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Genericità: eccesso di inclusività, indica tutti i problemi relativi all’attribuzione di significato e comprensione non solo di testi ma
anche di comportamenti; nel linguaggio giuridico assume un senso talmente lato da coprire tutte le attività svolte dai giuristi.
Vaghezza: indeterminatezza dei significati di “interpretazione” per cui accanto a un nucleo di senso certo, è presente un alone di
incertezza.
Ambiguità: il termine presenta molti significati diversi, in particolare presenta cinque ambiguità:
1. Interpretazione in senso stretto (tutti gli operatori giuridici attribuiscono significato a un testo;) e in senso lato (compiono tutte le
attività collegate all’attribuzione di significato).
2. Attività e prodotti: le interpretazioni-prodotto di una stessa disposizione prese singolarmente tendono a divergere (tutte possibili),
prese nel loro complesso tendono a convergere (non tutte ugualmente probabili);
- Interpretazioni dottrinali divergenti convergono in dottrine maggioritarie
- Interpretazioni giudiziali divergenti convergono in giurisprudenze prevalenti o costanti.
3. Funzione dell’interpretazione: si distingue tra scientifica (si limita a elencare i significati, crea una cornice), decisoria (consiste
nella scelta di un significato tra quelli compresi nella cornice) e creativa (compiuta inventando significati fuori dalla cornice).
4. Soggetti dell’interpretazione: si tratta di quattro soggetti:
- Dottrina → interpretazione dottrinale → compiuta dalla dottrina, producendo manuali, commentari…; è funzionale
all’insegnamento del diritto.
- Giudici → interpretazione giudiziale → compiuta dai giudici producendo sentenze; è funzionale all’amministrazione della
giustizia come applicazione di norme astratte a casi concreti; occorre distinguerla in: ordinaria (corti d’appello, tribunali;
mira alla giustizia del caso concreto) e di legittimità (corte di cassazione e corte costituzionale; controlla la conformità delle
norme; mira alla legittimità costituzionale)
- Funzionari → interpretazione ufficiale → producendo atti amministrativi e regolamenti; mira all’attuazione delle leggi
- Legislatore → interpretazione autentica → stabilisce la corretta interpretazione (ex tunc)
5. Interpretazione giudiziale interpretazione in astratto e interpretazione in concreto
5.1 Interpretazione in astratto (dottrina del sillogismo giudiziale): l’interpretazione risolve l’ambiguità della disposizione e ne ricava
una norma astratta; il giudice ordinario agisce in tre passaggi:
- individua la norma astratta
- ricostruisce il caso per adattarlo alla norma
- applica deduttivamente la norma
5.2 Interpretazione in concreto o applicazione: riduce la vaghezza, deducendone la n orma concreta che risolve il caso.il
ragionamento dei giudici non è sempre lineare, nella realtà il punto di partenza è il caso concreto.
Teorie dell’interpretazione
Hart negli anni Cinquanta propone tre teorie dell’interpretazione: formalismo e scetticismo interpretativo e teoria mista (Hart); questa
tripartizione presenta tre difetti:
- retorico: si pone la teoria mista come giusto mezza tra formalismo e scetticismo
- le tre teorie non sono formulate secondo l’interpretazione in senso stretto
- le tre teorie si esprimono su tre argomenti distinti (dovrebbe, potrebbe, come si risolvono i casi).
Formalismo interpretativo: tutti i casi dovrebbero avere una sola soluzione corretta, tra le tante interpretazioni il giudice deve
scegliere quella che gli appare migliore e presentarla come la migliore se non proprio l’unica corretta, questa posizione è
comprensibile nella pratica; è invece insostenibile nella teoria, secondo ciò il formalismo interpretativo non è una teoria cognitiva,
ma una filosofia normativa dell'interpretazione che rinvia ad un'etica oggettiva. Per Dworkin i disaccordi interpretativi sono
controversie morali, la cui soluzione oggettiva è garantita solo da una metaetica costruttivista. Lo stesso, ha difeso questa posizione
soprattutto sul terreno dell'interpretazione costituzionale.
Come filosofia normativa dell'interpretazione, la filosofia di Dworkin si riduce alla pretesa che debba esservi sempre un'unica
soluzione, più corretta giuridicamente e moralmente di tutte le altre; altre; si è giunti quindi alla conclusione che non solo il diritto,
ma anche le sue interpretazioni debbano essere giuste.
Scetticismo interpretativo: tutte le disposizioni possono avere più di un significato. Coniata da art. Oggi copre ogni teoria che spieghi
i disaccordi interpretativi in base a tre fattori, l'indeterminatezza linguistica dei testi da interpretare, La varietà dei loro contesti di
applicazione e la pluralità dei loro co-testi, ovvero di tutti gli altri testi con i quali essi fanno sistema.
Qui si distinguono due teorie dell'interpretazione, divenuta molto diverse tra loro:
- lo scetticismo vero e proprio (le disposizioni non hanno significato prima dell'interpretazione virgola e l'interpretazione
attribuire glielo creando la norma. Il diritto verrebbe creato non dai legislatori ma dai giudici. Tale scetticismo ha due pregi e
un difetto.
Il primo pregio è che viene considerata in astratto, ogni disposizione è solo una successione di parole, passibile di infinite
interpretazioni;
Il secondo pregio è che per acquistare significato deve essere interpretata.
