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Il Simposio e la nascita di Eros

A questo simposio pare fossero presenti tutti gli dèi, a eccezione di Penìa, la dea della penuria, della povertà, che rimane a mendicare fuori dal luogo in cui si svolge il banchetto. Il dio Poros (che in greco significa la via, la strada e l'espediente) esce dalla casa in cui si stava svolgendo il banchetto e Penìa approfitta di lui, completamente ubriaco. A partire da questa unione, verrà concepito Eros che, per alcuni aspetti, somiglierà alla madre (sarà sempre mancante e brutto), mentre, per altri aspetti, ricorderà il padre (eredita la forza eroica di riuscire sempre a colmare questa mancanza, trovando di volta in volta un modo per risolvere questa povertà originaria da cui nasce). Socrate, inoltre, arriva a dimostrare che Eros è desiderio non orientato soltanto alla bellezza fisica, ma anche soprattutto al mondo ideale: di qui la famosa scala amoris, in cui l'amore si costituisce attraverso.

Diversi gradini, culminanti nell'amore per l'idea del bene. Platone immagina che esista una realtà ulteriore (il mondo delle idee) rispetto alla realtà sensibile in cui viviamo: si scopre il "bello che eterno esiste, che non nasce e non si sperde, non cresce e non si logora", quel bello "in sé e per sé, perpetuamente uniforme a sé", che conduce all'idea gerarchicamente più alta: l'idea del bene.

Dunque, Eros sarà desiderio e amore del bene, e poiché, per Platone, il bene assoluto per l'uomo è l'immortalità, eros sarà desiderio d'immortalità: l'amore per le idee è ciò che cerca di riprodurre l'immortalità.

Queste parole di Platone danno avvio a una rivoluzione senza pari in tutta la storia del pensiero. L'epocalità di questa rivoluzione sarà sottolineata anche da Nietzsche, che nel 1872

scriverà La nascita della tragedia, in cui immaginerà la storia dell'umanità divisa in due tronconi: 1. Il mondo arcaico, nel quale lo spirito apollineo e quello dionisiaco convivono in perfetto equilibrio, si appartengono e stanno in equilibrio tra loro (→ lo spirito dionisiaco è quella forza che noi tutti abbiamo di accettazione della vita e della sua tragica finitudine, mentre lo spirito apollineo è quello che cerca di dare una soluzione a queste domande tragiche dell'uomo, cercando una risposta ed evitando di vedere la tragicità e finitudine dell'esistenza); 2. Il mondo nuovo, che emerge nell'Atene del IV-V secolo, quando si rompe l'equilibrio tra spirito apollineo e spirito dionisiaco, rottura che può essere ascritta da personaggi come Euripide e Socrate. Attraverso questa nota tesi che sottolinea il soccombere dello spirito dionisiaco, Nietzsche ravviserà nella Grecia classica l'inizio di

Una decadenza, che consiste nel venir meno della capacità dell'uomo di accettare la finitudine della vita. L'uomo greco arcaico sapeva infatti accettare la finitudine e la tragicità dell'esistenza, mentre, con Socrate e Platone, si sarebbe verificata una trasvalutazione dei valori, che avrebbero subito un'inversione, mutando disegno: in Platone, infatti, eros, in quanto desiderio di immortalità, segna il prevalere dello spirito apollineo. Platone costruisce, quindi, un mondo dietro al mondo, un'escatologia cui sarebbe destinata l'anima, nella sua presunta immortalità, che Platone stesso cerca di sostenere nelle pagine del Fedone. Ecco, dunque, l'adombrarsi del problema della morte (thanatos) che, accanto all'eros inteso nella sua variante più fisica e istintuale, si trasforma in un tabù che lascerà il posto alle deboli nozioni di immortalità e di carità.

2. THANATOS (ED EROS) -

Da Platone a Schopenhauer, Nietzsche e Rilke

In Platone, la morte non si configura come un problema in quanto il filosofo arriva a dimostrare che la nostra anima (→ la nostra essenza) sarebbe immortale.

L’uomo arcaico è colui che vede la morte e la finitudine della vita umana e sa accettarle. à Platone e Socrate, di contro, cercano un espediente attraverso cui fingere che la morte non esista, e fanno àciò denaturando l’essenza stessa del desiderio (eros), che smette di essere desiderio di cose determinate ed iviene desiderio di immortalità, così da fingersi che le singole vite individuali possano proiettarsi, quanto alla loro componente spirituale, in un’eternità che rinnega e contraddice l’essenza stessa della vita, la quale assume un senso soltanto all’interno di un orizzonte spazio-temporale determinato e che, dunque, non potrebbe essere preservata nell’infinità e nell’eternità.

