Le condizioni di cumulatività riflettono le probabilità di innovare anche in futuro dato il livello innovativo esistente.
Più semplicemente, possiamo dire che è probabile che un alto livello di cumulatività faccia sì che le imprese
innovative continuino, rispetto a quelle non innovative, a innovare anche in futuro, lungo percorsi e traiettorie
specifici. La cumulatività può variare a seconda della conoscenza, dei fattori organizzativi o di quelli di mercato del
tipo “successo produce altro successo”. Le proprietà della conoscenza si riferiscono alla natura della conoscenza alla
base dell’attività innovativa di un’impresa. Le conoscenze tecnologiche hanno gradi diversi di specificità, di natura
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tacita, di complementarità e di indipendenza, e possono variare di molto a seconda del settore e delle tecnologie. Le
differenze di regime tecnologico influenzano l’organizzazione dell’attività innovativa a livello di settore del tipo
“Schumpeter Mark I” e “Mark II”:
Grandi opportunità tecnologiche, bassa appropriabilità e condizioni di bassa cumulatività (a livello di
impresa) portano a un modello tipo “Schumpeter Mark I”;
Al contrario, un livello di appropriabilità alto e condizioni di alta cumulatività (a livello di impresa) portano a
un modello tipo “Schumpeter Mark II”.
I regimi tecnologici e i modelli schumpeteriani di innovazione cambiano nel tempo. Secondo il ciclo di vita di un
settore, un modello di attività innovative tipo “Schumpeter Mark I” potrebbe trasformarsi in uno “Schumpeter Mark
II”. Inizialmente, nella storia di un settore – quando le conoscenze cambiano molto rapidamente, il livello di
incertezza è alto e le barriere all’entrata ridotte – le nuove imprese sono i principali innovatori e gli elementi chiave
nella dinamica industriale. Quando il settore si sviluppa e matura, e il cambiamento tecnologico segue un percorso ben
definito, diventano importanti le economie di scala, le curve di apprendimento, le barriere all’entrata e le risorse
finanziarie. È così che grandi imprese e monopoli primeggiano nel processo di innovazione. In presenza di grosse
discontinuità nella conoscenza, sia tecnologica che di mercato, un modello di attività innovativa tipo “Schumpeter
Mark II” potrebbe essere rimpiazzato da uno “Schumpeter Mark I”. In questo caso una struttura piuttosto stabile
caratterizzata da imprese dominanti con potere monopolistico viene rimpiazzata da una più articolata, che vede nuove
imprese utilizzare nuove tecnologie, o concentrarsi su una nuova domanda. Queste analisi dedicano molta attenzione
alle differenze tra settori per quanto riguarda le conoscenze e i regimi di apprendimento. Come suggeriscono gli
esempi citati in precedenza, i cambiamenti nell’innovazione sono anche frutto di cambiamenti istituzionali e della
coevoluzione di settori e istituzioni. Altre distinzioni riguardano i settori fornitori netti di tecnologia e quelli
utilizzatori netti di tecnologia. Sulla base della R&S di 400 imprese statunitensi e dei flussi intersettoriali
nell’economia americana, Scherer ha individuato settori che sono fonti di R&S per gli altri settori (come quello dei
computer e dei beni strumentali), e settori che sono utilizzatori di tecnologie (come quello tessile e metallurgico).
Un’analisi di questo tipo è stata condotta da Robson e colleghi (1988), basandosi su 4.378 innovazioni realizzate nel
Regno Unito tra il 1945 e il 1983. Essi hanno individuato:
settori centrali (come quelli dell’elettronica, della meccanica strumentale, della strumentazione e della
chimica), che danno vita alla maggior parte delle innovazioni nell’economia e sono fonti nette di tecnologia;
settori secondari (come quello dell’auto e quello metallurgico) in termini di fonti di innovazione per
l’economia;
settori di utilizzatori, come quello dei servizi, che generalmente assorbono tecnologia.
La tassonomia di Pavitt
Una differenza fondamentale tra settori è quella che riguarda le fonti e i meccanismi di appropriabilità
dell’innovazione. Pavitt (1984) ha proposto quattro modelli settoriali per le attività innovative:
i. Nei settori dominati dai fornitori (per esempio quello tessile e dei servizi), le nuove tecnologie sono
rappresentate da beni capitali e componenti nuovi, e la loro diffusione avviene attraverso l’apprendimento e
l’utilizzo sul posto di lavoro;
ii. Nei settori ad alta intensità di scala (ad esempio auto e acciaio) a contare è l’innovazione di processo, e le
fonti sono sia interne (R&S e apprendimento per esperienza) che esterne (produttori di beni strumentali),
mentre l’appropriabilità si ottiene attraverso il segreto industriale e i brevetti;
iii. Per i fornitori specializzati (i produttori di beni strumentali), l’innovazione si incentra sul miglioramento
delle prestazioni, sull’affidabilità e sulla customizzazione, e proviene sia dall’interno (conoscenze tacite ed
esperienza di tecnici qualificati) che dall’esterno (interazione tra utilizzatore e produttore); l’appropriabilità
dipende principalmente dalla natura locale e interattiva delle conoscenze;
iv. Infine, i settori che si basano sulla scienza (come il farmaceutico o l’elettronico) sono caratterizzati da un
alto tasso di innovazione di processo e di prodotto, grazie a R&S interna, e ricerca scientifica condotta nelle
università e nei laboratori di ricerca pubblici; la scienza è una fonte di innovazione e i mezzi di appropriabilità
sono di vario tipo, dai brevetti ai tempi di vantaggio rispetto ai concorrenti, dalle curve di apprendimento al
segreto industriale.
