La riforma grafica del suono /f/ (con l'introduzione di 8) fu accettata solo nel tardo VI secolo a.C..
L'alfabeto e la cultura epigrafica etrusca furono il modello per la nascita di diversi sistemi scrittori nell'Italia
centro-settentrionale.
• Derivazioni Arcaiche: Latino, falisco, venetico, retico e leponzio.
• Derivazioni Recenti: Umbro e in parte osco.
➔ Differenza dal Sabino: L'alfabeto sabino non derivò dall'etrusco, ma direttamente dal greco-
euboico.
La diffusione della scrittura in Veneto riflette contatti prolungati con l'Etruria.
• Prima Fase: Formata su modelli etruschi. Mancanza di <f> (sostituito dal digramma <vh>) e regolarità
del segno <s> retrogrado richiamano l'etrusco del VII secolo a.C..
• Seconda Fase (fine VI sec. a.C.): Riformata con l'introduzione dell'interpunzione sillabica.
L'interpunzione sillabica è un sistema diacritico inventato in Etruria (probabilmente dalla scuola
scribale di Veio) e adottato dai Veneti come obbligatorio, evidenziando un continuo scambio di
innovazioni22.
Gli Etruschi si stanziarono in Campania molto presto (inizi dell'Età del Ferro) diffondendovi il modello urbano.
La scrittura etrusca fu appresa direttamente dai connazionali, non tramite la colonia greca di Cuma.
• Area Meridionale (Pontecagnano): Scrittura arrivata prima (metà VII sec. a.C.) per via marittima
(Tarquinia o Vulci).
• Area Settentrionale (Capua, Suessula): Scrittura arrivata più tardi (metà VI sec. a.C.) per via terrestre
(Cerveteri o Veio).
L’Interpunzione Sillabica in Campania (punti che notavano sillabe non aperte) fu un fenomeno caratteristico,
sistematicamente applicato (ad esempio, nella Tabula Capuana).
Genti etrusche diedero vita a una fiorente civiltà urbana (Felsina, Marzabotto, Spina) con alfabetizzazione
precoce in area padana. Felsina/Bologna ebbe una partecipazione precoce (inizi VII sec. a.C.), con iscrizioni
complesse (come l'Anforetta Melenzani, c. 600 a.C.), e un ricco repertorio di segni alfabetici che la allineano
ai centri tirrenici.
Periodizzazione delle scritture etrusche
La fase arcaica si estende dal 700 a.C. al 400 a.C. circa. Il passaggio alla fase successiva fu un cambiamento
rapido, che portò a nuovi formulari e tipi di scrittura.
Nella fase arcaica, l'alfabeto etrusco non aveva il carattere di "marca di identità cittadina" come nel mondo
greco. Le iscrizioni erano quasi tutte destinate a una circolazione privata.
➔ Una singolare riforma grafica fu tentata nel VII secolo a.C. per conformare la scrittura etrusca ai
modelli euboico-coloniali. Questa riforma fallì, ma fu usata per iscrizioni su oggetti di alto valore,
come la tavoletta scrittoria d'avorio da Marsiliana d'Albegna.
La scuola scribale di Veio, forse legata al santuario di Portonaccio, rappresenta l'unica eccezione in cui la
scrittura sembra collegata a un'istituzione cittadina. Il tratto più distintivo di questa scuola è l'uso frequente,
anche se non universale, dell'interpunzione sillabica (punti che notavano le lettere al di fuori dello schema
base consonante + vocale). Si riscontra qui una maggiore frequenza (sebbene minoritaria) del ductus
destrorso (scrittura da sinistra a destra), in concorrenza con il sinistrorso tipico etrusco.
Il periodo tardo-arcaico (dagli ultimi decenni del VI secolo a.C.) è segnato da importanti cambiamenti.
La scrittura di origine chiusina (con grafemi particolari come <e> e <v> ruotate senza coda) si diffuse in tutta
l'Etruria settentrionale, diventando un modello ineguagliabile. Quasi contemporaneamente, a Cerveteri, si
affermò una riforma grafica (legata alla potente famiglia dei Velianas e documentata dalle Lamine d'oro di
Pyrgi).
➔ Fu introdotta una distinzione grafica tra i due fonemi sibilanti.
➔ L'innovazione più rivoluzionaria fu l'introduzione dell'andata a capo (rottura del testo in linee
successive dello stesso orientamento) e l'impiego sistematico dell'interpunzione interverbale
(separazione delle parole). Questa concepiva per la prima volta lo scritto come qualcosa di distinto
dal parlato.
Il IV secolo a.C. segna una "palingenesi dell'epigrafia" con la stabilizzazione definitiva delle forme espressive.
Le tradizioni arcaiche si cristallizzano in tre serie grafiche:
• Corsivizzante: Settentrionale, derivata da Chiusi.
• Capitale: Tarquiniese-Vulcente, meridionale.
• Regolarizzato: Cerite-Volsiniese, diffuso lungo la fascia tiberina.
La prima metà del III secolo a.C. vide l'espansione delle scritture meridionali nell'Etruria settentrionale,
probabilmente a causa del trasferimento di artigiani specializzati, come gli scultori tarquiniesi che emigrarono
a Chiusi.
Cortona fu il centro propulsore di un'unica riforma grafica in questa fase, introducendo la invertita (<ė>) per
marcare un suono probabilmente lungo e aperto, segno di un'autonoma scuola scribale.
Nonostante la breve parentesi del Capitale tarquiniese-vulcente nel Nord, fu il Regolarizzato cerite-volsiniese
a diffondersi capillarmente e a sostituire gli altri sistemi entro il II secolo a.C., diventando di fatto l'alfabeto
"nazionale" etrusco. La sua diffusione fu forse veicolata da testi su materiali deperibili, come i trattati liturgici
e divinatori (il Liber Linteus Zagrabiensis è redatto in scrittura Regolarizzata).