dell'immortalità dell'anima. I peggiori esiti del Platonismo verranno ripresi dal Cristianesimo, che li coniugherà con la visione teologica ebraica, generando i mostri e le chimere. Tra le pagine di Platone, quindi, nasce l'uomo contemporaneo, il quale astrattamente si costruisce un desiderio di infinito che, costitutivamente, non abita nella sua natura più recondita. L'infinito non sarà mai interamente fruibile. Tutte queste favole che promettono una presunta immortalità si scontrano con la brutalità dei fatti: l'essere umano muore definitivamente e i morti non ritornano. Tuttavia, la filosofia di Platone non nasce intorno alla morte in generale, bensì dinanzi alla morte del suo affezionatissimo maestro Socrate. Essa si origina dunque dallo stupore che scaturisce dal fatto che la città più giusta e all'avanguardia si sia macchiata del crimine peggiore: dare la morte a quello che sarebbe stato ilriportato nel Menone, in cui descrive la possibilità che uno schiavo ri-conosca un teorema• matematico, senza averlo mai appreso prima. Attraverso questo episodio, Platone s’interroga sull’origine della conoscenza e si chiede come sia possibile apprendere veramente da zero qualcosa che non conosciamo affatto. Per risolvere questa contraddizione, Socrate ne deriva che tutto quello che noi conosciamo nel mondo e di cui siamo sicuri non derivi mai da uno zero assoluto, da un grado zero della coscienza, da un puro vuoto o un puro non-essere, bensì esso dovrà essere già stato appreso e dunque conosciuto dalla nostra anima; per risolvere questa (apparente) contraddizione, Platone si trova costretto ad ammettere che i contenuti della conoscenza debbano essere entrati nell’anima prima che essa si incarnasse nel mondo. Se tuttavia l’anima, prima di incarnarsi, aveva a che fare con le idee che sono eterne, essa non poteva non essere eterna a suavolta: di qui un'ulteriore dimostrazione dell'eternità dell'anima che dovrà anche poter continuare a esistere per sempre. Così, attraverso queste deduzioni logiche, Platone crede di aver risolto il problema della morte e si avvicina alla tematica della reincarnazione, cara alle tradizioni orfiche, dalle quali desume anche l'idea di immortalità dell'anima (anche Orfeo era incapace di accettare la perdita di Euridice, la persona amata). Di qui, l'apollineo sogno di fingersi eternità che sconfigga la morte, inaccettabile. Il mito di Er, nel quale si narra la morte di un soldato che, anziché dimenticare tutto della vita precedente, conserva la propria memoria delle precedenti esistenze e del modo in cui sarebbe avvenuta la reincarnazione. Dopo essere morto, Er giunge nel mondo delle idee e, dopo aver visto cadere nel Tartaro le anime di coloro che avevano commesso gravi colpe, giunge al cospetto di Lachesi, Cloto e Atropo.che ci circonda e immergerci nella profondità della nostra anima. Solo così possiamo comprendere il vero significato della morte e della reincarnazione. La teoria della metempsicosi, o reincarnazione, secondo Platone, rappresenta un tentativo di sfuggire alla mortalità dell'essere vivente. Attraverso la reincarnazione, l'anima ha la possibilità di scegliere una nuova vita e di continuare a esistere. Tuttavia, tornando a thanatos, è evidente come Platone, attraverso la reincarnazione e l'immortalità dell'anima, ponga il vero problema della morte, solo per poi farlo scomparire. Questo fatto avrà un impatto duraturo sul destino dell'umanità occidentale. Nietzsche affronta questo problema alla fine de "Il crepuscolo degli idoli", nel paragrafo intitolato "Come il mondo vero finì per diventare favola. Storia di un errore". Egli sostiene che attraverso l'idea dell'immortalità dell'anima di Platone, il mondo vero diventa una favola che inganna l'umanità riguardo al proprio destino di morte. Per avvicinarci a thanatos, dobbiamo abbandonare il mondo esterno e immergerci nella profondità della nostra anima. Solo così possiamo comprendere il vero significato della morte e della reincarnazione.dell'antichità e rivolgerci a quello più contemporaneo e vicino a noi.
Arthur Schopenhauer (1788-1860), autore de Il mondo come volontà e rappresentazione (1819), da un lato riprende la teoria dell'eros del Simposio e la eleva a dignità metafisica (→ eros assumerà il nome di Wille, volontà, quale principio regolativo dell'intera metafisica schopenhaueriana); dall'altro, eros diventerà quella forza cosmica che pervade tutto e che regola ogni agire, ogni movimento.
D'altro canto, Schopenhauer sarà colui che restituirà alla corporeità quella dignità filosofica che con Platone era stata completamente misconosciuta.
Se nel Cristianesimo e con Cartesio la distinzione tra anima e corpo diviene sempre più netta, Schopenhauer sarà colui che imposterà il problema in modo diverso e darà un nuovo respiro alla filosofia.
Nelle prime pagine dell'opera sopra citata,

Il filosofo cita il divino Platone, il grande Kant e il pensiero orientale dei Veda e delle Upanishad. In Kant, l'ormai incolmabile distanza tra soggettività e oggettività si traduce nella distinzione insita all'interno della coppia concettuale.

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
14 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher micolprencipe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia delle scienze sociali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi dell' Insubria o del prof Storace Erasmo.