Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL RUBINETTO: STORIA DI UN CASO DIFFICILE
La standardizzazione è davvero il principio fondamentale dei casi disperati: quando nessun’altra soluzione sembra
possibile, limitarsi a progettare tutto allo stesso modo, cosicché gli utenti debbano impararlo una volta sola. Gli standard
devono rispecchiare il modello concettuale, non la realtà fisico-spaziale. Gli standard semplificano la vita a tutti, e nello
stesso tempo tendono a ostacolare lo sviluppo.
USARE I SUONI COME SIGNIFICANTI
A volte è impossibile rendere visibile tutto quello che vorrebbe, ed è qui che entra in gioco il suono. Non parliamo di
suoni naturali, non trasmettono un’informazione implicita. Ma quando è usato opportunamente, un clic o un bip può
confermarci che abbiamo premuto un tasto. Questi rumori sono fastidiosi, ma istruttivi. Si dovrebbero predisporre
segnali sonori tali da informarci sulla loro fonte. Quei suoni riflettono l’interazione complessa di oggetti naturali.
Ma il suono ha degli inconvenienti: oltre che aiutare, può distrarre e infastidire. Uno dei pregi del suono è che si nota
anche quando l’attenzione è rivolta altrove. Ma tale vantaggio è pure un difetto, perché il suono spesso è invadente.
Assenza di rumore può significare assenza d’informazione e, se il feedback di una certa azione ce lo aspettiamo per via
uditiva, il silenzio può essere un guaio.
Scheuomorfismo: è il termine tecnico per indicare l’incorporazione nelle nuove tecnologie di vecchie forme familiari,
anche se non hanno più un ruolo funzionale. Un modo per vincere la paura del nuovo è farlo somigliare al vecchio, ha
così il vantaggio di facilitare la transizione dal vecchio al nuovo.
5- ERRORE UMANO? NO, CATTIVA PROGETTAZIONE
La maggior parte degli incidenti industriali è causata da errore umano: le stime si aggirano fra il 75-95%. Il problema è
nella progettazione. Quando scopriamo che un dispositivo elettronico funziona male perché è sensibile all’inevitabile
rumore elettrico, riprogettiamo i circuiti per schermarli meglio. Ma quando si pensa che un incidente sia stato causato
dalle persone, siamo la colpa a loro e continuiamo a fare come si è sempre fatto. Dovremmo invece trattare tutti i tipi di
guasto allo stesso modo.
CAPIRE PERCHÉ NASCE L’ERRORE
Gli errori avvengono per molteplici ragioni. La più comune è che le procedure richiedono comportamenti innaturali
(restare attenti e svegli per molte ore). La causa maggiore è l’atteggiamento della gente verso gli errori: o vengono
puniti, o si ha un atteggiamento più morbido. Ma tutto questo non risolve il problema: lo stesso errore continuerà a
presentarsi. Viceversa, quando accade un errore dovremmo capirlo il perché e poi ridisegnare il prodotto o le procedure
in modo che non si ripeta o, se dovesse ripetersi, che i danni siano ridotti al minimo.
Il Root Case Analysis, ovvero l’analisi delle cause profonde, prevede l’indagine sull’incidente finché non si trova la
singola causa che è nell’origine. Cos’ha indotto in errore? Questo metodo, però, ha due difetti: primo, la maggior parte
degli incidenti non ha una sola causa, di solito cono molte le cose che non sono andate come dovevano, un concorso di
eventi tale che per evitare l’incidente sarebbe bastato che non ne accadesse uno soltanto (James Reason, modello
gruviera degli incidenti).
Perché l’analisi delle cause profonde si ferma non appena trovato un errore umano? Quando l’analisi delle cause
profonde incontra nella concatenazione di cause ed effetti un errore umano, il lavoro è appena cominciato: a quel punto
applichiamo l’analisi per capire perché l’errore è accaduto e cosa si può fare per prevenirlo.
L’analisi delle cause profonde mira a determinare la causa prima di un evento, non la causa immediata. Sakichi Toyoda
ha ideato la procedura dei 5 Perché. Quando si cerca la ragione di un evento non ci si ferma dopo averne trovata una,
ma ci si continua a domandare il perché, fino a che non si trovano le vere cause di fondo (il 5 è indicativo). Questo
metodo, però, non garantisce il successo: la domanda “perché?” è di per se ambigua e può portare a risposte diverse da
parte di diversi investigatori. Questo tipo di domanda tende anche a produrre risposte singole, mentre nella maggior
parte degli eventi complessi intervengono fattori molteplici.
Un grosso problema è che la tendenza naturale a incolpare qualcuno di un errore è condivisa anche da chi lo commette,
che spesso si accusa di negligenza. La gente tende ad addossarsi la colpa quando fa qualcosa che, ripensandoci, sembra
inescusabile. Quando tante persone hanno lo stesso problema, non si dovrebbe trovare un’altra causa? Se il sistema ci
lascia sbagliare, è mal progettato. Se poi ci induce a sbagliare, è progettato malissimo.
È impossibile risolvere i problemi finché non si ammette che esistono. Perché sbagliamo? Perché il design si concentra
sulle esigenze del sistema e delle macchine, non sulle nostre. Gli umani sono esseri creativi, curiosi, costruttivi,
particolarmente bravi nel creare modi nuovi di fare le cose, nel cogliere nuove opportunità. Compiti monotoni, ripetitivi,
previsi contraddicono tali qualità. Siamo vigili di fronte ai cambiamenti ambientali, pronti a notare le novità, a riflettere
sulle loro implicazioni. Tutte queste sono virtù, ma sono trasformate in elementi negativi quando siamo posti al servizio
delle macchine. Altra causa importante d’errore è la fretta. In molte industrie, se gli addetti rispettassero davvero tutte
le procedure prescritte, la produzione ne risentirebbe.
