono rilevanti l'esigenza di assicurare una speciale protezione a donne e minori a salvaguardia della loro dignità psicofisica e non solo.

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale.

funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. (Art. 37 Cost.)

Per quanto attiene al lavoro minorile, la Legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.

La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. (Art. 37 Cost.)

La disciplina del lavoro dei minori

Nell'Italia post-unitaria il problema dello sfruttamento del lavoro minorile era già avvertito.

L'attuale disciplina (d.lgs. 262/2000) distingue i minori, in bambini, che non hanno ancora compiuto i 15 anni di età o che sono ancora soggetti ad obbligo scolastico e, in adolescenti, cioè i minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni.

Il principio generale è che i bambini non possono essere adibiti al lavoro, mentre l'occupazione degli adolescenti non può avvenire in condizioni di impiego che risultino particolarmente

gravose o pericolose. I minori possono essere ammessi al lavoro solo se riconosciuti idonei a seguito di visita medica effettuata. La Legge stabilisce che i minori non possano essere adibiti a ogni lavoro.

In materia di orario di lavoro, per i bambini liberi da obblighi scolastici non può superare le 7h giornaliere e le 35h settimanali. Il lavoro non può protrarsi più di 4h senza una pausa. Ai minori deve essere inoltre garantito un periodo di riposo di almeno due giorni la settimana. È prevista poi l'adozione di specifiche modalità per la valutazione dei rischi lavorativi che prende in considerazione fattori specifici come, ad esempio, lo sviluppo non ancora completato.

Il lavoro femminile

Nel periodo corporativo l'impiego delle donne nei lavori sotterranei, nonché nel lavoro notturno nelle aziende industriali, era vietato. Questo approccio protezionistico ha finito per ridurre la presenza delle donne sul mercato del lavoro. Dopo l'entrata

In vigore della Costituzione repubblicana, la materia è stata disciplinata dal d.lgs. 198/2006. Tale decreto ha a oggetto l'adozione di misure volte a eliminare ogni discriminazione basata sul sesso. La parità di trattamento e di opportunità, tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione.

L'Art. 35, c.c. sancisce la nullità:

  1. Delle c.d. clausole di nubilato.
  2. Dei licenziamenti per matrimonio.
  3. Dimissioni della lavoratrice nel periodo sopra citato.

La colpa grave della lavoratrice costituisce giusta causa di licenziamento.

Art. 26 c.c. tutela la discriminazione di genere e in particolare le molestie sessuali.

Il codice della pari opportunità applica anche "azioni positive per le donne" che mirano a favorire l'occupazione femminile incidendo sulle situazioni di svantaggio.

L'attuazione delle azioni positive è affidata anche ad

appositi soggetti istituzionali. La discriminazione per ragioni di razza e origine etnica è stata specificatamente regolata dal d.lgs. 215/2003. La discriminazione a causa della razza o dell'origine etnica deve essere tutelata nei seguenti ambiti:
  1. Accesso all'occupazione e al lavoro.
  2. Accesso a orientamento e formazione al lavoro.
  3. Condizioni di lavoro e avanzamenti di carriera.
  4. Affiliazione e attività nelle organizzazioni dei lavoratori.
  5. Assistenza sanitaria.
  6. Protezione sociale, inclusa la sicurezza sociale.

CAPITOLO 20

LE GARANZIE DEI DIRITTI DEL LAVORATORE

La disciplina delle rinunce e delle transazioni

L'Art. 2213 c.c. dice che le rinunce e le transazioni del lavoratore su diritti previsti da norme inderogabili di legge e di contratto collettivo non sono valide. L'impugnazione deve avvenire in forma scritta e portato a conoscenza del datore di lavoro.

L'art 2113 riconosce come validamente poste soltanto le rinunce e le

Transazioni che avvengano con determinate garanzie di assistenza del lavoratore, affinché sia a conoscenza della reale portata della sua decisione. Sono così valide le rinunce o le transazioni intervenute:

  1. Davanti al giudice, nel corso di una controversia di lavoro.
  2. Avanti alla Com.ne di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro.
  3. Nell'ambito delle procedure sindacali previste in sede di contr. collettiva.
  4. Nell'ambito della procedura di conciliazione e arbitrio irrituale.

L'Art. 11 del d.lgs. 124/2004 prevede che, qualora durante una visita dell'ispettore del lavoro, venga rilevato il mancato riconoscimento di un diritto, il funzionario può avviare d'ufficio il tentativo di conciliazione al quale, se conclusi positivamente, si applica l'Art. 2113 c.c.

La prescrizione e la decadenza

Il mancato esercizio di un diritto per un lungo periodo di tempo comporta la perdita dello stesso (prescrizione), mentre il mancato

Compimento di un atto entro un periodo di tempo predeterminato, di solito abbastanza breve, impedisce la possibilità di porlo in essere (decadenza). La prescrizione estintiva può essere sia ordinaria che breve. La prescrizione ordinaria decennale trova applicazione con riferimento: al risarcimento del danno per totale o parziale omissione contributiva; al risarcimento del danno contrattuale come nel caso di dequalificazione professionale; al diritto della qualifica superiore. La prescrizione breve di 5 anni opera con riferimento alle retribuzioni periodiche quali salari e stipendi, mensilità aggiuntive, gratifiche e indennità ecc... La regola generale contenuta nell'Art. 2935 c.c. stabilisce che la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, il che significa che inizia a decorrere anche in costanza del rapporto di lavoro. La prescrizione può essere interrotta con un atto con il quale si manifesta la rivendicazione.

del diritto e da tale momento inizia nuovamente a decorrere. Diverso dall'istituto dell'interruzione è il caso della sospensione, la quale opera quando il titolare del diritto non è nella possibilità di rivendicarlo come ad esempio nel caso in cui sia incapace di intendere intendere di volere. In tal caso il decorso della prescrizione inizierà nuovamente a decorrere dal venir meno dell'impedimento. Privilegi e garanzie a tutela dei crediti di lavoro La legge pone delle tutele a garanzia dell'effettivo godimento del diritto già entrato nella sfera del lavoratore. Una disciplina particolare riguarda la prelazione accordata dalla legge in considerazione della natura del credito. Dall'Art 2751 c.c. la retribuzione, le indennità e il risarcimento del danno sono assistiti da un privilegio generale, che si esercita su tutti i beni mobili del debitore. Queste somme possono essere pignorate solo parzialmente. Il fondo di garanzia presso.

L'INPS, secondo la legge 297/1982, stabilisce che se il datore di lavoro è un imprenditore commerciale soggetto alle disposizioni di legge fallimentare, il lavoratore deve dimostrare la cessazione del rapporto di lavoro e lo stato di insolvenza del debitore per ottenere il TFR.

In caso di non fallimento, il lavoratore deve dimostrare che mancano le garanzie patrimoniali del debitore.

Il Fondo di garanzia si fa carico di pagare al lavoratore anche le ultime 3 retribuzioni del rapporto di lavoro non percepite. Su tale fondo vanno conteggiati gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dal giorno della maturazione fino all'effettivo pagamento.

La tutela del credito: rivalutazione e calcolo degli interessi legali

Secondo la disciplina lavoristica (Art. 429 c.p.c.) il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre agli interessi nella misura legale, il maggior danno.

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
82 pagine
18 download
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rebb21 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Introduzione al diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Politecnica delle Marche - Ancona o del prof Di Stasi Antonio.