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Interruzione Volontaria di Gravidanza

È stato uno dei primi grandi temi che sono stati affrontati nella modernità e che ha accompagnato la storia della medicina fin dalla sua nascita. L'interruzione di gravidanza nella seconda metà del 900 diventa oggetto di molte leggi in vari paesi nel mondo e viene legalizzata in molti di essi. Si tratta di un tema antico tanto quanto l'umanità ma se ne discute in termini nuovi. Ippocrate crede nella sacralità della vita e crede che il compito della medicina sia sostenere questa aspirazione intrinseca, questo flusso della vita che è nella natura. In nome di questo principio vieta ai suoi allievi di praticare l'interruzione volontaria di gravidanza. Gli storici precisano che in realtà la questione "gravidanza" all'epoca fosse una faccenda di donne tra donne e che il medico dovesse astenersi anche per questi motivi (era competenza tecnica esclusiva).

dell'allevatrice). Quest'idea si è trovata allineata al mondo cristiano per cui la vita è un dono di Dio ed è dovere del cristiano accettarlo e rispettarlo. Questo principio si applica, quindi, alla gravidanza e quindi alla nascita del bambino. Il cristianesimo, perciò, si inserisce sulla stessa scia dell'etica ippocratica nel sostenere la sacralità della vita. Inoltre, si afferma nel cristianesimo un rapporto personale tra uomo e Dio (non impersonale come tra uomo e natura nell'etica ippocratica) e quindi i doveri etici umani sono in prospettiva ultraterrena. Si può dire che la sacralità della vita diventa un dovere del cristiano, anche nelle prime fasi dello sviluppo dell'essere umano, ovvero nella gravidanza e nello stesso concepimento. L'idea fondamentale della dottrina cristiano cattolica è che nell'atto sessuale l'uomo collabora al piano divino del creatore e quindi deve essere aperto

alla vita. Nell'atto sessuale, che nel mondo cristiano è l'atto coniugale, l'uomo deve essere aperto alla vita e disposto ad accoglierla; quindi, non deve creare ostacoli nel concepimento stesso come lo sono i metodi anticoncezionali, i quali sono quindi, secondo questa visione, sullo stesso piano dell'atto che poi interrompe la gravidanza. Per questa dottrina rappresentano entrambe le questioni un rifiuto del dono di Dio. Nella sensibilità moderna (o per i laici) interruzione di gravidanza e contraccezione sono per noi così distanti tra loro ma storicamente nella dottrina del cristianesimo queste sono poste sullo stesso piano e rappresentano entrambe un dire di no alla vita che viene mandata da Dio tramite l'atto sessuale che per sua natura può dare origine ad un concepimento. Nel momento in cui uomo e donna si uniscono devono essere disposti ad accogliere l'eventuale dono di Dio e si pongono quindi nella condizione di procreare; se Diovorrà darà questo dono alla coppia e se ciò accadrà la coppia deve accoglierlo. Ogni gesto che scinde l'atto sessuale dalla possibilità di procreare (contraccezione, sterilizzazione, interruzione di gravidanza) è un comportamento illecito perché è un rifiutare il dono di Dio. Quest'idea ha accompagnato il cristianesimo fino all'età moderna e si è contrapposta al divieto di interrompere la gravidanza che già c'era nell'etica ippocratica anche se per ragioni diverse. Questo scenario ha portato la nostra civiltà (che sappiamo essere maggiormente legata alle tradizioni cattolica e ippocratica) a vietare l'interruzione di gravidanza nel corso dei secoli. Le pratiche dell'interruzione di gravidanza sono state vietate e il divieto reiterato nel corso dei secoli nella nostra civiltà. Perché si è sentito il bisogno di ribadire il divieto? Lo si fa quando

quel comportamento vietato si verifica. Storicamente è dimostrato che le donne dall'antichità ad oggi l'hanno praticata quando per qualche ragione non era ritenuta opportuna.

In Italia abbiamo una legge sull'interruzione volontaria di gravidanza che la concede. Sono state stabilite certe condizioni per accedervi e, inoltre, non è detto che si trovi il medico che la pratica (problema dell'obiezione di coscienza). Questa è la Legge 194 del 1978.

Prima di tale legge, l'aborto era vietato e perseguito penalmente (dal 1978 diventa legale). La legge precedente, detta Legge Rocco del 1930, risale quindi al post primo guerra, epoca in cui c'era bisogno di figli perché la guerra aveva portato ad un calo demografico e non vi erano persone a sufficienza in vista di altre guerre. Il codice Rocco rubrica, infatti, l'interruzione di gravidanza come un crimine nei confronti della stirpe, dove per stirpe si intende la nazione, il popolo.