L'etrusco persistette fino al I secolo a.C., ma il fenomeno della digrafia (iscrizioni etrusche in alfabeto latino)
emerse, quasi esclusivamente nell'epigrafia funeraria settentrionale. Questo fenomeno, sebbene raro prima
del I secolo a.C., divenne un aspetto della transizione verso il mondo romano, particolarmente dopo la
concessione della cittadinanza romana nel 90-89 a.C.. Nelle iscrizioni tardo-settentrionali, il grafema etrusco
<s>, estraneo al sistema latino, venne usato indiscriminatamente come marca ostentata di etruscità.
CAPITOLO 3
Le attuali conoscenze sulla lingua etrusca si basano su un'attività di ricostruzione che procede a fasi alterne
sin dal XIX secolo. Tradizionalmente, la lingua è stata studiata utilizzando tre metodi principali:
• Metodo Etimologico: Si basa sul presupposto che esistano legami genealogici tra le lingue, anche
quelle frammentarie, rintracciabili attraverso la comparazione lessicale.
• Metodo Combinatorio: Opera in modo induttivo, concentrandosi sull'individuazione delle forme
grammaticali e sull'analisi morfologica.
• Metodo Bilinguistico (o della Comparazione Storico-Culturale): Parte dall'assunto che nell'Italia
centrale antica esistessero codici espressivi e moduli testuali comuni in ambito giuridico, istituzionale
e religioso.
Dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, la ricerca ha formalizzato approcci più aggiornati, rivisitazioni
del combinatorio, definiti come:
• Metodo Grammaticale: Estende all'etrusco le strategie di analisi strutturale della linguistica
moderna, permettendo di comprendere con precisione la sintassi di quasi tutti i testi etruschi, anche
quelli non traducibili parola per parola.
• Metodo Tipologico: È una procedura inferenziale che attribuisce all'etrusco "caratteri grammaticali
che si trovano tendenzialmente rappresentati nelle lingue naturali", agendo come controllo di
congruenza all'interno del sistema ricostruito con il metodo grammaticale.
Il limite generale di tutti i metodi risiede nel fatto che le conoscenze sono il risultato di una catena
interpretativa basata su una quantità limitata di dati, che potrebbero essere interpretati anche in modo
diverso. Il progresso degli studi etruscologici dipende dalla collaborazione tra archeologi e linguisti per la
condivisione e l'estrazione di informazioni contestuali dai reperti.
La ricostruzione fonetica e fonologica dell'etrusco si basa principalmente sulle trascrizioni etrusche di nomi
greci e sulle trascrizioni latine di nomi etruschi (conseguenti all'ottenimento della cittadinanza romana dopo
la lex Iulia del 90 a.C.).
Le due sibilanti sorde: La lingua etrusca possedeva due sibilanti sorde, che tentò di distinguere
sistematicamente nella grafia:
• La sibilante semplice, corrispondente al fonema /s/.
• La sibilante marcata, indicata con il segno convenzionale /ś/, ritenuta da molti una sibilante palatale
(come /ʃ/), sebbene non vi siano certezze assolute.
Un elemento di complessità è che le aree etrusche adottarono scelte grafiche opposte per queste due
sibilanti. Ad esempio, il suffisso genitivo -/s/ è reso con <-s> al Sud e <-ś> al Nord, mentre il determinativo
enclitico -/ś a/ è reso <-ś a> al Sud (e a Cerveteri) e <-sa> al Nord. Nelle iscrizioni tardive settentrionali, si
assistette a una forte deriva di <-ś> verso <-s> (II secolo a.C.), forse per l'interferenza della scrittura latina.
➔ La storia dell'etrusco è caratterizzata dalla sincope (scomparsa delle vocali postoniche) nel passaggio
tra la fase arcaica e quella recente.
L'etrusco è una lingua agglutinante. Le categorie grammaticali (come caso e numero) sono segnalate da
suffissi specifici che possono cumularsi.
Casi e Declinazione: I nomi dei casi sono convenzionali. Si distinguono due classi di declinazione:
• Classe 1: Temi in vocale (tranne antroponimi femminili in -i), liquida, nasale, e -x. Hanno il genitivo in
-/s/ e l'ablativo in -is.
• Classe 2: Antroponimi femminili in -i e i restanti temi in consonante. Hanno il genitivo arcaico in -a o
-ala, e quello recente in -al.
I casi principali sono:
• Nominativo/Accusativo: Non ha suffissi e ha forme identiche per nominativo e accusativo (tranne
nei pronomi). Esprime soggetto, oggetto e tempo continuato.
• Genitivo: Esprime principalmente possesso, il destinatario di un dono (umano o divino), e l'età.
• Pertinentivo: (Convenzionalmente considerato un dativo in passato) Esprime l'autore di un dono
(diretto o indiretto).
• Ablativo: Esprime l'agente nelle strutture formularie con verbi al passivo.
Tra i casi meno comuni figura lo strumentale/locativo in -i. È attestata la posposizione locativa -ti/-θi* (ad
esempio, tarχnalθi = "a Tarquinia").
Esistono due suffissi di plurale:
• -er/-ar: Caratteristico dei nomi che identificano animati (es. termini di parentela).
• -xva/-va: Caratteristico degli inanimati.
Il pronome più comune è il determinativo enclitico -/śa/, che concorda in caso e numero, funzionando in
modo simile al nostro articolo determinativo.
Il verbo etrusco non ha suffissi che identificano le persone (il soggetto deve essere sempre espresso). Tra i
suffissi verbali conosciuti con sufficiente certezza vi sono: -ce (azione compiuta), -xe (forma passiva), -(θ)as(a)
(participio
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