CAPITOLO PROBLEMATICA SIGNIFICATO DI “FATTO”
Separazione tra essere e Definizione di diritto (proprietà Fatto come mondo
dover-essere essenziali del diritto) dell’essere, realtà empirica,
“natura”
Giudizi di fatto e di valore Usi del linguaggio Fatto come ciò che può
(descrittivo/prescrittivo; giudizi essere constatato, descritto
di fatto/giudizi di valore) attraverso giudizi suscettibili di
essere veri o falsi
(proposizioni descrittive)
Validità ed effettività Validità ed esistenza della Fatto come esistenza fattuale
norma giuridica di una norma(coincidenza fra
esistenza ed effettività della
norma)
Validità ed effettività Possibilità dell’ordinamento Fatto come fondamento
giuridico fattuale di un ordinamento
giuridico (il fondamento del
diritto coincide con la sua
accettazione di fatto da parte
dei destinatari)
Fatto e ragionamento giuridico Ragionamento giuridico Fatto come fattispecie
astratta: classe di fatti a cui si
riferisce una norma.
concreta: fatti accertati in
giudizio, giuridicamente
qualificati e sussunti all’interno
di una norma.
Retorica
Introduzione
In questo capitolo siamo interessati ad analizzare come i discorsi vengano organizzati e presentati,
siamo cioè interessati al modo in cui colleghiamo fra loro elementi diversi del discorso affinché
possano persuadere. La retorica può essere definita come l'arte di persuadere qualcuno sulla
fondatezza di una determinata tesi argomentandola.
Ciò che si sostiene è normalmente chiamato "tesi" o "conclusione" del discorso, mentre i motivi
che si offrono per sostenerla sono chiamati "argomenti" o "premesse". Ecco perché oltre che di
retorica, si parla comunemente anche di "argomentazione", l'attività di argomentare consiste
dunque nell'offrire ragioni a sostegno di ciò che affermiamo.
Argomentare risulta quindi un'attività necessaria qualora si voglia mostrare la credibilità di una tesi
incerta, ossia di una tesi sulla quale si possono avere opinioni diverse.
Prende in nome di “inferenza” il processo con cui si giunge ad una conclusione partendo da certe
premesse: il ragionamento nel quale le inferenze trovano luogo presenta la seguente struttura: “se
P (premesse) allora C (conclusione).Ovviamente premesse e conclusione possono essere di varia
natura, e pertanto può essere di varia natura il ragionamento che le contiene.
Il fine per cui spesso facciamo dei discorsi è spesso un fine pratico, come quando si ragiona in
vista di una decisione di fronte a terzi che sono nella posizione di valutare ciò che stiamo dicendo.
In questo tipo di discorsi risulta importante non solo la logica (disciplina che ha per oggetto il modo
valido di formare dei ragionamenti) ma anche la capacità che abbiamo di suscitare delle emozioni
in chi ci ascolta, così da predisporlo ad accettare il nostro argomentare, facendo valere il nostro
carattere e valore personale.
Queste 3 componenti: logica (logos) emozioni (pathos) carattere (ethos) erano già state individuate
da Aristotele come essenziali per generare la persuasioni in situazioni particolari.
All'interno della "Retorica" di Aristotele l'arte della persuasione (e della retorica) si esercita infatti in
tre particolari tipi di discorso:
● Epidittico: il retore parla a un pubblico di spettatori per ottenere biasimo o lode verso una
persona o un accadimento. Il discorso epidittico si svolge tipicamente nelle cerimonie, in cui
la decisione degli spettatori riguarda il presente e consiste nel giudicare il talento
dell'oratore.
● Deliberativo: il retore parla ad un’assemblea per fornire le proprie opinioni sul da farsi.
Questo tipo di discorso trova generalmente applicazione nei contesti politici, in cui
l’assemblea deve adottare delle decisioni per il bene della comunità, dunque si tratta di
decisioni che riguardano il futuro.
● Giudiziario: il retore parla ad un giudice per persuaderlo su certi accadimenti. Ciò avviene
nel contesto tipico del processo in cui la decisione del giudice riguarda avvenimenti passati.
Ecco che si manifesta il legame tra retorica e diritto: il modo stesso in cui il diritto si forma è
retorico, il diritto ha non solo una componente autoritaria (si concretizza in una decisione) ma
anche razionale, emotiva ed etica.
Le decisioni si formano infatti sulla base di argomenti che, l'uomo politico o l'avvocato, devono
utilizzare per persuadere l'assemblea o il giudice, anche utilizzando il pathos e vantando un certo
ethos. Inoltre la stessa assemblea e lo stesso giudice sono a loro volta chiamati ad assumere una
decisione nel rispetto delle modalità del logos, del pathos dell'ethos.
Il contesto in cui tutto ciò avviene è piuttosto particolare: si tratta di contesti "trilogici" in quanto
tanto nelle assemblee politiche, quanto nelle controversie giudiziali, il retore parla non solo di
fronte a un terzo, ma anche contro un altro soggetto.
Con riferimento al processo si afferma che se le parti non sono almeno tre, quel confronto non
possa essere definito processo; inoltre un processo è tale solo laddove si svolga in un contesto
istituzionalizzato (disciplinato da regole e principi).