Per lo più ce la caviamo, e i nostri sforzi possono anche guadagnarci lodi e ricompense, ma quando le cose vanno male
e abbiamo un incidente di percorso, allora quello stesso comportamento è condannato e punito.
VIOLAZIONI DELIBERATE
Si hanno violazioni sistematiche quando il mancato rispetto delle norme è talmente frequente che nessuno ci fa caso.
L’irrazionalità di norme e procedure che non solo permettono, ma incoraggiano le trasgressioni. Quel che è peggio è che
i buoni risultati ottenuti violando le regole possono procurare lodi e ricompense, cosa che ovviamente la trasgressione.
Fornisce cattivi modelli di ruolo. Questo tipo di errori sono delle organizzazioni e della società, non c’entrano con il
tema.
DUE TIPI DI ERRORI: LAPSUS ED ERRORI COGNITIVI
Donald Norman e James Reason hanno sviluppato una classificazione generale
dell’errore umano. Questo è suddiviso in due categorie principali: lapsus ed errori
cognitivi.
Errore umano: è ogni deviazione del comportamento “appropriato”. Questo termine è
tra virgolette perché in molte circostanze si scopre quale sia il comportamento giusto
solo a cose fatte. Ma in ogni caso si chiama “errore” ogni comportamento che si
discosti da quello generalmente considerato accettato come giusto o adeguato.
Lapsus: si ha un lapsus quando si intende eseguire un’azione e si finisce per fare
qualcos’altro. Questi sono di due tipi: d’azione (quando si esegue un’azione sbagliata)
e di memoria (si dimentica di eseguire l’azione o di valutarne i risultati). Entrambi i
tipi si possono poi ulteriormente classificare in base alle loro cause.
Errori cognitivi: quando è sbagliato lo scopo o il piano d’azione, da quel momento in
poi le azioni, anche se sono eseguite a puntino, fanno parte dell’errore essendo di per sé inappropriate, in quanto parte
di un progetto sbagliato. In questo tipo di errore l’azione corrisponde all’intenzione: è l’intenzione che è sbagliata.
Gli errori cognitivi si suddividono in tre tipi:
- Regola sbagliata
- Conoscenza sbagliata
- Dimenticanza
Gli errori si possono inquadrare in riferimento ai sette stadi del ciclo d’azione. Gli errori cognitivi avvengono nella
definizione dell’obiettivo o del piano d’azione e nel raffronto dei risultati alle aspettative, cioè ai livelli cognitivi più
alti. I lapsus accadono nell’esecuzione del piano o nella percezione e interpretazione del risultato, cioè ai livelli inferiori.
Le dimenticanze possono capitare a ognuna delle transizioni da uno stazio all’alto (X): la dimenticanza in una qualunque
di questa transizione interrompe il ciclo dell’azione, impedendo di completare l’azione voluta.
I lapsus avvengono quando un’azione subconscia viene per qualche ragione intercettata a mezza strada. Gli errori
cognitivi nascono da decisioni consapevoli. Gli stessi processi che ci rendono creativi e intuitivi, permettendoci di
cogliere rapporti fra cose apparentemente sconnesse, che ci lasciano saltare a conclusioni giuste in base a dati parziali o
addirittura difettosi, ci conducono anche all’errore.
La capacità di generalizzare a partire da informazioni scarse è utilissima nelle situazioni nuove, ma a volte si generalizza
troppo alla svelta, classificando una situazione nuova come simile a una vecchia, quando in realtà ci sono discrepanze
significative. Le generalizzazioni sbagliate sono difficili da scoprire, tanto più da eliminare.
CLASSIFICAZIONE DEI LAPSUS
La maggior parte degli errori di ogni giorno sono lapsus: si vuol fare una cosa e ci si trova a farne un’altra. Freud parlava
di psicologia della vita quotidiana. Capitano più spesso agli esperti che ai principianti, perché? Dipendono dalla
disattenzione e gli esperti tendono a eseguire i compiti in maniera automatica, affidandosi al controllo subconscio,
mentre un principiante è costretto a fare molta attenzione, cosicché incorre meno nei lapsus. Alcuni lapsus dipendono
dalle somiglianze tra le azioni. Si possono classificare in base al meccanismo che li origina, i tre più importanti per il
design sono:
Lapsus di cattura: la situazione in cui al posto dell’attività voluta se ne esegue un’altra, più frequente o eseguita poco
prima, che la cattura. Questo tipo di errore richiede che le sequenze di azioni implicate nelle due attività, una più
familiare dell’altra, siano in parte identiche: una volta completata la parte uguale, si continua con quella più recente o
più nota, senza portare a termine l’attività che si aveva in mente. Raramente, o forse mai, avviene il contrario, cioè che
la sequenza meno familiare catturi l’altra. Condizione necessaria per questo tipo di lapsus è una disattenzione nel punto
critico in cui la sequenza identica si sdoppia in due attività diverse. Sono errori per dimenticanza parziale. Capita più
agli esperti. In sede progettuale bisogna evitare le procedure che hanno passaggi di ap