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ICD)
- e il DSM
Il DSM-5 ha superato un approccio categoriale, ovvero un approccio finalizzato
all’individuazione della presenza/assenza di una gamma di sintomi o problematiche,
sostituendolo con un approccio dimensionale. Un aspetto importante dell’approccio
dimensionale riguarda l’eterogeneità dei disturbi psicologici, particolarmente evidente nei
disturbi del neurosviluppo, e la continuità tra sviluppo tipico e atipico. Questa continuità tra
sviluppo tipico e atipico è bene esemplificata nel fenotipo autistico allargato. Lo spettro
autistico, originariamente concepito come un insieme di gradienti di severità entro un range
clinico, è stato successivamente allargato ad un continuum di tratti autistici nella
popolazione generale. Solo quando più tratti si accumulano e viene oltrepassata la soglia di
tipicità si rientra nel range patologico.
È importante inoltre studiare la storia evolutiva di un disturbo psicologico monitorando il
decorso evolutivo che precede la diagnosi e individuando marker genetici e/o indicatori
cognitivi in grado di anticipare la comparsa dei sintomi patologici veri e propri.
Indicatori precoci
Diversamente dai criteri diagnostici, gli indicatori precoci rivelano un'atipia, intesa come
una deviazione, avvenuta precocemente, dal percorso epigenetico tipico dell'individuo. Gli
indicatori precoci evidenziano quindi una problematica cioè un ritardo o un'atipicità rispetto
all'andamento tipico del neurosviluppo, ma non predicono un esito fenotipico atipico certo.
La presenza di un ritardo o di una atipia non coincide con l'evidenza conclamata di un
disturbo vero e proprio, ma segnala che ciò potrebbe avvenire. Come ampiamente discusso
nei capitoli precedenti, vi è un'elevata variabilità nelle traiettorie evolutive e ciascun
individuo, in base alle caratteristiche individuali e alla loro interazione con fattori ambientali,
può presentare tempi variabili nel raggiungimento delle tappe evolutive e nell'acquisizione
delle competenze cognitive. Gli indicatori precoci sono quindi dei campanelli di allarme che
segnalano l’opportunità di monitorare con particolare attenzione lo sviluppo in condizioni
di rischio.
Esistono fenotipi intermedi dello spettro autistico che presentano tratti autismo-relati
sottosoglia, ovvero caratteristiche comportamentali, linguistiche, cognitive e di personalità
che sono simili alla sintomatologia acustica, anche se il loro sviluppo non è tale da
comprometterne l’esito.
La ricerca di indicatori precoci di sviluppo atipico ha rilevanti implicazioni in ambito
applicativo. La fascia di età 0-5 anni rappresenta dunque il momento nel quale sarebbe
ottimale cogliere le prime atipie, al fine di intervenire tempestivamente e con maggiore
efficacia.
Quando vediamo un bambino che presenta fragilità, ad esempio, nel dominio comunicativo
o motorio non è opportuno aspettare e vedere se queste fragilità diventano un disturbo dello
sviluppo, ma è opportuno incidere precocemente sulla traiettoria evolutiva fornendo tutte le
stimolazioni ambientali che possano favorire il recupero di tali fragilità o l'attivazione di
risorse compensative.
Un secondo importante motivo per individuare indicatori precoci di sviluppo atipico è che
non essi sono il prerequisito per poter progettare indagini su larga scala sulla popolazione,
volte a identificare quegli individui che hanno maggiori probabilità di sviluppare un profilo
patologico. Più semplicemente, una volta individuati una serie di indicatori è possibile
mettere in atto test di screening, ovvero esami che non consentono ancora di formulare una
diagnosi, ma che rendono esplicita la possibilità di un disturbo dello sviluppo e l'opportunità
di svolgere ulteriori indagini al fine di confermare o meno tale possibilità. Un classico ambito
di applicazione dei test di screening è quello oncologico. Per esempio, il pap test è un test di
screening che ha contribuito molto alla riduzione della mortalità per tumore del collo
dell’utero.
I test di screening possono anche contribuire ad evidenziare i fattori di rischio (cioè,
alterazioni genetiche, familiarità genetica, problematiche pre, peri e postnatali, condizioni
di gravissima deprivazione ambientale) e di protezione che aumentano o diminuiscono la
probabilità di una diagnosi di disturbo del neurosviluppo. In sintesi, il fine di uno screening
è quello di riconoscere possibili atipicità o disturbi dello sviluppo in una fase precoce, al fine
di programmare interventi tempestivi e precoci in grado di ridurre gli effetti sul successivo
sviluppo. È importante sottolineare tuttavia che, poiché lo screening non costituisce una
diagnosi, gli interventi precoci non costituiscono trattamenti riabilitativi, ma supporti
educativi finalizzati a promuovere il benessere psicologico del bambino e della famiglia.
Indicatori precoci: approcci e tecniche di indagine
La maggior parte degli indicatori precoci di sviluppo atipico sono stati individuati attraverso
due diverse strategie di ricerca: ricerche retrospettive e ricerche rospettiche.
Le ricerche retrospettive analizzano l’attività cerebrale e comportamentale di individui che
condividono una stessa diagnosi al fine di individuare, appunto retrospettivamente, atipie
strutturali e funzionali precoci. Per esempio, la presenza di una ridotta attività frontale in
bambini di 6 mesi ad alto rischio di diagnosi di ASD in quanto fratelli di un bambino già
diagnosticato.
