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ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA
Didattica dell'immagine
Testo a scelta valido per l'esame
CAPITOLO PRIMO: Cervello visivo
1. Basi neurofisiologiche della visione
Henschen riuscì a trovare le connessioni occhio-cervello e a localizzare la corteccia visiva; tuttavia, i suoi contemporanei non gli diedero credito. Si dovette attendere molto, fino a qualche decennio fa (Zeki, 1993), perché i neurologi riconoscessero la connessione esclusiva delle retine con la corteccia visiva primaria, oggi nota come V1, posizionata nel lobo occipitale di entrambi gli emisferi. Si stima che il 30% della corteccia cerebrale dell'uomo sia riservata alla visione.
2. La specializzazione funzionale del cervello visivo: una soluzione semplice
La scoperta di molte aree corticali deputate alla visione dei diversi attributi della realtà ha portato alla formulazione della teoria della specializzazione funzionale della corteccia visiva a partire dagli studi sui primati e, successivamente,
sull'uomo. Potremmo definire la specializzazione funzionale come una modalità di lavoro semplessa, una soluzione maturata dagli organismi viventi nel cammino evolutivo per poter fronteggiare la complessità. 3. Prove a sostegno dell'autonomia dei sistemi percettivo-elaborativi Un danno in V4 è ad esempio la sindrome acromatopsia o cecità corticale per i colori: coloro che ne sono affetti descrivono il mondo con delle sfumature grigio scuro (Zeki, 1990). La sindrome può colpire metà del campo visivo, a seconda dell'estensione della lesione. Frequentemente l'acromatopsia è accompagnata da prosopagnosia circonvoluzione fusiforme. Spesso i soggetti prosopagnosici distinguono i dettagli del volto ma non riescono a combinare queste informazioni al punto da riconoscere un volto in particolare. Nella akinetopsia, rara sindrome neurologica, il soggetto non è in grado di percepire gli oggetti in movimento a causa di lesioni in V5.specializzata nell'individuare il movimento all'interno del campo visivo (Zeki, 1991). Il disturbo è molto invalidante in quanto tutto ciò che si muove non può essere percepito: dalle labbra della persona con cui si conversa, al livello del tè che si sta cercando di versare nella propria tazza. Da un momento all'altro, degli oggetti che si stanno muovendo "compariranno nelle diverse posizioni, ma non appariranno in movimento".
L'agnosia visiva (o semantic agnosia) non è connessa, come le precedenti sindromi, a una lesione in una zona circoscritta della corteccia, ma si estende a gran parte del lobo occipitale esterno a V1, che a sua volta potrebbe essere parzialmente danneggiata; comporta una grande difficoltà nel riconoscere gli oggetti ed è abbastanza difficile da diagnosticare in quanto i soggetti in apparenza sembrano normali.
4. La specializzazione funzionale - come già detto - è una soluzione
elaborata dal cervello per affrontare il problema di conoscere il mondo, vale a dire le sue componenti invarianti. Si tratta dunque di un'operazione di semplificazione al fine di identificarne le regolarità. Per fare ciò il cervello visivo agirebbe in base a due leggi: la legge della costanza e la legge dell'astrazione, le stesse a cui obbediscono le arti visive. La prima ci guida verso le proprietà essenziali e non mutevoli delle esperienze, all'interno di un flusso informativo che varia di momento in momento. La distanza, il punto di osservazione, le condizioni di illuminazione cambiano di continuo, ma nonostante ciò il cervello è in grado di "scartare" tali cambiamenti. "L'imperativo del cervello è dunque di eliminare quanto non sia necessario a svolgere il compito di identificazione di oggetti e situazioni in base alle loro caratteristiche essenziali e costanti". La seconda legge, quella dell'astrazione,è intimamente legata alla prima. Tramite l'astrazione, «<il processo in cui il particolare è subordinato al generale» (Zeki, 2001, p. 52), il cervello isola le proprietà che rendono comparabili le nostre esperienze (con oggetti, superfici, persone...) che sono sempre particolari e contestualizzate. Se non astraesse, il cervello sarebbe in balìa del particolare. La capacità di astrarre è probabilmente imposta al cervello dalle limitazioni del suo sistema di memoria, poiché elimina la necessità di ricordare ogni singolo dettaglio. Impegnato nella ricerca delle costanti, il cervello può imbattersi in campi percettivi che non lasciano margini al dubbio ma il più delle volte essi sono ambigui, a differenti livelli di complessità.
