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La temporalità del diritto

È palese la relazione tra esperienza giuridica e dimensione temporale dell'esistenza e della coesistenza umana.

  • Come pensare questa relazione?
  • Il tempo domina il diritto: sia nel senso profondo che mette in discussione il diritto naturale come insieme permanente di regole, sia nel senso che prescrizione ed usucapione mostrano l'impatto corrosivo dello scorrere del tempo sulla titolarità dei diritti soggettivi.

Il diritto domina il tempo in due maniere:

  1. Il diritto impone al tempo i propri ritmi (organizzazione del lavoro, scansione temporale di un contratto, criterio cronologico per la soluzione dell'antinomia, ecc.)
  2. Il diritto blocca l'erosione che il tempo opera sull'azione umana: è la vittoria umana sulla precarietà della condizione temporale e persino della mortalità.

Più che di prevalenza l'uno sull'altro, diritto e tempo sono in

circolarità dialettica e cooperano in termini di senso:
  1. Il diritto scandisce con le proprie regole la successione temporale degli avvenimenti dotandoli di significato.
  2. Il diritto esprime la coscienza della durata: senza di essa non esisterebbe relazione e dunque verrebbe meno il senso stesso del giudizio, che è regola della relazione intersoggettiva.

Lezione 11/11/2021

Perché se il diritto non si occupa dell'amicizia si occupa dei rapporti familiari, si occupa dei rapporti familiari dal momento in cui procreano --> più o meno non sono sicura

CAPITOLO 14. LA MORALITÀ DEL DIRITTO.

(D'Agostino la chiama: diritto e morale)

Film: gruppo studentesco della rosa bianca. OPERAZIONE VALCHIRIA. Durante il regime nazional socialista, a partire dal 1933.

I personaggi impersonano due principi:

  • Lui: la legge
  • Lei: la sua coscienza

Importante la differenza tra etica e morale: l'etica mi mette in relazione con l'altro; la morale mi

mette in relazione con me stesso. Legge morale= Non è scoprire cosa è bene o male in forza della volontà del soggetto (di quel che il soggetto vuole) MA scoprire ciò che è male in sé e ciò che è bene in sé, al fine di comportarsi secondo quelle regole che possono valere per tutti "Agisci in modo da considerare sempre la massima della tua volontà come legge universale". Se la morale significa trovare dentro sé il giusto o sbagliato avendo come riferimento l'universale, e cotta dice che nella carità c'è maggiore moralità che vuol dire? Cotta vuole dire che la carità è quella forma esistenziale che permette di scoprire in ognuno di noi cosa è universalmente giusto o sbagliato? Cotta dice che esistono tante forme morali quante sono le forme coesistenziali: amicizia, politica, famiglia, gioco, diritto e carità. Tra tutte le morali delle forme

coesistenzialità a un gruppo di persone. La famiglia, ad esempio, è un'unità coesistenziale in cui si stabiliscono legami di affetto e solidarietà. La società, invece, è un'entità coesistenziale più ampia, in cui si sviluppano norme e valori condivisi. La morale coesistenziale si basa sulla reciproca considerazione e rispetto tra gli individui. È una forma di moralità che si fonda sull'empatia e sull'attenzione verso gli altri. La coesistenza implica la consapevolezza che le azioni di ciascuno possono influenzare gli altri e che è necessario agire in modo responsabile e rispettoso. La morale coesistenziale non è solo una questione di comportamento individuale, ma riguarda anche le dinamiche sociali e politiche. È necessario promuovere una cultura della coesistenza che favorisca l'inclusione, la solidarietà e la giustizia sociale. In conclusione, la morale coesistenziale è una forma di moralità che si basa sulla considerazione reciproca e sul rispetto tra gli individui. È una dimensione fondamentale per la convivenza pacifica e armoniosa nella società.relazione politica, ma neppure questa assume un'estensione universale, presupponendo una limitazione al numero dei soggetti, che sono solo quelli legati dallo stesso vincolo politico. Il gioco si apre all'universale ma la coesistenzialità ludica ha dei limiti: - La moralità è limitata alla "categoria dei giocatori" ed esclude comunque coloro che nella libera scelta non scelgono di giocare - I giocatori inizialmente sono uniti su un piano orizzontale, ma la vittoria fa divenire i soggetti asimmetrici, con chi è vincitore e chi è perdente. Il diritto e la carità, invece, corrispondono a questo criterio: la relazione giuridica supera anche i limiti dello Stato, poiché essa assume una dimensione universale nel riconoscere a ogni uomo la sua qualità di persona; la carità è tale proprio perché si esercita nei confronti di chiunque senza limitazioni. Ma quale delle due è al vertice supremo? il

rapporto caritativo è un rapporto "asimmetrico", poiché chi vuole fare carità ha il dovere di amare ogni persona ma non il diritto di chiedere la reciprocità; invece il rapporto giuridico è "simmetrico", poiché fra i suoi membri vi è corrispondenza reciproca di diritti e doveri (nel diritto nessuno ha solo diritti o solo doveri).

