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IL DOMINIO DELLE ASTRAZIONI
L’inizio dei lavori sui Grundrisse di
Intorno agli anni Cinquanta Marx riesce in parte ad emanciparsi dall’occupazione politologo e giornalista
(che comunque manterrà) e ad intraprendere il lavoro di produzione scientifica in ambito economico-sociale.
del ’57
Fu la crisi economica mondiale a spingerlo a scrive quello stesso anno i Grundrisse, considerati
l’anello di congiunzione tra l’opera matura de
gli scritti giovanili della Critica e Il Capitale, nel quale
sarebbero poi converse in maniera sistematizzata molte delle suggestioni che già emergevano dal saggio del
’57.
Le lettura di Althusser della saggistica di Marx
una rottura epistemologica con l’opera giovanile di Marx. Tuttavia
Althusser riconosce nei Grundrisse
pensatori quali della Volpe vedono invero una stretta continuità tra la Critica, i Grundrisse e Il Capitale. Il
–
lavoro di Marx è unitario sebbene si sviluppi su livelli diversi, ora logico, ora giuridico, ora politico, ora
–, che vede l’analisi partire da
economico reso coeso da un assunto metodologico fondamentale, ossia quello
l’astrazione di questo dato
una ricognizione positiva del dato empirico, continuare con attraverso un impianto
dell’empiria.
logico e progredire con la formulazione di ipotesi verificabili sempre nel banco di prova
L’approccio fenomenologico che caratterizza il lavoro di Marx, refrattario alle assunzioni metafisiche, è tale
che egli non mancherà mai di supportare la propria indagine attraverso dati statistici. Questa attenzione per il
particolare, per il dato statistico, non si risolve in Marx in un lavoro classificatorio di registrazione ingenua
dell’empirico: i fatti sono sempre filtrati attraverso astrazioni concettuali, il frammento è sempre inserito
all’interno di un sistema.
La lettura di Dussel della saggistica di Marx e il metodo darwiniano
In tutta la produzione saggistica di Marx, Dussel (teologo latinoamericano) ravvisa una ricorrenza
significativa di metafore di carattere religioso e, partendo da questa evidenza, offre una lettura piuttosto
eccentrica della produzione marxiana che lo porta in buona sostanza a considerare Marx un teologo. La
teologia per Dussel sarebbe una superscienza in grado di sopperire alle limitazioni epistemologiche delle
scienze specifiche, economia politica inclusa; e a suo giudizio Marx la impiegherebbe (la teologia) proprio
conscio dell’incapacità del dato quantitativo di spiegare esaustivamente il reale.
La lettura è quantomeno opinabile, non foss’altro perché Marx dichiarò esplicitamente l’adozione del
metodo darwiniano nel condurre il proprio lavoro di ricerca scientifica (ric. Marx scrisse a Darwin la sua
intenzione di dedicargli Il Capitale, ma Darwin declinò). Da Darwin Marx riprese il concetto di evoluzione,
nell’ambito
declinandolo economico-sociale. A suo giudizio il sistema economico capitalista non è nato da
gli schemi dell’assetto
zero, ma è stato necessario che entro sociale che lo ha preceduto (quello feudale)
e l’approdo
fossero esistite forze sociali produttive che spingevano per la dissoluzione del sistema (feudale)
al rapporto capitalistico. Perché il sistema sociale evolva, è necessaria la presenza di interessi-attori potenza
(Aristotele), o sussunzione formale (Marx) che, premendo sulle condizioni dei rapporti economici vigenti,
di rompere l’ordine sociale
siano in grado di farsi atto (Aristotele), o sussunzione reale (Marx), ossia
esistente (con i suoi rapporti sociali di produzione) e istituzionalizzare un nuovo sistema impregnato dei
propri interessi. 30
– –
Insomma, accantonata la filosofia che pretende di cogliere la totalità attraverso una ragione speculativa
Marx prospetta una ricognizione empirica di rapporti contingenti e storici informata dalla logica specifica
specifico e “le cifre recano di fatto contributi alla storia della
dell’oggetto supportata da dati statistici (ric. e pettegolezzi politici” –
vita nazionale più di quanti ne siano contenuti in volumi di chiacchiere retoriche
Marx).
Il tentativo di coniugare Hegel e Marx
Secondo una tesi condivisa da Dussel e dal alcuni hegelo-marxisti, nei Grundrisse e ne Il Capitale Marx non
a quello dell’economia politica le considerazioni
farebbe altro che tradurre dal linguaggio logico-speculativo
– aneddoto vuole che tra il ’58 e il ’60 fosse giunta nelle
e i concetti della Scienza della logica di Hegel [nota –
mani di Marx una nuova versione di Scienze della logica una rilettura del testo avrebbe quindi portato
Marx a rivalutare il rilievo di Hegel e la fecondità euristica della sua opera].
