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La separazione dei poteri secondo Montesquieu
Secondo Montesquieu, i 3 poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario, devono essere indipendenti per garantire la libertà dei cittadini. Il potere giudiziario deve svolgere due funzioni: assicurare che tutti rispettino la legge e applicare le decisioni prese dal legislativo. In pochi anni in Europa il diritto costituzionale si è trasformato da diritto politico, ossia diritto elaborato, interpretato dagli organi politici in diritto giudiziario. La giustizia ha assunto un ruolo sempre crescente nella vita collettiva e ormai il potere esecutivo e quello legislativo sono condizionati dalle decisioni delle corti costituzionali e si parla di "giustizializzazione della politica". Come aveva detto Carl Schmitt, in questo contesto il legislatore non è più visto "rousseauianamente" come il garante di tutti i cittadini in quanto espressione della volontà generale, ma è visto come un pericolo per i diritti individuali.
costituzionale è visto ormai come un testo incompleto: spetta al giudice completarlo. Contrariamente a quanto sosteneva Montesquieu, il giudice non può solo applicare la legge, ma deve verificarne la conformità ad un diritto superiore. Il diritto si pone al di fuori della portata del legislatore ordinario. Solo quando il giudice ha verificato la conformità di una legge ordinaria alla Carta fondamentale, essa entra a far parte dell'ordinamento giuridico. La dichiarazione di incostituzionalità ha effetti ex tunc, ossia come se non fosse mai esistita. Oggi il giudice, prima di applicare una norma, deve verificarne la sua conformità non solo con la costituzione nazionale, ma anche con il diritto comunitario, la convenzione europea per i diritti dell'uomo. Di fronte a questi documenti, le costituzioni nazionali cessano di essere i punti cardine dell'ordinamento. Questo soprattutto è dovuto al primato del diritto comunitario.
quello nazionale, introdotto dalla corte di giustizia europea (con sede a Lussemburgo). Al ruolo della Corte di giustizia si è aggiunto quello della Corte europea dei diritti umani. L'importanza che queste fonti sovranazionali hanno acquisito nei sistemi giuridici ha provocato un ulteriore indebolimento delle legislazioni nazionali. Se per la tradizione europea il giudice era soggetto alla legge e da questa traeva il diritto di giudicare, adesso il giudice si colloca al di sopra e diventa colui che decide il diritto. Il diritto legicentrico otto-novecentesco, emanazione dell'autorità sovrana dello Stato, in quanto unico detentore del potere normativo, pretendeva di presentarsi come un corpus normativo razionale. Oggi sia la razionalità formale, che il diritto legislativo tendono a divenire marginali, sia per il rilievo delle carte costituzionali, sia per l'emergere di fonti europee e globali, produttrici di un diritto sovranazionale, in cui
ogni norma generale e astratta è sempre più lontana dalla realtà sociale. Il magistrato, da un lato si trasforma in giudice della legge, dall'altro spesso si trova a fare i conti con norme incomplete, contraddittorie. In questa situazione l'ordinamento giuridico non è capace di garantire la certezza del diritto. Oggi in Europa, ci troviamo di fronte al moltiplicarsi, dovuto ai flussi migratori, di minoranze etniche che tendono a seguire il loro diritto particolare, e dall'altro un diritto positivo che applica norme diverse a situazioni giuridiche identiche. Il pluralismo giuridico è dovuto al pluralismo sociale, dovuto ai flussi migratori che rendono le società sempre meno omogenee. Fra gli elementi che hanno contribuito ad aumentare i poteri dei giudici, vi sta la corruzione delle classi politiche. L'intervento dell'autorità giudiziaria in campo politico è stato uno dei momenti più significativi e.negli Stati Uniti adoperò la parola "attivismo giudiziario" per designare questo fenomeno. Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, nacquero, in Italia e poi in Francia, il "Tribunale dei ministri" e la corte di giustizia della Repubblica. Entrambi gli organi sono nati a causa del mancato funzionamento del precedente sistema, che attribuiva la competenza a giudicare sui ministri alla Corte costituzionale, in Italia, e all'Alta Corte di Giustizia, in Francia. Dunque, l'espansione del potere giudiziario è dovuto sia all'indebolimento dello Stato sotto la pressione del mercato, sia alla crisi delle società democratiche. Dopo qualche decennio, Polanyi ha affidato alla politica il compito di difendere gli individui dal mercato. Polanyi considera il mercato non un assetto sociale spontaneo, ma una creatura dello stato liberale e confidava nel fatto che la politica sarebbe stata in grado di impedire almercato didominare con le sue leggi. Tuttavia, la politica iniziò ad abdicare a questa funzione, sotto la spinta dei neo liberali, che consideravano l'intervento dello Stato nell'economia legittimo nella misura in cui è realizzato attraverso un sistema normativo ispirato alla razionalità formale. Lo Stato di diritto rende illegittimo che un governo persegu l'incremento della crescita economica, lo sviluppo di determinati beni, l'aumento degli investimenti in un determinato settore. Hayek afferma che lo Stato non può intervenire attivamente nell'economia. Solo se sarà rispettosa, la pubblica autorità potrà intervenire nell'economia attraverso leggi ispirate alla razionalità formale, non ponendosi mai fini da raggiungere. Infatti, la pianificazione costringe l'autorità pubblica a violare il principio di uguaglianza fra i cittadini e la loro autonomia. Quindi, il governo è