Quindi possiamo dire che la carità porta ad un'accoglienza totale dell'altro, al di là dei suoi diritti o doveri, in un atteggiamento di dono e perdono, che va oltre la misura della giustizia, sicché il destinatario privilegiato della carità è l'estraneo, l'avversario: è proprio questa "oltre misura" della carità a segnare la sua SUPREMAZIA SULLE ALTRE FORME DELLA VITA MORALE.

L'umanità autentica del diritto, che rende ragione della sua permanente e universale presenza nella storia, solleva il problema

del diritto di resistenza, ecc.). Tuttavia, questa concezione non è condivisa da tutti e si scontracon diverse critiche. Alcuni sostengono che il diritto e la morale siano due sfere separate e indipendenti, mentrealtri ritengono che il diritto debba essere sempre sottoposto ai principi morali. In ogni caso, il rapporto tra dirittoe morale è un tema complesso e dibattuto, che richiede un'approfondita riflessione.di Antigone e Socrate). Prima, pertanto, di affrontare la questione del rapporto tra diritto e morale, è opportuno disegnare un profilo dei modi in cui quel rapporto è stato pensato nel corso della storia e metterli a confronto. Affrontiamo il problema del rapporto diritto-morale esaminando anzitutto come esso sia stato pensato nel corso della storia, in particolare nelle 3 grandi sistemazioni filosofiche occidentali: quella greca, quella cristiana e quella moderna. Le posizioni della filosofia greca e cristiana sono omogenee: per queste filosofie, diritto e morale sono strettamente correlati, sicché il diritto o è anche morale o non è diritto. Questa tesi è sostenuta da Platone, da Aristotele e da Crisippo. Platone afferma: "l'ordine e la proporzione che riguardano l'anima hanno nome legalità e legge" e "quel che è retto è legge regia, non già quel che non è retto, e che sembra legge agli ignoranti,

perché è illegale". Totalmente conforme è Aristotele, il quale afferma: "il trasgressore della legge è ingiusto, il rispettoso della legge è giusto" poiché "tutte le cose legali sono certamente giuste" dato che la legge "proviene da una saggezza e da un intelletto". Ancora, Crisippo scrive: "la legge è la regina delle azioni, degli dèi e degli uomini, è cosa saggia, essendo retta ragione".

In altri termini, il diritto è tale in quanto giusto; esso infatti coordina i rapporti fra gli uomini, ma non potrebbe coordinarli in modo coerente se non secondo la giustizia universale: la giustizia non è il "dover-essere" del diritto, ma il suo stesso "essere".

La giustizia universale e oggettiva è il cardine essenziale della metafisica greca. Per questa, quindi, la giustizia non è il dover essere del diritto, ma il suo stesso essere e perciò,

non solo ha qualità morale, ma occupa la posizione più alta nell'ordine delle direttive morali rispetto alle regole di vita riguardanti il bene particolare del singolo. Analoga impostazione viene dal CRISTIANESIMO. S. Agostino sostiene: "mihi lex esse non videtur quae iustanon fuerit" e S. Tommaso la riprende. Il Cristianesimo introduce la distinzione fra "virtù cardinali", fra cui è la giustizia, che riguardano i rapporti fra gli uomini, e "virtù teologali", che riguardano i rapporti tra uomo e Dio. Quindi, nel Cristianesimo, il diritto-giustizia trova la sua pienezza nell'amore per l'Essere assoluto. L'avvento del Cristianesimo non muta l'identificazione del diritto con la giustizia; muta, invece, l'assetto generale della morale, poiché la nuova classe delle virtù teologali (fede, speranza e carità), riguardanti il rapporto Uomo-Dio, viene sovraordinata a quella

della virtù suprema, che è l'amore divino.

deldestino ontologico dell'uomo, cui è via la carità. La distinzione in vari piani e gradi della morale è intrasistematica e ne stabilisce la specificità. Non vi è perciò opposizione tra di essi, ma ra

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
66 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alice9blu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Sartea Claudio.