e cioè la capacità di accrescere la popolazione. L'aborto era, per questo, considerato un atto che danneggiava demograficamente il paese, perché portava un cittadino in meno. Altri atti considerati crimini della stirpe erano quindi la sterilizzazione della persona, la contraccezione e il contagio da sifilide perché colpisce la capacità di riprodursi e fa ammalare la popolazione. Il regime all'epoca dittatoriale aveva degli obiettivi ben mirati: affermare la supremazia della nazione sulle altre e questo lo si fa grazie alla crescita demografica, perché tante persone mi permettono di fare una guerra, e per essere forte militarmente ho bisogno di soldati. Era importante anche essere forti economicamente e si aveva bisogno delle varie figure professionali come gli agricoltori e questo lo facevano le donne. Questo scenario aveva l'obiettivo di permettere l'occupazione delle colonie e, quindi, di popolarle. A tale scopo sipenalizzava chi decideva di non sposarsi con una tassa sul celibato in quanto considerati non sono produttivi. Questo principio in cui si spinge le persone a fare figli per avere braccia in più da sfruttare per la nazione, non è sicuramente l'idea di uno stato di diritto ma era quella di perseguire gli scopi della nazione. Questo, il codice lo dice chiaramente: non c'era la tutela del diritto alla vita del nascituro, ma l'idea era quella di promuovere una crescita demografica in quanto servivano le persone. La persona è al servizio della collettività e non lo stato al servizio dell'individuo, quindi anche il corpo della persona lo è, specie quello di una donna in funzione della maternità. Tutto era finalizzato al potere demografico della nazione. Nel tempo cambia il regime e arriva la repubblica. La costituzione è entrata in vigore nel 1948 e disegna lo stato di diritto, in cui il benessere del singolo individuo è

Prioritario e centrale. La possibilità per il singolo di vivere bene la sua vita è prioritaria rispetto all'interesse generale della nazione. Lo stato si mette al servizio dei cittadini perché ciascuno viva nel miglior modo possibile la sua vita perseguendo i propri interessi. In precedenza, era il singolo al servizio dei superiori interessi della nazione e, quindi, ad esempio, anche la scuola era in funzione di ciò che serviva allo stato (ad un maschio si insegnava il mestiere in fabbrica o a stare in esercito mentre alla donna a cucire e cucinare).

Cambia il rapporto stato-cittadino. Questo è un passaggio cruciale. Con la costituzione, però, non sono state abrogate tutte le leggi che vigevano in precedenza e quindi il divieto d'aborto era tra quelle leggi che preesistevano e che sono entrate nell'Italia repubblicana. Come si arriva alla legge 194? Nel 1975 c'è un processo contro una donna che aveva deciso volontariamente

di una legge rispetto alla Costituzione) per chiedere un pronunciamento sulla conformità del divieto di interruzione di gravidanza con la Carta Costituzionale. La Corte Costituzionale, dopo un'attenta valutazione, dichiara che il divieto di interruzione di gravidanza previsto dal codice Rocco del 1930 è in contrasto con i valori e i principi sanciti dalla Costituzione. La Corte riconosce il diritto della donna di decidere autonomamente sulla propria maternità, garantendo così il principio di autodeterminazione e il diritto alla salute. Questa sentenza rappresenta un importante passo avanti per i diritti delle donne, che finalmente vedono riconosciuto il loro diritto di scelta e di controllo sul proprio corpo. La decisione della Corte Costituzionale segna un punto di svolta nella storia del nostro Paese, confermando l'importanza di una società basata sui principi di uguaglianza, libertà e dignità umana. È fondamentale che la legislazione venga adeguata a questa sentenza, garantendo l'accesso sicuro e legale all'interruzione di gravidanza, così da evitare situazioni di clandestinità e rischi per la salute delle donne. La tutela dei diritti delle donne è un dovere dello Stato e un passo fondamentale verso una società più giusta e inclusiva.

costituzionale delle leggi, quindi si occupa di vedere se quelle leggi che il parlamento promulga sono coerenti e rispettose dei principi che ispirano la costituzione italiana e che guidano l'operato del legislatore e del giudice).

Il giudice, quindi, sospende la sentenza e si rivolge alla corte costituzionale e sostiene la non coerenza: il divieto è contrario al diritto alla salute della donna; la donna deve vedersi tutelare il diritto alla salute e, di fronte a una situazione di rischio per la sua salute fisica e psichica, deve avere il diritto di interrompere una gravidanza, anche quando non si presenti lo stato di necessità (lo stato di necessità è un articolo del codice penale che dice che non è punibile una persona che ha commesso un fatto se è stato costretto dalla necessità di salvare se stesso o altre persone da un pericolo attuale o da un grave danno o dalla morte; aspetto cruciale è l'immediatezza del pericolo: il

pericolo deve essere immediato). Per il codice Rocco l'unica possibilità di aborto era lo stato di necessità: l'unica condizione in cui era pensabile l'interruzione di gravidanza senza punizione. I beni in gioco dovevano essere equivalenti: la vita della donna doveva essere in pericolo perché si potesse sacrificare quella del bimbo in grembo.

La Corte costituzionale dice, invece, che lo stato di necessità non abbraccia tutte le situazioni nelle quali una donna può voler abortire per tutelare la sua salute (es. quella donna voleva tutelare la salute agli occhi e il suo benessere psichico, non la sua vita) e quindi dice che la donna ha diritto di ricorrere all'interruzione di gravidanza anche quando non è in gioco la sua stessa vita. Dice anche che l'interesse alla vita di qualcuno che non è ancora nato non ha lo stesso valore di una persona che è già nata e che ha interesse a tutelare la sua salute.

Questo introduce un nuovo concetto della giurisprudenza: i diritti siacquisiscono nel momento della nascita. La donna in questione viene assolta in forza di questa presa di posizione della Corte costituzionale che invita il legislatore a fare una nuova legge che prenda in considerazione qu
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A.A. 2022-2023
40 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher octi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Risio Loreta.