Le ricerche prospettiche e longitudinali invece metodologicamente più affidabili rispetto
alle indagini retrospettive e più in linea con l’impostazione neurocostruttivista, si focalizzano
sullo studio di marcatori strutturali e funzionali della cognizione nelle prime fasi dello
sviluppo cercando di evidenziare gli effetti a cascata che queste atipie possono avere in fasi
successive dello sviluppo.
L’ambito di indagine maggiormente studiato dalla ricerca prospettica e longitudinale
riguarda tuttavia l’individuazione di indicatori precoci funzionali del sistema cognitivo che,
pur avendo basi neurobiologiche, non sono direttamente riconducibili a danni neurologici o
sensoriali.
Indicatori precoci: disfunzionalità e atipie nei meccanismi attentivi
Il sistema attentivo è unanimemente studiato come un promettente marcatore precoce del
successivo sviluppo. L’attenzione è uno dei primi strumenti cognitivi utilizzato dal bambino
per selezionare le informazioni salienti presenti nell’ambiente, processo che a sua volta
influenza lo sviluppo cerebrale e comportamentale del soggetto.
La ricerca dispone di strumenti e tecniche metodologiche in grado di misurare le prestazione
attentive di bambini anche di pochi mesi di vita.
L’eye tracker è uno strumento che consente di analizzare in modo molto dettagliato come i
bambini esplorano visivamente gli stimoli, quali informazione catturano la loro attenzione
e quali vengono trascurate, e se le strategie visuo-esplorative adottate dai bambini ad alto
rischio di sviluppo atipico sono equiparabili a quelle adottate dai bambini a basso rischio.
Infine, la maggior parte dei disturbi del neurosviluppo manifesta deficit associati o secondari
di natura attentiva.
Il profilo cognitivo-comportamentale di molti disturbi del neurosviluppo può essere
ricondotto ad un deficit aspecifico trasversale e generalizzato nei meccanismi attentivi di
base. Lo studio degli indicatori attentivi precoci si basa sul modello anatomo-fisiologico di
Posner e Peterson che ipotizza l’esistenza di tre sistemi attentivi anatomicamente
indipendenti ma connessi tra loro: il sistema di allerta e di vigilanza situato nella corteccia
fronto-parietale ventrale, il sistema di orientamento localizzato nella corteccia parietale
posteriore e il sistema responsabile del controllo esecutivo situato nella corteccia prefrontale
mediale.
Il sistema di allerta e vigilanza è composto da una prima componente, chiamata tonica,
responsabile dello stato di attivazione generale, e da una seconda componente, chiamata
fasica, che esprime uno stato di allerta transitorio modulato dalle caratteristiche degli
stimoli ambientali.
Durante il primo anno di vita si ha un rapido sviluppo di entrambe le componenti che si
conclude nei primi anni dell’età scolare per quanto riguarda la componente fasica e nei primi
anni dell’adolescenza per quanto riguarda la componente tonica. Il paradigma odball è uno
dei paradigmi maggiormente utilizzati per la valutazione del sistema di allerta e vigilanza in
ambito sia di ricerca che clinico perché consente di valutare l’attivazione e il mantenimento
di questo sistema attentivo anche in bambini di pochi mesi di vita. Esso consiste nel
presentare una sequenza di stimoli frequenti intervallata in modo saltuario e imprevedibile
da stimoli infrequenti.
I bambini a basso rischio di diagnosi di ASD rispondono più velocemente in corrispondenza
dei volti, mentre i bambini ad alto rischio di ASD rispondono più velocemente in risposta
agli oggetti.
I bambini con alto rischio di diagnosi di ASD hanno già nel primo anno di vita due evidenti
e precoci atipicità:
1. asimmetria emisferica
2. elaborazione dei volti
Inoltre, c’è un precoce e ridotto interesse per i volti.
Disfunzioni nei meccanismi di orientamento attentivo
Un altro meccanismo attentivo ampiamente indagato in ambito evolutivo riguarda il
meccanismo di orientamento. Esso porta l’individuo ad orientare il proprio focus attentivo
in modo selettivo verso una determinata posizione spaziale. Lo studio del meccanismo di
orientamento spaziale è stato fortemente influenzato dal modello di Posner e colleghi che ha
descritto l’orientamento visuo-spaziale come caratterizzato da 3 meccanismi distinti: il
disancoraggio, lo spostamento e l’ancoraggio.
È ampiamente dimostrato che i meccanismi che compongono il sistema di orientamento
dell’attenzione sono presenti già alla nascita, si sviluppano rapidamente nei primi 3 mesi di
vita e raggiungono la completa maturazione intorno ai 10 anni.
Lo spostamento dell’attenzione in risposta a cue predittivi e non predittivi
I figli di padri con maggior tratti autistici subclinici necessitano di più tempo nello spostare
l'attenzione nello spazio e hanno una ridotta facilitazione nella cattura dell'attenzione.
Disfunzioni nella modulazione del fuoco attentivo
L'orientamento dell'attenzione è stato spesso paragonato ad un fascio di luce emesso da un
faro che si muove nello spazio restringendo (zoom-in) o allargando (zoom-out) la
dimensione del fuoco attentivo: gli stimoli all'interno del focus attentivo risultano elaborati
con maggior efficacia ri