La tassonomia di Pavitt ha avuto un successo enorme nella ricerca empirica, poiché ha aiutato a individuare gli
specifici vantaggi innovativi di imprese e di paesi. Negli anni successivi, la tassonomia è stata arricchita e migliorata
da studi molto interessanti. Le differenze tra settori nelle condizioni di appropriabilità sono state analizzate attraverso
svariate ricerche svolte all’inizio degli anni Ottanta. Le differenze principali tra settori sono state individuate in
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termini dei seguenti mezzi di appropriabilità: brevetti, segretezza, tempi di vantaggio, curve di apprendimento e
attività complementari. In tutti questi studi sono emerse grandi differenze tra settori nell’uso dei brevetti.
I sistemi settoriali di innovazione
Negli studi presi in considerazione fino ad ora l’attenzione è stata rivolta alle specifiche differenze che esistono tra
settori. Un settore si compone di una serie di attività riguardanti gruppi di prodotti, che soddisfano una data domanda
o una domanda emergente e che condividono alcune conoscenze comuni. Le imprese che fanno parte di uno stesso
settore hanno allo stesso tempo aspetti in comune e diversità. Un sistema settoriale può essere articolato su tre
dimensioni principali:
i. Conoscenze e tecnologie Ciascun settore è caratterizzato da conoscenze, tecnologie e input specifici. In
una prospettiva dinamica, studiare la conoscenza e le tecnologie significa porre al centro dell’analisi i confini
dei settori, che generalmente non sono fissi, ma cambiano nel tempo;
ii. Agenti e network Un settore è composto di agenti eterogenei, che sono organizzazioni oppure singoli
individui (per esempio, consumatori, imprenditori, scienziati). Le organizzazioni possono essere imprese
legate al settore (utilizzatori, produttori e fornitori di input o beni capitali) oppure università, organizzazioni
finanziarie, agenzie governative, sindacati, associazioni tecniche ecc., e possono includere sottoinsiemi di
organizzazioni più grandi (come dipartimenti di R&S o di produzione) e gruppi di organizzazioni (per
esempio associazioni industriali). Gli agenti sono caratterizzati da processi di apprendimento, competenze,
credenze, obiettivi, strutture organizzative e comportamenti specifici, e interagiscono attraverso processi di
comunicazione, scambio, cooperazione, competizione e gerarchia. Nella prospettiva di un sistema settoriale,
quindi, l’innovazione è considerata un processo che attraverso la sistematica interazione di una grande varietà
di attori porta alla generazione e allo scambio di conoscenze utili all’innovazione e alla sua
commercializzazione. Tra le interazioni, ci sono relazioni di mercato e non di mercato, alleanze formali tra
imprese e reti informali tra individui e tra imprese;
iii. Istituzioni Sono le istituzioni, cioè le norme, le routine, le abitudini, le pratiche, le regole, le leggi, gli
standard ecc., a plasmare le conoscenze, le azioni e le interazioni degli agenti. Ci possono essere istituzioni
che obbligano gli agenti a seguire regole, e istituzioni che nascono dall’interazione tra agenti (come i
contratti); ci sono istituzioni più o meno vincolanti, e più o meno formali (come le norme brevettuali, le norme
specifiche, tradizioni e convenzioni). Molte istituzioni sono nazionali (per esempio il sistema brevettuale),
mentre altre sono legate a settori specifici (come i mercati settoriali del lavoro o le istituzioni finanziarie di un
determinato settore).
La coevoluzione dei vari elementi che lo costituiscono porta un sistema settoriale a cambiare e trasformarsi nel tempo.
Quali sono le differenze principali tra un sistema settoriale di innovazione e uno nazionale? Mentre quello nazionale
considera i sistemi di innovazione in base ai loro confini nazionali, quello settoriale considera i sistemi che possono
avere natura locale, nazionale e/o internazionale. Anzi spesso in un settore coesistono queste tre realtà diverse.
D’altro canto, i sistemi nazionali sono il risultato di diversi sistemi settoriali, alcuni dei quali talmente rilevanti da
guidare la crescita di un’economia nazionale. Di conseguenza, conoscere i settori che guidano lo sviluppo di
un’economia – con tutte le loro caratteristiche – è di grande aiuto per lo studio della crescita nazionale e dei modelli
nazionali di innovazione. L’approccio dei sistemi settoriali affonda le sue radici nella teoria evolutiva; infatti,
l’attenzione è rivolta alla dinamica, ai processi innovativi e alla trasformazione economica, e ai fattori chiave che li
influenzano: apprendimento e conoscenze. Agenti con “razionalità limitata” agiscono, apprendono e ricercano in un
ambiente incerto e in continuo cambiamento. Gli agenti sanno fare cose diverse, ma anche quando fanno la stessa
cosa, possono farla in modi diversi. È per questo che le dinamiche di apprendimento e conoscenza generano
eterogeneità nell’esperienza e nell’organizzazione. E la diversità nelle competenze determina persistenti differenze
nella performance. L&rs
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