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Le tappe principali del giuspositivismo (imperativismo e la teoria di Hart e Kelsen)

Quella del giuspositivismo è una storia breve - la storia di una visione del diritto che nasce in chiave imperativista (il diritto è l'insieme dei comandi del sovrano - con Bentham e Austin e poi grazie a Kelsen ed Hart si affina per diventare quella visione del diritto che oggi influenza più significativamente il nostro modo di descrivere il diritto e concepire i rapporti tra il diritto ed altri fenomeni normativi.

SINTESI

IL POSITIVISMO GIURIDICO sostiene delle tesi speculari rispetto a quelle giusnaturaliste (del giusnaturalismo), in particolare:

  1. Nella prospettiva giuspositivista Diritto e morale sarebbero concetti distinti, non sono necessariamente connessi. Persino un diritto ingiusto come quello nazista, sarebbe pur sempre diritto. Scinde/separa la sfera del diritto da quella della morale.
  2. Perché la giuridicità di una norma o di un sistema di norme non dipende

Dall'aggiustizia del contenuto di quelle norme, ma dipende dal fatto che siano state introdotte e prodotte da autorità competenti secondo le procedure previste in un ordinamento. L'esistenza del diritto, il fatto che qualcosa possa essere qualificato come avente natura giuridica dipende soltanto da fatti sociali che hanno a che vedere con l'attività istituzionale di soggetti, entità competenti a produrre le norme giuridiche.

Il diritto valido, il diritto in senso pieno è tale se, secondo questa tesi, s'escaturisce da fatti sociali idonei a produrlo quindi da una pratica istituzionalizzata che i cittadini sono in grado di leggere perché ne conoscono le regole costitutive, quindi sono in grado di capire che quando in un aula parlamentare la maggioranza dei soggetti presenti alza la mano sta approvando la legge.

2. SOLTANTO I FATTI SOCIALI DETERMINANO L'ESISTENZA DEL DIRITTO

L'esistenza del diritto dipende soltanto dall'esistenza di

Il testo parla dei fatti sociali e delle loro implicazioni nel campo del diritto. Secondo il giuspositivismo, i fatti sociali sono sufficienti per produrre diritto valido, mentre secondo il giusnaturalismo sono necessari ma non sufficienti. Il giusnaturalismo richiede anche la conformità del contenuto del diritto alla morale. Inoltre, quando il diritto è indeterminato o incompleto, l'applicazione diventa discrezionale e l'interprete deve fare ricorso a parametri o standard di disciplina non forniti dal diritto positivo.

sta utilizzando dei parametri extra giuridici, dunque delle risorse che sono estranee al diritto.

IL POSITIVISMO GIURIDICO VA TENUTO DISTINTO DAL POSITIVISMO FILOSOFICO.

Positivismo giuridico (giuspositivismo): fenomeno teorico che solo per alcuni aspetti possiamo avvicinare al positivismo filosofico.

Il positivismo filosofico è un movimento che ai fini della comprensione della realtà sociale si concentra sull'analisi dei fatti empirici: si concentra sull'analisi di ciò che concretamente accade; ed utilizza un approccio sociologico per lo studio del diritto: si parte da ciò che concretamente accade per poter individuare delle chiavi di lettura rispetto al fenomeno del diritto.

Il positivismo giuridico invece si riferisce al diritto come un qualcosa creato dagli uomini, posto, quindi non come insieme di fatti reali e concreti. Questo utilizza un tipo di approccio per lo studio del diritto non di tipo sociologico ma di tipo concettuale, formale, interessato.

Appunto alla forma che il diritto assume e ai concetti che si possono utilizzare per descrivere la forma che il diritto assume, (Questo ad esempio è l'approccio che utilizzano Kelsen e Hart). Queste due visioni del positivismo hanno in comune la critica al giusnaturalismo: per il positivismo filosofico, il diritto naturale non è 'reale', quindi non è empiricamente osservabile.

Positivismo giuridico: il diritto naturale non è diritto perché non deriva dalla volontà dello Stato.* corrente di pensiero che identifica il diritto col diritto positivo, cioè posto dalla volontà della legge ed applicato effettivamente nello Stato. Identifica il diritto con il diritto positivo, quello cioè posto da una volontà sovrana espressa nella legge effettivamente applicata nello Stato, la quale considera come unico possibile diritto il diritto positivo, ossia quello posto dal legislatore umano.