Il difetto è invece il seguente: L'interpretazione Non avviene mai in astratto, fuori da qualsiasi contesto di applicazione, il
giudice non è mai solo, ha sempre almeno un caso da decidere e decisioni precedenti su casi simili. Contribuisce dunque a
produrre il diritto con una decisione che si aggiunge a quelle di altri giudici, del legislatore e del costituente.
- il realismo interpretativo ogni disposizione ha più di un significato, ma l'interprete e in particolare il giudice, non lo crea dal nulla,
si limita a sceglierlo tramite l'interpretazione.
il diritto è prodotto congiuntamente dai legislatori per le norme generali astratte e dai giudici per le norme particolari e concrete. I
realisti interpretativi marca nel loro distacco dallo scetticismo interpretativo, adottando la metafora che il segnale della cornice.
Teoria mista: ci sono casi chiari (disposizioni che esprimono una sola norma) e casi difficili (disposizioni esprimono più norme), per
notare i limiti della teoria mista Hart propone l’esempio del parco e il divieto di entrata dei veicoli.
Termini astratti hanno una struttura aperta e possono portare a più interpretazioni, si sviluppano quindi un caso facile (interpretazione
letterale) e due complessi (interpretazione estensiva e restrittiva).
Simile alla teoria mista c’è il realismo interpretativo, si differenzia per la metafora usata dentro/fuori la cornice (contrapposta a
core/penombra); il termine cornice è ambiguo (accettabili, precedenti/già attribuiti e non accettabili ma prevedibili).
Per rimediare a teoria mista e realismo interpretativo nasce la teoria evolutiva dell’interpretazione, interpretazione indica una serie di
atti, l’attività interpretativa dei giudici non è limitata a un caso singolo.
Ragionamento giuridico
Formato dall’interpretazione giuridica e tutte le attività a essa connesse, l’odierna teoria del ragionamento giuridico adotta il
sillogismo giudiziale come schema per studiare i vari passaggi del ragionamento del giudice:
Giustificazione esterna in fatto: corrisponde alla motivazione in fatto delle sentenze; la parte in cui il giudice giustifica la sua
ricostruzione dei fatti, la consapevolezza del primato della giustificazione esterna in fatto su quella in diritto ha portato i teorici a
occuparsi di tre questioni:
- valutazione razionale della prova: il giudice deve fornire proposizioni empiriche;
- rinvio del legislatore a nozioni tecniche o scientifiche che causa la c.d opacità del diritto.
- delegazione di compiti giudiziali a macchine che imparano dai dati immessi sulle decisioni passate
Giustificazione esterna in diritto: corrisponde alla motivazione in diritto; la parte in cui il giudice giustifica la scelta delle
disposizioni rilevanti e la loro interpretazione; le disposizioni vanno interpretate in modo che siano valide, vigenti e idonee a
risolvere il caso.
Giustificazione interna: conclusione del sillogismo giudiziale, corrisponde al dispositivo della sentenza (parte del documento che
riporta la decisione presa); la conclusione dovrebbe seguire logicamente da entrambe le premesse;
- la necessità è relativa alle premesse, se le premesse cambiano cambierà anche la conclusione.
- La deduzione non riguarda enunciati ma significati, virgola, non disposizioni ma norme, più precisamente norme astratte,
proposizioni empiriche.
- la conclusione piuttosto che essere dedotta dalle premesse non le deve contraddire.
L’argomentazione dell’interpretazione
L’argomentazione viene spesso considerata un’attività successiva all’interpretazione/applicazione (prima il giudice trova la soluzione
e poi la giustifica, argomentando); il processo non è sempre lineare: il giudice può sperimentare varie soluzioni, procedendo per
tentativi ed errori e in questa sperimentazione servirsi già di argomenti interpretativi.
In questa sezione andremo a ricostruire i principali argomenti dell’interpretazione giudiziaria.
1. ARGOMENTO LETTERALE: o del significato proprio delle parole, è il primo degli argomenti sperimentati dal giudice, unico
necessario ma raramente sufficiente; limitarsi all’interpretazione letterale senza pensare alle conseguenze è uno degli atteggiamenti
detti formalistici → bisogna considerare l’intenzione del legislatore (la ratio della norma). L’interpretazione letterale può variare
per almeno quattro ragioni:
- Il testo può cambiare senso: singoli termini cambiano significato e la disposizione viene ri-interpretata.
- L’interprete può allargare lo sguardo al cotesto.
- Cambia il contesto: mutano i casi a cui la disposizione si applica
- Può cambiare la giurisprudenza in materia.
2. ARGOMENTO DEL PRECEDENTE: la convergenza dei giudici su precedenti ha il pregio di trasformare rapporti fra giudici
presenti e passati a un gioco cooperativo, trasformando la giustizia in una macchina che funziona più prevedibilmente.
È possibile ipotizzare che i giudici dopo aver sperimentato l’argomento letterale, prima di passare all’intenzione del legislatore,
controllino se l’interpretazione da loro fornita si adegua ai precedenti; nel civil law il precedente è solo persuasivo: i giudici temono
che le loro decisioni, se non supportate da precedenti, siano cassate.
3. ARGOMENTO A CONTRARIO: questa argomentazione ha due usi principali:
- Letterale (vedi punto 1.): ex.