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Parentela e Gradi di Parentela

Per stabilire il grado di parentela in linea si contano le generazioni senza calcolare la generazione maggiore. Cosicché genitori e figli sono parenti di primo grado, nonni e nipoti sono parenti di secondo grado e così via.

Erano invece in linea quanti non parenti in linea retta avessero una discendente comune (fratelli-sorelle; zii nipoti; cugini); Pure per i parenti in linea il computo dei gradi tiene conto delle generazioni: si risale all'ascendente comune (stipite) che non verrà poi calcolato e si discende al parente in relazione al quale si vuole stabilire il grado: fratelli e sorelle sono parenti di secondo grado, zii e nipoti di terzo grado, i cugini figli di fratelli e sorelle di quarto e così via.

È il legame che unisce un coniuge con i parenti. Pure può essere a sua volta in linea retta o linea collaterale a seconda del rapporto con l'altro coniuge.

quale si vuole fare riferimento. Concriterio analogo a quello di prima si stabiliscono i gradi dell’ ADFINITAS. GLI ALIMENTI Vi erano già al tempo dei romani delle pretese alimentari che erano giudiziariamente tutelatee che potevano nascere tra privati, parenti o estranei che fossero in virtù di stipulatio. Una volta però che haisi andò riconoscendo in alcuni rapporti e circostanza determinate, capacità giuridica e di stare FILII FAMILIAS in giudizio, si affermò con il tempo e fu sanzionato un reciproco dovere alimentare tra EXTRA ORDINEM ed il dovere era esteso verso gli altri parenti in linea retta. Anche a prescindere dal vincolo GENITORI FIGLI potestativo e quindi anche sulla base di una semplice stipulatio. Un dovere alimentare verrà sancito poi COGNATIO come vedremo anche tra patroni e liberti. LA CAPITIS DEMINUTIO Può essere definita come un mutamento di per cui si spezzavano i STATUS precedenti vincoli di . Si fecedistinzione tra:
  1. AGNATIO - CAPITIS DEMINUTIO MAXIMA: conseguiva la perdita dello STATUS LIBERTATIS (un libero diveniva servo)
  2. CAPITIS DEMINUTIO MEDIA: conseguiva la perdita dello STATUS CIVITATIS (si perdeva la cittadinanza romana)
  3. CAPTIS DEMINUTIO MINIMA: conseguiva un mutamento dello STATUS FAMILIAE che, fermo restando la libertà e la cittadinanza, facesse venir meno i vincoli di adrogatio, adoptio, emancipatio, c. in manum
  4. L'INFAMIA: Poteva succedere che delle persone erano colpite da INFAMIA e pertanto erano chiamate INFAMES. Erano le persone dedite a mestieri turpi come LENONI, PROSTITUTE, GLADIATORI, oppure quanti avessero preso una condanna per alcuni crimina oppure quanti avessero preso una condanna per responsabilità propria indeterminate come per esempio ACTIONES, ACTIO DE DOLO, INIURIARUM, FURTI. Erano pure colpiti da infamia i debitori che persistessero nell'inadempimento del debito nonostante la PROSCRIPTIO.
Gli INFAMES (e gli INFAMIAE) andavano incontro a gravi incapacità di

diritto pubblico (non potevano più INFAMES IGNOMINIOSI rivestire cariche pubbliche) e l'editto pretorio fece loro divieto di ovvero proporre POSTULARE PRO ALISS istanze giudiziarie nell'interesse altrui. erano le donne di cattiva reputazione che col FEMINAE PROBOSE tempo furono private poi le capacità di acquisire l'eredità. Per quanto riguarda le donne in generale, per il diritto pubblico fu negata loro qualsiasi tipo di capacità. Quanto al diritto privato la maggiore limitazione delle donne riguardava la patria potestà dalla quale esse dipendevano. Le donne furono anche escluse dagli uffici di tutore e curatore, né potevano rappresentare altri in giudizio. Vi fu anche poi divieto alle donne di intercedere pro aliis e quindi di garantire o assumere obbligazioni per terzi.

L'ETÀ: Per il riconoscimento della capacità di agire aveva rilevanza anzitutto l'età. Vi era innanzitutto da fare una

Distinzione fondamentale che era quella composta da e :PUBERI IMPUBERIPUBERI: Avevano raggiunto la capacità fisiologica di generare. Si differenzia a proposito di maschi efemmine la pubertà poiché si riteneva che le raggiungessero la pubertà al compimento delFEMMINE 12dodicesimo anno di età mentre per i dapprima ci si attenne al criterio di giudicare caso per casoMASCHI(sabiniani) poi si fece riferimento ad una tesi proculiana che diceva che i maschi dovevano ritenersi puberi alcompimento del quattordicesimo anno di età. (proculiani). La capacità di agire era riconosciuta ai puberi14pienamente se maschi meno pienamente se femmine.IMPUBERI: Quanti non avessero raggiunta la capacità fisiologica di generare. Gli erano chiamatiIMPUBERIanche ovvero erano dei fanciulli che non erano ancora in grado di un eloquio ragionevole. Da etàINFANTESclassica vi fu la tendenza di far coincidere la fine dell' col compimento del settimo anno.

Gli impuberi che avessero superato l'età erano chiamati infantes maiores. La capacità di agire era pienamente negato agli infantes. Mentre era riconosciuta ma solo in parte agli impuberi infantes, che erano ammessi a concludere validamente anche senza assistenza di alcuno quei negozi maiores giuridici che comportavano l'acquisto di un diritto, non invece atti di alienazione o assunzione di obbligazioni. Dunque che agli impuberi si negasse in tutto in parte a seconda che fossero o infantes maiores capacità di agire non dava luogo a problemi quando si trattava di impuberi che come tali erano alieni iuris soggetti a potestà e giuridicamente incapaci non avendo di fatto diritti propri e non facendo capo ad essere rapporti giuridici patrimoniali. Vi furono invece problemi con gli impuberi essi infatti furono sin da sui iuris età remota soggetti a tutela. Ad esercitarla era il tutor, l'impubere sul quale egli esercitava la tutela era infans.