ALLE ORIGINI DEL POSITIVISMO

GIURIDICO

Quando con le codificazioni, con l'introduzione del Code Napoleon del 1804, il diritto comincia ad essere sistematizzato e quindi comincia ad esserci un corpo di norme di diritto positivo che fornisce ai cittadini, agli operatori giuridici tutte le risorse necessarie per regolare le proprie interazioni, allora matura una cultura giuridica che gradualmente abbandona l'idea che ci si debba affidare al diritto naturale e si concentra sempre più sul diritto positivo disponibile, sul modo in cui questo diritto positivo debba essere concettualizzato, organizzato e sistematizzato in modo tale da rendere per i cittadini e per gli operatori giuridici sempre più agevole l'individuazione delle norme da applicare ai casi senza necessità di andare oltre ciò che è nei codici, oltre le risorse che comincia ad offrire in modo sempre più sistematico. Questo porta alla crisi del giusnaturalismo e ad una cultura giuridica che inizia a vedere,

Riconoscere i limiti della prospettiva giusnaturalista..Tra i fattori (elementi) che hanno favorito l'affermazione del giuspositivismo non può non essere menzionato il fenomeno della codificazione, la cui massima espressione è la promulgazione del Code Napoleon nel 1804.

Con il processo di codificazione come abbiamo già detto si da ordine ai provvedimenti giuridici esistenti, si razionalizzano fornendo agli operatori giuridici gli strumenti per risolvere i casi che si presentano senza il bisogno di cercare soluzioni al di fuori del diritto positivo. A seguito della codificazione infatti il sistema giuridico appare organizzato e strutturato razionalmente e quindi non ha bisogno di essere supportato da un diritto naturale Supra-positivo, quindi appare completo, coerente ed autosufficiente, e qualora non sembri completo e coerente ha le risorse interne per autointegrarsi.

Questa visione dell'ordinamento giuridico ha anche risvolti sull'aspetto politico.

In quanto se il diritto positivo è considerato sufficiente per gli operatori giuridici, che rispecchia la volontà delle autorità politiche si lascia meno margine ai destinatari della norma giuridica per discostarsi da quella volontà. Un secondo fattore che dà avvio al giuspositivismo, oltre alla codificazione del diritto positivo, può essere individuato nella polemica tra la scuola storica e la scuola filosofica. Si tratta si due orientamenti filosofici che in Germania si sono confrontati sul tema delle codificazioni. La scuola storica sostiene che il fatto di razionalizzare il diritto attraverso un'opera di codificazioni costituiva un malinteso rispetto alla natura del diritto: il diritto non può essere razionalizzato e di conseguenza cristallizzato in un codice, perché il diritto è una variabile dipendente della società quindi come la società è in continua trasformazione, evoluzione, deve esserlo anche il diritto.

Quello che si può fare, secondo la scuola storica, è cercare di analizzare gli sviluppi del diritto dando rilevanza al loro collegamento con gli sviluppi storici della società. Secondo la scuola filosofica, invece, il diritto non è da considerare tra quegli elementi variabili della società, ma, nel diritto, dal punto di vista formale e concettuale, vi è una struttura stabile nel tempo che può essere oggetto di codificazione e di razionalizzazione. Questo perché la scuola filosofica ritiene che è solo attraverso il processo di codificazione che si può dare al diritto positivo quella sistematicità formale che consente di lavorare sui concetti del diritto per descrivere la forma e la struttura del diritto stesso. È grazie a questa analisi di tipo concettuale che si può evolvere la scienza giuridica. È questa visione che pone le basi per l'affermazione del giuspositivismo. Il terzo elemento che hacontribuito all'affermazione del giuspositivismo è l'imperativismo degli utilitaristi inglesi Bentham e Austin secondo il cosiddetto analytical jurisprudence (così viene chiamata la filosofia del diritto di Bentham e Austin): l'esistenza del diritto non dipende dai suoi 'meriti' quindi dalla sua giustizia nei contenuti, ma soltanto da fatti sociali che hanno a che vedere con l'uso della forza quindi con la minaccia della sanzione. L'unico modo per comprendere la natura del diritto è quello di analizzare dal punto di vista concettuale i fatti sociali da cui dipende l'esistenza del diritto. Questi fatti sociali si sostanziano nei comandi del sovrano e nella conseguente obbedienza dei sudditi. Il rapporto tra diritto e morale secondo Austin: L'esistenza del diritto è una cosa, i suoi meriti o demeriti sono un'altra cosa... Una legge, che di fatto esiste, è diritto anche quando a noi non piace o non la riteniamo giusta.nonpiaccia…” questa è la tesi della separabilità tra diritto e morale: vi è differenza tra il diritto come è (quindi può essere anche ingiusto) e il diritto come dovrebbe essere (giusto dal punto di vista morale). Ciò che accomuna Bentham e Austin è che dal punto di vista metodologico rende fondamentale analytical jurisprudence che si è sviluppata nell'ambito dell'utilitarismo inglese è l'idea della separabilità tra diritto e morale: come è il diritto è diverso da come il diritto dovrebbe essere. L'esistenza del diritto non ha a che vedere con la sua giustizia a livello di contenuto. Bentham sviluppa una teoria censoria del diritto che si concentra più su come il diritto dovrebbe essere, in quale direzione dovrebbe andare, difendendo l'idea che sia necessario un processo di codificazione dello stesso per razionalizzare il sistema del common law; Austin, invece,

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Dettagli
A.A. 2022-2023
9 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher jack1993@jhgjg di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Valentini Chiara.