condizionato in tutti i suoi atti da regole pre-stabilite e immutabili, che permettono di definire con certezza la prevedibilità delle sue azioni. Dalla tesi weberiana sulla razionalità formale, viene fatta emergere una concezione dello Stato di diritto/rule of law come un insieme di regole del gioco cui partecipano i soggetti economici, ma non lo Stato, che non può intervenire al loro posto. Lo Stato di diritto configura quello che Hayek definisce un "ordine catallattico", una società in cui il coordinamento tra gli individui non è affidato al perseguimento di fini collettivi, ma è affidato alla mano invisibile del mercato. L'idea che lo Stato possa intervenire nell'economia è parte di una visione illuminista, che vede lo Stato come capace di un sapere universale che gli consente di fissare dei fini. Per Hayek, lo Stato deve rinunciare a imporre un ordine concreto. Sarà il gioco stesso, ossia il processo economico,
che con la sua spontaneità, stabilirà di volta in volta l'ordine. L'ordine sarà sempre l'effetto della propria autoregolazione. Nel momento in cui legge e piano, ossia razionalità formale e razionalità materiale del diritto si contrappongono, il potere giudiziario acquista importanza, in quanto avrà il compito di governare l'ordine spontaneo della vita economica. Secondo Hayek, il bene che lo Stato deve tutelare è l'autonomia degli individui, come facoltà di organizzare la propria vita secondo i propri progetti. La legge deve limitarsi a fissare i limiti generali entro cui i soggetti fissano le loro attività. Questa prassi legislativa, da un lato crea distanze sempre maggiori tra i cittadini e il legislativo, dall'altro produce dei semilavorati che necessitano di essere completati dal giudice, il quale, ponendosi come terzo imparziale, conferisce alla soluzione del caso quella autorevolezza chealtrimenti le mancherebbe. Come aveva affermato Tocqueville, la giustiziabilità è un fenomeno universale, che comprende ogni ricorso al giudice, visto indifferentemente come arbitro o funzionario. Egli aveva previsto che il ruolo del giudice era bilanciare il rischio della tirannia delle maggioranze insite in ogni governo democratico. Diversamente però da Tocqueville, il giudice non deve solo proteggere i valori aristocratici, ma deve consentire agli esclusi l’accesso al diritto.
Lo spostamento del baricentro del governo della società liberal-democratica dall’asse “potere esecutivo-potere legislativo” all’asse potere giudiziario corrisponde ad una visione illuministica di una società razionalmente ordinabile e riconducibile ad unità. L’indebolimento di tale visione fu dovuto allo scemare dalla “potestas coercitiva del diritto a vantaggio della sua potestas directiva”. Come sostenne Aulis Aarnio,
le norme giuridiche devono corrispondere, oltre che con l'ordinamento giuridico, anche con il tessuto di convenzioni che formano la forma sociale di vita. Oggi appare evidente che le società complesse non possono essere governate razionalmente in modo burocratico e gerarchico, ma nemmeno possono essere affidate interamente all'autoregolazione spontanea. I sistemi politici delle società complesse delegano attribuzioni sempre più ampie al potere giudiziario, in quanto i cittadini lo considerano un potere meno invasivo, più aperto e meno discrezionale dei poteri politici. I nuovi compiti affidati ai giudici richiedono che il potere giudiziario sia tanto più autonomo dal potere politico. Il giudice si pone non solo come arbitro o giurista, ma come conciliatore delle relazioni sociali. Abbandonata la visione ottimistica del progresso tecnologico, secondo cui la scienza è capace di eliminare, attraverso nuove scoperte, i rischi da essa prodotti.le nuove tecnologie si presentano come fonte di pericoli e le corti diventano il solo luogo in cui le precauzioni trovano un'applicazione concreta. I cittadini si sono rivolti alle corti non solo per avere le risposte che il legislatore non poteva dare, ma anche per trovare una soluzione eticamente accettabile. Lo sviluppo della scienza e delle biotecnologie pongono questioni, definite bioetiche, per le quali non si trovano risposte condivise. Quando sono chiamati a decidere un problema su questioni come l'eutanasia, l'informazione e le manipolazioni genetiche, i giudici devono affrontare questioni che non hanno una soluzione giuridica, ma neppure esiste una soluzione condivisa sul piano morale. La legge generale, nelle società complesse, appare uno strumento rigido, astratto, lontano dalla realtà. Nelle società multietniche, l'idea di una decisione presa a maggioranza non va bene, perché sono tanti gli interessi di tutte le minoranze. LaLa decisione del singolo caso appare l'unica accettabile, perché non compromette l'identità dei diversi gruppi. Il successo dei giudici deriva dal fatto che sempre più spesso, di fronte ad un sistema politico incapace di costruire un ordine, si rimette alla magistratura per gestire il conflitto. Di fronte al crescere della complessità.