TUTORE chiamato .PUPILLOTUTELA DEGLI IMPUBERI: La tutela era un istituto del diritto romano, ed era per forza di cose riservata ai soli cittadini romani. Poteva essere LEGITIMA, TESTAMENTARIA o DATIVA:

- Si dice LEGITIMA: la tutela cui le XII tavole chiamavano l'agnatus proximus dell'impubere, l'agnato cioè di grado più vicino (in primo luogo, se pubere il fratello).

- Si dice TESTAMENTARIA: All'assunzione della tutela legittima si dava luogo solo se il PATER FAMILIAS temendo di morire prima che il figlio raggiungesse la pubertà non avesse provveduto con apposita disposizione testamentaria a nominargli un TUTORE.

- Si dice DATIVA: quella tutela che aveva fondamento nella legge cosiddetta LEX ATILIA 210 A.C. DE TUTORE, che attribuisce al pretore il potere di nominare su istanza della madre o di altri congiunti, un tutore DANDO all'impubere sui iuris che non ne avesse alcuno.

La tutela era un insistito insieme e ovvero il esercitava un

La tutela era un potere protettivo esercitato nell'interesse della buona conservazione del patrimonio familiare e al contempo garantiva assistenza e protezione al pupillo. Il tutore aveva quindi un dovere-potere.

Fino all'età classica, la tutela era riservata ai cittadini romani di sesso maschile. Solo a partire dall'età postclassica, la madre rimasta vedova fu ammessa all'esercizio della tutela a condizione che non si risposasse.

I poteri del tutore erano peculiari: egli era legittimato ad intervenire negli atti negoziali compiuti dal pupillo. Il tutore doveva interporre la sua auctoritas (dichiarazione di volontà integrativa di quella espressa dal pupillo). L'interposizione dell'auctoritas da parte del tutore era necessaria in quegli atti che il pupillo non poteva compiere da solo, come gli atti di alienazione e quelli di infanzia maiores.

OBBLIGAZIONE Ma il tutore, sia che si trattasse di INFANTES (minori di età) sia che si trattasse di INFANTIA MAIORES (minori emancipati), aveva il compito di provvedere alle più elementari esigenze dell'IMPUBERE (minore non emancipato), ed era ammesso a gestire solo il PATRIMONIO del pupillo in maniera esclusiva. La tutela cessava di norma una volta che il pupillo avesse raggiunto l'ETÀ. Una volta cessata la tutela, il tutore poteva essere chiamato a rendere conto della gestione tutelare al PUBERE (minore emancipato), e vi erano delle azioni penali contro di lui nel caso in cui vi fossero stati degli abusi compiuti dolosamente a danno del patrimonio del pupillo. (Azione reipersecutoria e infamante, per essa il tutore era obbligato a trasmettere gli acquisti fatti a nome proprio e nell'interesse del pupillo e rispondeva per quei pregiudizi patrimoniali derivati al pupillo dalla gestione della tutela e imputabili a lui per dolo o colpa. Quest'azione viene detta diretta per distinguerla dall'ACTIO TUTELAE non infamante spettante al tutore).TUTELAE CONTRARIA (titolo)

Il tutore contro il pupillo per il rimborso delle spese e per il risarcimento dei pregiudizi patrimoniali connessi allagestione tutelare.

I MINORI DI 25 ANNI: Con la crescita dell'economia, l'intensificarsi degli scambi e del commercio si dovette via via sempre più avvertire il pericolo connesso al principio per il quale si consentiva che giovani adolescenti (i quali avessero appena raggiunto la pubertà) potessero validamente obbligarsi, alienare beni, affrancare schiavi, ... Fu istituita allora un'azione intorno al 200 A.C. LEX LAETORIA che era contro quanti negoziando con un minore di venticinque anni e lo avessero raggirato. L'azione PENALE in questo caso era PUBERE SUI IURIS. Il PRETORE poi aveva proposto ulteriori rimedi in favore del minore INFAMANTE PRETORE che avesse compiuto negozi a lui pregiudizievoli quali l'EXCEPTIO LEGIS LAETORIAE se il negozio non aveva ancora avuto esecuzione e la se il negozio fosse già.ire anticipatamente alla piena capacità giuridica, attraverso l'istituto della venia aetatis. Questa era una sorta di dispensa che permetteva al minore di agire come un adulto, senza la necessità di un curatore. La venia aetatis poteva essere concessa dal magistrato o dal padre di famiglia, e una volta ottenuta, il minore poteva compiere atti giuridici autonomamente. TUTELA MINORUM: TUTORI Nel caso in cui il minore non avesse un curatore o non avesse ottenuto la venia aetatis, veniva nominato un tutore per proteggere i suoi interessi. Il tutore era una figura di fiducia, solitamente un parente stretto o un amico di famiglia, che aveva il compito di rappresentare il minore e di gestire il suo patrimonio. Il tutore doveva agire nell'interesse del minore e rendere conto delle sue azioni al magistrato. La tutela dei minori era un aspetto molto importante nel diritto romano, poiché garantiva la protezione e la salvaguardia dei diritti dei più giovani. Grazie a queste istituzioni, i minori potevano essere assistiti e tutelati nella gestione dei loro affari, fino a raggiungere la piena capacità giuridica.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
97 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ResPublica di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti del diritto europeo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Frunzio Marina.