Pregiudizio sulla retorica
Il termine "retorica" è spesso utilizzato in senso negativo, in base all’erronea convinzione che chi
faccia uso di certi stratagemmi retorici voglia in realtà convincerci di qualcosa di falso. Al tempo
stesso ci sono però ambiti in cui è praticamente impossibile fare a meno della retorica, si pensi ad
esempio ai dibattiti politici, nei quali si percepisce talvolta la sensazione di essere ingannati.
Le origini della retorica (periodo classico)
La retorica trova origine e diviene oggetto di insegnamento da quando, nel V secolo, vennero svolti
a Siracusa un nuovo tipo di processi, caratterizzati da grandi giurie popolari dinanzi alle quali era
necessario essere eloquenti (per persuaderle).
Gorgia di Leontini e la critica ai sofisti di Platone.
Uno dei massimi esponenti tra i Sofisti, viene criticato da Platone in uno dei suoi più celebri
dialoghi: “il Gorgia” in cui Socrate discutendo con un allievo di Gorgia attacca l’idea che questi
aveva della retorica.
Secondo i sofisti l’arte della retorica era da esercitarsi con il solo fine di convincere l'uditorio di
qualsivoglia tesi, persuadendolo con qualunque tecnica necessaria. Dunque per Gorgia la parola
avrebbe avuto la funzione sostanzialmente di ingannare chi ascolta, ed è in questa concezione che
emergono le ragioni della “cattiva fama” della retorica.
Tuttavia questa tecnica di comunicazione non è nemmeno da considerarsi retorica, ma bensì
sofistica, in quanto frutto di una filosofia relativistica in base alla quale “di tutte le cose è misura
l’uomo” (Protagora). Per i sofisti infatti non esistono la verità, il giusto o il bene in sé, ma
esisterebbero solo come opinione personale, e nessuna opinione è preferibile all’altra. Dunque
preferirne una rispetto all’altra non dipenderebbe da altro che dalle capacità persuasive di chi le
propugna, pertanto la retorica avrebbe la sola funzione di far prevalere un opinione sull’altra.
La Sofistica viene definita da Platone come una “pseudo-retorica” a cui egli contrappone la
“retorica autentica” che sarà quella retorica volta alla custodia della verità, del giusto e del bene.
L'idea di una retorica in grado di prendersi cura dell'altro, sarà trasmessa da Platone al suo allievo
Aristotele, a cui sarà riconosciuta la prima autentica trattazione sulla retorica (appunto “Retorica”)
Anche lo stesso Aristotele criticherà l'uso perverso che facevano i sofisti della retorica, emerge
dunque una duplice “anima” dell'arte di persuadere: quella sofistica e quella retorica.
Una volta condivisa la posizione del maestro, Aristotele si dedicherà al tentativo di riabilitare la
retorica, che egli considera un'autentica forma di sapere di trasmissione della conoscenza.
La retorica è intesa come “arte del corretto ragionare entro un dialogo a partire da ciò che il mio
interlocutore accetta” (Platone→”pensare in comune”)
Tuttavia in contesti come quelli deliberativi e giudiziali in cui non si tratta solamente di accertare il
vero, ma di prendere decisioni e agire di conseguenza, occorre affiancare al logos della dialettica
al pathos e l'ethos della retorica.
Da questo punto di vista la dialettica (logica) è l'arte del corretto ragionare (ricercare il vero) e la
retorica si accompagna ad essa. Il rapporto fra logica e retorica è dunque di tipo includente: il
discorso retorico persuade non solo attraverso il pathos (mozione di sentimenti nell’uditorio) e
l'ethos (credibilità e qualità del retore) ma anche attraverso, e soprattutto, l'esercizio in comune
della ragione (logos).
Occorre ora operare una distinzione fra dialettica è retorica e procedere poi con alcune
osservazioni:
● Il discorso dialettico mira a stabilire una tesi generale attraverso un alternarsi di domande e
risposte brevi con un singolo interlocutore. il suo scopo è di natura teoretica e il procedere
è tipicamente dialogico.
● Il discorso retorico invece prevede che il retore debba far prendere una decisione su una
questione particolare ad un uditorio ampio, e dovrà farlo grazie alla forza del suo discorso.
Pertanto il suo scopo ha natura pratica e il suo procedere è monologico. Per monologico si
intende un particolare modo di procedere del discorso in cui l'uditorio non ha la possibilità
di interloquire direttamente col retore (instaurando un dialogo), ma potrà solamente fornire i
propri giudizi riguardo al discorso e al suo autore.
Partendo dal presupposto che il contesto giudiziale sia retorico, è bene osservare che: c'è una
relazione tra dialettica è retorica, ma la retorica è più della dialettica, il metodo giuridico non può
essere ridotto alla dialettica. Questo perché la dialettica appartiene ad un sapere teoretico, ed il
diritto non è un sapere teoretico ma pratico (si tratta di prendere delle decisioni).
Per comprendere meglio questi punti vedi appunti manzin su pistis ed episteme.
Dal periodo classico e medioevale all’età moderna
Questo riscatto della retorica compiuto da Aristotele si trasmette alla tradizione romana.
Nelle opere di Cicerone e Quintiliano la retorica viene distinta nelle diverse parti del c.d.
“reticolo retorico” →
inventio (rinvenimento pr
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