POSIZIONE DI PARADISI,GIUSNATURALISTA:
Il giusnaturalismo (Complesso di norme non scritte, considerate universali e necessarie,
preesistenti e non sempre coincidenti col diritto positivo, che fanno parte del patrimonio
etico-razionale-religioso di ogni individuo e/o comunità. L’esistenza di norme di diritto ,
anteriori ad ogni norma di diritto positivo è affermata dal giusnaturalismo.
"S"intende id quod semper aequum et bonum est, cioè un insieme di regole non sempre
codificate, che trovano il proprio fondamento nei principi superiori di giustizia ed equità.
Tre sono le prospettive filosofiche in cui è stato inquadrato il giusnaturalismo . Per Cicerone
esso è la recta ratio, cioè la razionalità immanente di ogni individuo.
Per altri, invece, è una qualità innata relativa all’individuo come essere animato (omnia
animalia docent).
Per una teoria più antica, invece, l’origine del giusnaturalismo è trascendente, in quanto
esso deriva direttamente da Dio e/o dall’autorità religiosa.
In epoca moderna il giusnaturalismo fa prevalentemente riferimento alla natura razionale
dell’individuo: giusnataurale è qualsiasi diritto che alla ragione dell’uomo si mostra
autoevidente, eterno e giusto.
In età contemporanea si è fatto riferimento anche ad un giusnaturalismo mutevole,
coincidente con la morale generalmente riconosciuta in un determinato tempo e luogo.
La critica maggiore che in età contemporanea viene rivolta al giusnaturalismo è che l'auto
altro che pura
evidenza ed immanenza riconosciute ai principi di diritto naturale non sono
forma: ad es. il principio «dare a ciascuno il suo» è solo apparentemente razionale
ed autoevidente, dal momento che non indica affatto i parametri in base ai quali
ciascuno può e deve considerare «suo per natura» un certo bene. Attiene all’ontologia
(ontos dal greco=participio del verbo essere,in
quanto essere umano).Non puó esistere un ordinamento positivo ma il giurista positivo
deve ispirarsi (nell’ottica giusnaturalista) al diritto naturale.Solone,il quale era un
positivista poiché scrive e pone le leggi interroga comunque l’oracolo di Delfi e si ispira
dunque al diritto naturale.Nei Totalitarismi,ad esempio nel Mein Kampf di Hitler ci sono dei
riferimenti al giusnaturalismo e Hitler si ritiene l’interprete della coscienza naturale del
popolo tedesco,ma nella realtà I diritti umani sono la riedizione moderna di alcuni diritti
naturali perché i diritti umani assoluti sono pochi,quelli su cui la natura umana può
difficilmente dissentire, e da questi non si può tornare indietro anche se non sempre sono
facili da ottenere.Quando si parla della realizzazione dei diritti fondamentali si incontrano
maggiori difficoltà nella prassi e per questo nascono i diritti umani,i quali devono garantire
nella concretezza la realizzazione dei diritti fondamentali.Se non si ponessero i problemi non
esisterebbero nemmeno i processi,proprio perché in quel caso non ci sarebbe nemmeno la
necessità di porli.
La teoria del diritto naturale vigente di Leibniz viene citata da Giuseppe Capograssi e da
Sergio Cotta.
Tale teoria non corrisponde al giusnaturalismo vero e proprio,infatti,con il termine “naturale”
si fa riferimento a un momento che non è né temporale né storico,ma logico,è un
presupposto,che è lo stato di natura dell’uomo,che si trova ai primordi,in cui decide di
consociarsi,unirsi in una società ordinata.
Secondo Locke l’uomo allo stato di natura ha la caratteristica della relazionalità e della
cooperazione,con cui si genera la necessità di fondare una società.
Secondo Hobbes l’uomo allo stato di natura è un lupo nei confronti dell’altro uomo,ha
una natura bellicosa che porta alla nascita dello stato sociale.
Quando si parla di diritto naturale vigente non ci si riferisce alle teorie Lockiane e
Hobbesiane ma si parla di un’ontologia dell’uomo allo stato naturale ma “vigente”
perché positivo,in quando ci sono delle leggi (non uccidere) che corrispondono al diritto
naturale ma sono vigenti perché corrispondono a un corpo normativo.
Questa teoria ci permette di separare quelle norme che sono “solo vigenti” da quelle che
sono naturali e vigenti.
L’ultimo ad elaborare un esempio di questa teoria è stato Sergio Cotta,il quale ha insegnato
anche a Perugia, e per il resto della sua carriera alla Sapienza di Roma.
Scrive “Il diritto nell’esistenza” dove la teoria viene esposta e successivamente
l’arricchisce rispetto ai suoi predecessori in un testo: “Giustificazione e obbligatorietà
delle norme”
,in cui secondo lui le norme per essere obbligatorie,cioè per rappresentare
autenticamente la giuridicità devono essere accompagnate da una giustificazione
ontologica.
Se non è giustificata risulta essere comunque una norma ma manca l’autenticità.
Nella seconda metà del ‘900 giusnaturalismo e giuspositivismo sembrano non essere
sufficienti a risolvere i problemi della giuridicità e dunque si elaborano nuove teorie che non
sono in antitesi rispetto alle precedenti correnti di pensiero ma sono un evoluzione,un
arricchimento.