Innanzitutto, sembra doveroso definire cosa si intende per ambiguità, «l'essere aperto a più di una interpretazione». C’è la categoria
delle ambiguità percettive semplici e ci sono poi livelli superiori di ambiguità, in cui una soluzione non si impone come plausibile ma vari sono i sensi dalla validità equivalente: avviene quando ci troviamo di fronte a certe sculture, quadri o fotografie per la cui interpretazione, Zeki sostiene, non esiste una "camicia di forza fisiologica". L'instabilità che caratterizza l'esperienza estetica corrisponde a una ambiguità di tipo cognitivo, semantico. 5. La ricerca neuroscientifica da qualche decennio sta cercando di ricomporre il dualismo cartesiano che per secoli ha decretato la separazione tra corpo e mente: sta riuscendo nel tentativo non solamente sulla base di argomentazioni speculative, ma tramite casi clinici grazie alla cui analisi emerge un'immagine unitaria dell'uomo. Ne escono infatti ampiamente rivalutati il ruolo della corporeità e la natura cognitiva del sentimento e viene riletto il rapporto che lega.visione e azione. Come si è sostenuto per molto tempo a proposito della corteccia visiva, anche il cervello motorio è stato concepito come semplice esecutore passivo dei comandi provenienti dai lobi frontali, a seguito della ricezione degli stimoli da parte delle aree sensoriali. Le scienze cognitive hanno proposto modelli dell'intelligenza umana che prevedevano la sua indipendenza dal corpo. La filosofa americana Susan Hurley ha descritto, criticandolo, il rapporto tra azione, percezione e cognizione modellizzato dal cognitivismo classico utilizzando l'efficace metafora del sandwich: azione e percezione sarebbero due facoltà differenti, periferiche rispetto alla cognizione. Un flusso unidirezionale connetterebbe le informazioni ottenute dagli apparati sensoriali, ricomposte in secondo momento dalle aree associative per poter essere comprese e infine l'apparato cognitivo attiverebbe il sistema motorio. Tale metafora dipinge un sistema motorio privo di qualsiasiruolopercettivo e secondario rispetto alla cognizione.I neuroni canonici - così sono stati definiti - risultano essere specializzati rispetto al tipo di azione,alle modalità di esecuzione e al tempo di attivazione che occorre per svolgere andando nelcomplesso a costituire una sorta di vocabolario di atti motori.
Oltre ai neuroni canonici, nella scimmia ne vennero individuati altri dotati di proprietà visuomotorie,definiti neuroni specchio: la loro attivazione era legata alla visione di atti motori compiuti da un altroindividuo (lo sperimentatore o un'altra scimmia), con le mani oppure con la bocca. Nell'uomo èpresente un analogo sistema di neuroni ma molto più esteso, con alcune peculiarità: Esso codificaatti motori transitivi e intransitivi; è in grado di selezionare sia il tipo di atto sia la sequenza dimovimenti che lo compongono; infine, non necessita di un'effettiva interazione con gli oggetti,attivandosi anche quando
l'azione è semplicemente mimata. La funzione primaria del sistema specchio sarebbe legata alla comprensione del significato delle azioni degli altri individui: come nella scimmia, la sola vista di atti motori provoca un'attivazione delle aree motorie deputate a organizzare e eseguire quegli atti; tale attivazione consente di "comprenderli" in termini di azioni - senza alcuna mediazione riflessiva, concettuale o linguistica - basandosi sul vocabolario di atti necessari a sostenere la nostra capacità di agire.
6. Neuroestetica delle immagini fotografiche
Lo studioso Parisi si è chiesto se, in seno alle più recenti sperimentazioni della neuroestetica, la percezione delle fotografie produca una differente risposta estetica rispetto, ad esempio, ai quadri o, in generale, alle immagini artistiche (hand-rendered) poiché ancora non è chiaro se questa modulazione dipenda totalmente da fattori percettivi (bottom-up) o cognitivi (top-down).
da un punto di vista meramente percettivo le fotografie "funzionano" come i quadri, nel senso che il genere di attivazione dei circuiti neuronali che occorre per fruirle non differisce sostanzialmente da quello usato per la fruizione dei quadri, d'altro canto egli ipotizza che le fotografie esercitino un forte interesse sulle nostre strutture cognitive in virtù dello specialissimo rapporto che le lega alla realtà. Sarebbe la modulazione cognitiva (ovvero, nel nostro caso, il sapere che una foto è una foto) a determinare la particolare estetica della fruizione fotografica. Le fotografie sono sempre fotografie di qualche cosa (o di qualcuno); in altri termini, siamo consapevoli di essere di fronte a un'immagine particolare che ha tutte le caratteristiche per essere considerata una rappresentazione ma che, al contempo, mantiene un rapporto con il proprio referente molto diverso da quello di cui dispongono altri tipi di immagini. La modulazione dellarisposta empatica alle immagini può procedere in due direzioni: può essere diretta dalle proprietà percettive dello stimolo (bottom-up) o dall'attività cognitiva (top-down). Nel secondo caso, l'influenza top-down può derivare sia da una richiesta di eseguire un compito specifico (ad esempio, contare quanti oggetti ci sono nell'immagine) o può riguardare l'ontologia dell'immagine (digitalmente prodotta, realizzata a mano, manipolata...). Lopes (2003), ad esempio, sostiene che l'osservazione di una foto in quanto tale darebbe origine a un interesse estetico differente rispetto alla visione dell'oggetto reale - soprattutto nel momento in cui la foto viene considerata come viatico per l'accesso a quanto fotografato - per una serie di ragioni: - se l'immagine ferma un istante nel tempo, questa condizione permette la visione di caratteristiche non percepibili nella visione naturale (il caso emblematico èquello della cronofotografia, di cui parleremo nel prossimo capitolo);- l'oggetto in fotografia viene percepito in assenza, nella realtà in presenza: la fotografia col