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IL FENOMENO MIGRATORIO
Secondo la definizione più diffusa, per migrazione si intende lo spostamento di una
singola persona, di un gruppo, o addirittura di un'intera popolazione dal luogo di
origine per stabilirsi in un altro territorio. Il fenomeno indica quindi quei trasferimenti,
immigrazione e emigrazione, con cambiamento di residenza. Il saldo migratorio
indica la differenza tra chi entra e chi esce da un territorio: è positivo se le
immigrazioni superano le emigrazioni, negativo nel caso opposto. La mobilità
migratoria si analizza attraverso: tasso di emigrazione (numero medio emigrati per
1.000 abitanti) e tasso di immigrazione (numero medio immigrati per 1.000 abitanti).
La migrazione ha un ruolo centrale: cambia la distribuzione della popolazione,
influenza aspetti economici, politici, culturali e contribuisce alla crescita demografica.
Alcuni Paesi registrano una presenza significativa di persone nate all’estero,
soprattutto quelli economicamente avanzati o con forte richiesta di manodopera,
come gli Stati del Golfo e diverse nazioni europee. Al contrario, grandi Paesi come
Cina e India hanno una quota molto bassa di residenti stranieri. I flussi migratori
sono influenzati da fattori come il lavoro, le condizioni economiche e i conflitti nei
Paesi d’origine, e si distribuiscono in modo disomogeneo a livello globale.
Le migrazioni hanno sempre occupato un posto di particolare rilievo negli studi
geografici, anche in passato quando, ad esempio, Ernst Georg Ravenstein, propose
nel 1889 una teoria della migrazione umana, nella quale prospettava alcune leggi
improntare ai principi allora prevalenti del determinismo. Punti salienti della teoria
erano: la gran parte dei movimenti migratori si sviluppa a breve distanza: le donne
sono più propense degli uomini a migrare all'interno del proprio Paese di nascita, ma
meno a spostarsi all'estero; le persone sono disponibili a percorrere lunghe distanze
per vivere in territori scarsamente popolati, mentre non lo sono nei confronti di Paesi
ad alta densità demografica: i flussi principali riguardano il trasferimento dalle
campagne alle città.
Negli ultimi decenni, l’approccio geografico alla migrazione è cambiato, ponendo
maggiore attenzione agli aspetti sociali e culturali del fenomeno, che oggi si presenta
in forme più complesse rispetto al passato. La migrazione è diventata una questione
centrale nel dibattito politico e pubblico, suscitando reazioni spesso contrastanti.
Non si può ridurre il fenomeno a semplici dati o decisioni politiche: è necessario
considerare i molteplici fattori che spingono a partire o ad arrivare. I fattori di
repulsione riguardano condizioni di estrema povertà, insicurezza, guerre,
persecuzioni o disastri ambientali che rendono insostenibile la vita nei luoghi
d’origine. In molti casi, emigrare è una scelta forzata e dolorosa, dettata dalla
mancanza di alternative.
I fattori di attrazione si basano sulla speranza di una vita migliore, sull’influenza delle
reti sociali e su informazioni, spesso frammentarie, riguardo ai Paesi di arrivo. A
volte, queste mete sono scelte per poter valorizzare competenze che nel proprio
Paese non trovano spazio o riconoscimento.
CARATTERI E CLASSIFICAZIONI DELLE MIGRAZIONI
Una prima e grande differenziazione:
1. Migrazioni internazionali → da uno stato all’altro. In questo caso entrano in
gioco diversi fattori derivanti dal confronto di mondi socio culturali ed
economici, a volte diversissimi.
2. Migrazioni interne → ad esempio migrazioni interne in italia. La questione
meridionale ha radici antichissime. Carta tematica quantitativa: migrazioni tra
1955 al 1970 migrazioni interne in Italia durante il boom economico. Dalle
isole, sicilia e sardegna, in cui c'era un forte isolamento, se ne andavano più
persone. Le migrazioni vanno verso il triangolo economico industriale: Torino
(ospitava la più grande fabbrica italiana Fiat), Milano (banca), Genova (più
grande porto d'italia). Le persone lasciano i latifondi per lavorare come operai.
Ci si sposta dove ci sono apparati dello stato.
Esistono varie tipologia di migrazione:-
● Migrazione volontaria → spostamenti compiuti per libera iniziativa, spesso
seguendo in primo luogo il denaro e il lavoro.
● Migrazione indotta → la scelta di migrare è fortemente condizionata da eventi
esterni come guerre, carestie, crisi economiche, persecuzioni o disastri
ambientali. Tra questi ultimi, sta assumendo sempre più rilievo la figura degli
ecoprofughi, persone costrette a lasciare la propria casa a causa del
cambiamento climatico; Spesso il confine tra migrazione volontaria e indotta è
labile
● Migrazione coatta o forzata (tratta dei neri) → È la forma più drammatica e
violenta di migrazione, priva di ogni scelta personale. Le persone vengono
spostate con la forza, spesso trattate come merci. L’esempio storico più
tragico è la tratta degli schiavi africani, che furono deportati in milioni dalle
coste occidentali dell’Africa verso le Americhe. In luoghi come l’isola di Gorée
in Senegal si trovano ancora oggi testimonianze di questo passato: era uno
dei principali punti di raccolta degli schiavi prima della traversata atlantica. Gli
schiavi venivano usati in piantagioni, miniere e lavori forzati, privati della
libertà e dei diritti umani fondamentali. Questa mobilità coatta, avviata nel XVI,
si rafforzò in quello successivo a causa dello sviluppo delle piantagioni in
Brasile e negli Stati sud orientali degli USA. Un passo importante verso
l'abolizione della schiavitù avvenne il 25 marzo 1807, quando il Parlamento
inglese approvò lo Slave Trade Act, avviando un processo che avrebbe
portato gli altri Stati colonialisti al termine di questa vergognosa pratica. Se la
tratta ebbe ripercussioni fortissime in Africa, procurando al continente danni di
difficile stima, gli effetti nelle Americhe furono per altri versi molto rilevanti, in
quanto negli Stati Uniti e in gran parte dell'America Latina modificarono gli
assetti demografici, oltre che quelli socio-culturali ed economici.