Tuttavia, se Marx si fosse limitato a indurre letture analitiche del sistema socio-economico moderno a partire
dall’apparato teorico di Hegel, non si spiegherebbe la rilevanza del lavoro dell’economista, che avrebbe
dunque dovuto passare agli onori della storia come un semplice epigono del filosofo di Stoccarda. Per
– – l’opera di Marx è da considerarsi un
Schumpeter che pure era un critico delle teoria economica marxiana
inedito della storia dell’economia politica. Ma a dire il vero la tesi di Dussel e degli hegelo-marxisti non
viene soltanto disinnescata dall’obiettiva importanza giocata nella storia dell’Occidente,
dai rilievi marxiani
ma risulta debole anche da un punto di vista filologico. Nell’introduzione ai Grundrisse, infatti, Marx
nel campo dell’economia
riprende alla lettera gli affondi critici mossi ad Hegel nella Critica e li declina
politica. Rimane ben salda, quindi, la convinzione che il pensiero sia un elemento di sintesi e conoscenza del
reale, non il suo creatore. Il pensiero è forza creatrice solo nel senso che crea gli schemi astratti e i concetti
utili a conoscere il reale sostrato, non a crearlo. Per Marx tale è il carattere del metodo scientificamente
che non rinuncia all’astrazione, ma ritiene di fondarla
corretto, a partire dal dato reale empirico. In altre
parole, mentre in Hegel il pensiero è un’idea che con movimenti interni genera dall’astratto il reale,
ipostasi
per Marx il pensiero è un’idea ipotesi (ipotesi da verificare) che organizza la realtà (che però lo preesiste) e
le dà forma. Non a caso Marx recupera la kantiana differenza tra pensare e conoscere: se il semplice
esercizio del pensiero può anche produrre antinomie insolubile, il conoscere implica di contro una modalità
di costruzione logica che si fonda sul dato reale, il quale non accetta contraddizioni o nonsensi. Il pensiero
che conosce ha quindi un carattere creativo-organizzativo, elimina il superfluo dal dato empirico, non
limitandosi a riprodurlo (Marx aborrisce il puro empirismo); ma una volta costruite leggi, astratte ricorrenze,
prova dell’empiria, e non essere trasfigurati a ragione
e prodotto modelli, questi devono essere sottoposti alla
– –
come invece accade in Hegel che ipostatizzando crea il mondo reale. Il reale è sostrato, mantiene la
propria autonomia ontologica rispetto all’intelletto che lo pensa; l’attività stessa del pensiero –
e anzi, e la
– “preso in se stesso, il pensiero è
lingua, che ne è la manifestazione percepibile è un prodotto del reale (ric.
come una nebulosa in cui niente è necessariamente delimitato. Non vi sono idee prestabilite, e niente è
dell’apparizione della lingua” –
distinto prima Sassure).
Spesso la tesi degli hegelo-marxisti circa la continuità tra il lavoro di Hegel e quello di Marx sono state
avvalorate annotando il recupero da parte del pensatore di Treviri di alcune espressioni del filosofo di
Stoccarda. Non si può negare, ad esempio, che Marx riprenda il concetto hegeliano di totalità, ma egli lo fa
conferendogli una specificazione sostanzialmente diversa da quella assunta in Hegel. Mentre infatti la totalità
una categoria metafisica che designa l’idea-totalità-delle-condizioni
indica, nella logica dialettica, che si
scinde (con movimenti in verità apparenti) e genera il reale; in Marx la totalità è un parasinonimo di sistema,
dell’intelletto
una costruzione che intreccia elementi specifici (il sottosistema economico, politico, del diritto,
– è l’accezione di totalità che sarebbe stata ripresa dai
culturale) da cogliere nelle reciproche relazioni [nota
– –
teorici della Scuola di Francoforte nota in Hegel la totalità è il vero, mentre le sue parti parziali prese in
– una costruzione dell’intelletto messo a disposizione
sé stese sono non-vere in Marx il sistema, essendo – –
della comprensione dei fatti reali, può rivelarsi falso alla prova della verifica empirica nota anche in
postula l’identità
Hegel il sistema è una costruzione del pensiero, ma dal momento che egli di realtà e
ragione, esso (il sistema) non può mai rivelarsi falso].
Linguaggio metaforico e linguaggio matematico 31 per l’appunto,
Nei Grundrisse e ne Il Capitale Marx parrebbe recuperare la terminologia hegeliana (e,
partendo da questo dato gli hegelo-marxisti pretendono di vedere in queste opere una pedissequa traduzione
delle logica dialettica hegeliana nell’economia politica). In verità l’uso che Marx fa del linguaggio di Hegel è
metaforico, non si accompagna cioè ad un’analisi condotta secondo i canoni della dialettica. Termini come
“totalità”, “misticismo”, “feticismo”, “contraddizione” sono svuotati del loro contenuto idealistico e riempiti
di un’analisi pienamente scientifica condotta
dai presupposti metodologici e gnoseologici attraverso la logica
specifica dell’oggetto specifico, le astrazioni determinate, il principio di non contraddizione e il linguaggio
della matematica (della cui scarsa conoscenza Marx si rammaricò sempre). Marx stesso si preoccupò di
l’esigenza
annotare di depurare, in vista di una stesura definitiva, i Grundrisse dalle formule hegeliane, al
l’impressione
fine di non dare di star conducendo esercizi dialettici.
Critica di Marx all’economia politica classica
C’è un’affinità tra la critica di Einstein alla fisica newtoniana e quella mossa da Marx all’economia politica
Einstein critica l’idea
classica: se di Newton di uno spazio e di un tempo assoluti, ossia validi in ogni sistema
Marx contesta l’assunto degli economisti
di riferimento, quando sono in realtà validi solo in quello terrestre;
classici secondo cui in ambito economico esistono delle leggi eterne, valide indipendentemente d