La filosofia del diritto si pone delle domande:
-cos’è il diritto?
-qual’è il diritto giusto?
-perchè esiste il diritto?
Affiancata all’ontologia si pone la deontologia,con cui si indica la morale e l’etica.
Tra le nuove teorie elaborate nella seconda metà del ‘900 si risponde alla domanda “cos’è il
diritto?” e si trovano delle risposte a partire dalla filosofia greca,romana e medievale,su cui si
poggia la filosofia del diritto attuale,che hanno dato vita a 3 grandi correnti:
-normativismo,riguarda autori come Hans Kelsen e in Italia Norberto Bobbio e Uberto
Scarpelli,quest’ultimo ha insegnato anche a Perugia.
Questa corrente risponde alla domanda “cos’è il diritto?” come un insieme di norme e di
processo e a tal proposito Hart afferma che una comunità che si affida unicamente a un
ordinamento di norme è una comunità pre-giuridica,dunque per essere in presenza di un
diritto si deve essere in presenza di procedure,istituti che permettano a quelle norme
di godere di un effettività.
Il processo a cui fa riferimento Hart è un insieme di provvedimenti che sono norme
processuali,che tendono ad organizzare il processo,diversamente da quelle presenti nel
codice penale,che tendono a vietare qualcosa.
Questa corrente non risponde sempre in maniera sufficiente e per questo si evolve.
Filippo Cristini,autore che ha goduto di pochi riconoscimenti,aveva individuato una varietà
di norme,che tra loro devono essere distinte,infatti,ci sono norme che organizzano e altre
che prescrivono,dunque non possono essere interpretate allo stesso modo.
Ad esempio le norme del codice di Procedura Penale e le norme del Codice Penale devono
essere interpretate in modo diverso,in quanto è vietato il ricorso all’analogia nel criterio di
interpretazione delle leggi,qualora non si riuscisse a trovare una legge,volta a raggiungere il
nostro scopo si fa riferimento a una legge diversa,che persegua uno scopo simile.
Il criterio dell’analogia è vietato applicandolo al diritto penale,ma può essere usato nelle
leggi civili.
Nelle leggi penali non può essere utilizzato perché si presuppone la tassatività delle leggi
penali e il fatto che il danno nel caso del penale è maggiormente lesivo.
La differenza tra legge penale e diritto penale risiede nel fatto che le leggi penali sono
prescrittive e limitano la libertà ma nel diritto penale ci sono delle leggi che sono meramente
organizzative.
Nel codice di procedura penale la maggior parte delle leggi non sono penali,ma bensi’
organizzative e d’altra parte nel codice di procedura civile sono presenti delle norme
penali,prescrittive,che implicano come pena la reclusione.
In conclusione l’analogia nel nostro ordinamento è vietata se riferita alle leggi penali e non a
tutte le singole norme del codice di procedura penale.
Le leggi penali sono dette anche leggi limitative della libertà personale,distinte dalle norme
organizzative e da questa distinzione ne derivano delle conseguenze.
Nel nostro ordinamento abbiamo due tipi di analogia:
-iuris:parte da una lacuna,cioè il fatto che non si trovi una norma relativa al caso e quindi
per analogia se ne cerca un’altra,quando però non si trova la legge che persegua il nostro
scopo si fa riferimento a dei principi generali dell’ordinamento,i quali di solito sono nella
Carta Costituzionale e possono essere sia espliciti che impliciti.
-legis:i casi simili devono essere regolati da norme simili. Poiché il sistema normativo è
inevitabilmente lacunoso, il giudice, per risolvere i casi non regolati da alcuna disposizione
legislativa, dovrà ricercare la volontà implicita della legge, ricorrendo all'analogia di casi
simili o materie analoghe. I presupposti dell'applicazione per analogia sono: il caso deve
essere assolutamente non previsto, altrimenti si avrebbe interpretazione estensiva; deve
esistere almeno un elemento d'identità fra il caso previsto e quello non previsto; l'identità fra
i due casi deve riguardare l'elemento in vista del quale il legislatore ha formulato la regola
che disciplina il caso previsto e che pertanto ne costituisce la ratio.
Si sono sviluppati degli studi riguardo alla differenziazioni delle leggi che ci permettono di
fare giustizia:
-primarie o prescrittive
- secondarie o descrittive in senso lato
Giovanni Conte sostiene la differenza tra norme prescrittive e organizzative e i prescrittivisti
sono coloro che sostengono l’idea che tutte le norme siano prescrittive.
Ogni volta che ci si trova dinanzi a una norma si dovrebbe capire di che tipo di norma si
tratta.
Francesco Carnelutti riteneva che il solo essere convocato in un processo equivaleva ad
una sanzione e se manca lo spirito della legge e la sua funzione sfugge la stessa essenza
del diritto.
Mario Rosano e Gaetano Carcaterra pensano il sistema giuridico come un prodotto
culturale.
A tal proposito Popper,distingue il mondo in 3 mondi:
-uno dei fatti naturali
-uno di quelli materiali o psicologici
- quello delle idee oggettivate,queste ultime sono quelle che risiedono dietro a un oggetto
che è percepibile (perceptum) e i prodotti culturali sono quelli dietro cui si manifesta l’idea
dell’uomo (diritto è un prodotto culturale).
Antonio Incampo afferma che il diritto a un certo punto si deve ferm
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