FLUSSI MONDIALI
Cartina tematica quantitativa che rappresenta i flussi mondiali. Nel 2024 migrare è
facile anche se sei povero.
Europa: Dopo il crollo dell'URSS nel 1991, si sono verificati flussi migratori da est a
ovest.
America: Enormi flussi migratori provengono dall'America Centrale, in particolare dal
Messico, verso gli Stati Uniti, sia regolari che irregolari. Oggi lo spagnolo è la
seconda lingua più parlata negli USA.
Africa: Molti africani migrano in Francia, ex colonia, e ci sono spostamenti interni
verso il Sudafrica. Gli indiani e pakistani migrano nel Regno Unito. Il Mozambico è
l'ultima colonia portoghese a ottenere l'indipendenza.
Cina: La Cina è la prima economia mondiale, e ci sono flussi migratori di cinesi verso
l'America e l'Europa.
Dal 1970, l'Italia è passata da essere un paese di emigrazione a uno di
immigrazione. Nel XIX secolo, le difficili condizioni socio-economiche, soprattutto al
Sud, spinsero molti italiani a emigrare verso l'America Latina (Brasile e Argentina)
per colmare il bisogno di manodopera, soprattutto dopo l'abolizione della schiavitù.
Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, un nuovo flusso migratorio si diresse
verso gli Stati Uniti. Nel secondo dopoguerra, molti italiani emigrarono verso l'Europa
centrale (Belgio, Germania, Svizzera) per lavori umili come minatori o babysitter, e
anche l'Australia divenne una meta. Fino agli anni '50, l'emigrazione continuò, ma
con il boom economico italiano, molti italiani trovarono lavoro e prosperità,
decidendo di rimanere in Italia.
Oltre ai grandi flussi migratori, esistono anche flussi locali meno noti ma importanti,
come quello emiliano-romagnolo. Un caso particolare è Capitan Pastene in Cile,
fondata nei primi del '900 da emigranti delle montagne modenesi in cerca di migliori
condizioni di vita. La comunità è rimasta un’enclave emiliana fino a oggi.
EMIGRAZIONE EUROPA NEI NUOVI CONTINENTI
La colonizzazione dell’America fu avviata nel Cinquecento da spagnoli e portoghesi,
seguiti da altri popoli europei, spinti da motivazioni economiche, religiose e sociali.
Milioni di europei migrarono verso il continente americano, soprattutto tra Ottocento
e Novecento, trasformando radicalmente il territorio e costringendo i nativi americani
in riserve. La conquista fu segnata da violenze, appropriazione delle terre e dalla
distruzione delle culture indigene.
La colonizzazione dell’Australia, iniziata nel Settecento dalla Gran Bretagna, fu
caratterizzata dal trasferimento di detenuti e dalla dichiarazione di “terra nullius”, che
negava diritti agli aborigeni. Anche qui, la popolazione indigena fu decimata e privata
dei propri spazi e della propria identità, subendo espulsioni, violenze e la
separazione forzata dei bambini dalle famiglie. Entrambe le colonizzazioni furono
segnate da profonde ingiustizie verso le popolazioni autoctone.
L’ITALIA E I FLUSSI MIGRATORI
Lo scoppio della Prima guerra mondiale e la stretta degli Stati Uniti sull'immigrazione
posero fine alle grandi migrazioni oltreoceano. Dal 1861 in poi, circa 27 milioni di
italiani emigrarono, soprattutto verso le Americhe (USA, Argentina, Brasile) e
l’Europa (Francia, Svizzera, Germania, Belgio).
Negli anni '50 e '60, con il boom economico, l'Italia passò da un'economia agricola a
industriale, generando forti migrazioni interne, soprattutto dal Sud al Nord e verso
Roma. Si verificò anche lo spopolamento delle aree montane e rurali.
A partire dagli anni '70, l’Italia iniziò a trasformarsi da Paese di emigrazione a Paese
di immigrazione, con momenti significativi come lo sbarco della nave Vlora nel 1991
a Bari, con 20.000 albanesi in fuga dalla crisi. Questo evento mostrò
l’impreparazione istituzionale, ma anche episodi di solidarietà da parte della
popolazione.
L’Italia si trova al centro di flussi migratori globali alimentati da disuguaglianze
economiche e dalla sua posizione geografica nel Mediterraneo, che la rende una
porta d'ingresso verso l’Europa. Secondo l’ISTAT, al 1° gennaio 2020 in Italia
risiedevano circa 5 milioni di cittadini stranieri, pari all’8,4% della popolazione.
Oggi, i residenti stranieri regolari in Italia rappresentano circa il 10% della
popolazione. Questo dato esclude sia gli immigrati irregolari, di cui non si conosce il
numero esatto, sia le persone originariamente straniere che hanno acquisito la
cittadinanza italiana. È importante distinguere anche la prospettiva di genere, poiché
i flussi migra