Ci sono varie forme di etica normativa; anche un’etica della virtù, anche l’utilitarismo (non
solo la deontologia kantiana); tentativo di trovare un valore indipendentemente dal mio
personale punto di vista sulle cose. Sfida impegnativa e faticosa, tema dell’etica.
Paragrafo 2, p. 8 > concetto di persona
Chi è il soggetto dell’etica? Nel tentativo di fare una fondazione della Metafisica dei
Costumi, Kant ci parlava dell'essere razionale collocato tra due mondi (dimensione corporea
e bisognosa e razionalità). Questa dualità è presente nella Fondazione, dove presuppone
questo essere tra due mondi, che potrebbe essere un marziano. Kant negli scritti fondativi non
dà spazio sufficiente all’umano (lo farà nell’Antropologia o nella Metafisica dei Costumi);
quindi ciò ha reso la fondazione kantiana troppo formale, idea di Husserl. Husserl introduce il
concetto di persona e uno strumento che Kant non aveva, l’intenzionalità; la relazione come
relazione intenzionale.
Idea della soggettività; chi è l’io? Chi è l’io che vuole gli scopi? che sceglie se mentire o
meno? Qual è il significato che attribuiamo all’identità in fenomenologia, oggetto di
riflessioni. L’idea che ci sia in Husserl una dimensione fondante di un io, di una coscienza
che dice “me”, è un tema che deriva da un certo tipo di tradizione filosofica, anche kantiana,
e che conosce in Husserl fasi diverse.
Husserl aveva detto, “non sento l’esigenza di parlare di io” (come un Io humiano, fascio di
percezioni). Dalla secondo edizione aggiunge una nota, da cui l’esigenza dell’io. Tema che
può essere ricostruito nell’evoluzione husserliana, ma è un tema interessante. Esempio: il
sapere legato alle neuroscienze, idea di un io legato a una dimensione arcaica, di un cervello
quasi rettile; una dimensione evolutiva del cervello etc. In Husserl è un tema che si gioca sul
ruolo dell’altro, Husserl struttura l’io in relazione alla corporeità; l’io in Husserl è prima io
posso muovere e molto dopo io penso. Qual è il ruolo che attribuiamo all’io originario? Il
punto originario è il “me” minimo? L’elemento fondante dov’è? In Husserl prevale l’io
minimo, che poi incontra l’alterità.
Concetto di persona. Husserl collega il concetto di persona con quello di abitudine, di
abitualità e di carattere (II volume delle Idee > possibilità logiche, pratiche e caratteriali). Il
soggetto dell’etica è caratterizzato non solo dalla capacità di scegliere, ma è un soggetto
caratterizzato dalle sue abitudini e dal suo carattere, quindi siamo su un piano diverso dal
soggetto kantiano. Non parliamo di un io con autodeterminazione razionale; ma di un
soggetto che è carattere, che è personalità (essere persona + avere uno specifico modo di
relazionarti agli altri). Pur avendo assunto l’andamento della Fondazione della Metafisica dei
Costumi (è possibile un’etica normativa?), Husserl introduce il soggetto dell’agire, dell’etica,
di quella persona che vuole e realizza la volontà. Persona che non è un generico essere
razionale, ma una persona con delle qualità, delle caratteristiche e delle abitudini. Il carattere
non è qualcosa di dato, statico; in parte lo è, ma non abbiamo la stessa determinazione che
caratterizza le cose. Quindi, una scelta diversa, inaspettata e imprevista determina un
cambiamento nel carattere, nell’abitudine. Ogni scelta determina una sedimentazione
nell’abitudine, sedimentazione che avrà conseguenze anche sul futuro. Un habitus volto al
male, determina più facilmente un agire negativo > importanza delle abitudini,
dell’educazione che non sono neutre dal punto di vista etico. Da qui l'errore in Kant: sembra
che l'individuo sia sempre chiamato alla scelta, di autolegislazione, autodeterminazione; NO!
L’essere umano non funziona così, gran parte delle nostre scelte nascono da prassi, da
abitudini, non c’è un determinismo, guardiamo all’essere umano (ha bisogno di abitudini,
quindi ha bisogno di forme; forme che io assumo e che scelgo di assumere, che in parte mi
vengono dal passato, ma non solo. Io scelgo e modifico l’habitus).
29/04/2025
Husserl fa esplicito riferimento a Brentano. P. 13 > Brentano. Husserl prende le mosse dal
problema del rapporto con lo psicologismo, tema alla base del primo testo del corso; MA, qui
viene trattato dal punto di vista etico. Parallelo tra dimensione logica e dimensione etica. P.
13: necessaria battaglia contro lo psicologismo, che in ambito etico per Husserl è sinonimo di
relativismo. Differenza concettuale tra valutazioni e beni (o bene e valore): il bene è l’oggetto
concreto (un bene con valore economico, artistico, può avere un valore etico etc., esempio: un
quadro di Picasso è bello > possiamo riconoscere all’oggetto una qualità che non si esaurisce
a quell’oggetto). Nessun bene esaurisce in sé un valore. Quando si identificano valutazione
soggettiva e valore, il rischio è psicologismo e relativismo; non c’è un valore che vale
indipendentemente dalla valutazione ma il valore coincide con la mia valutazione.
P. 17-18: la fenomenologia è stata intesa come fortemente connotata dal punto di vista
teoretico; prevalenza teoretica della fenomenologia. Husserl ci mostra in che senso sia
possibile un primato della ragione pratica, c’è un primato dell’etica perché l’etica deve essere
l’orizzonte fondante anche del sapere teoretico. L’orizzonte complessivo del sapere deve
essere in qualche misura etico, c’è un fondamento etico che prevale rispetto al fondamento
teoretico. Questo prevalere della dimensione teoretica, tradizionale della fenomenologia, non
tiene conto di un fondamento originario di natura etica (dice Husserl); questo ha a che fare
con l’idea di essere umano in cui la dimensione emotiva ha un ruolo fondante. La dimensione
emotiva è alle spalle degli atti logico-teoretici. Rapporto tra sentire senza parole e una
dimensione logica che dà forma a questo sentire e lo esprime anche in parole. Negli anni
Venti (di queste lezioni) si lavora sulla dimensione genetica della dimensione
logico-teoretica, che non si presenta come elemento primo ma come quell’elemento capace di
dire in parole ciò che è già presente in termini emotivi. La ragione logico-teoretica ha radici
nella dimensione emotiva; poi la dimensione emotiva è un po muta, perché il linguaggio è
quello della ragione logico-teoretica.
Husserl ragiona anche su momenti limite della coscienza come il sonno o la morte; da qui la
riflessione sulla dimensione inconscia. Husserl non può accettare il modello di inconscio
freudiano, perché è radicalmente fuori dalla coscienza (il trauma si colloca nella dimensione
inconscia a cui la coscienza non ha accesso). L’inconscio freudiano tende a funzionare come
un naturalismo, perché è esterno dalla coscienza, non diviene una motivazione; non ci sono
motivi che mi portano ad agire in questo modo ma c’è qualcosa che mi porta ad agire in un
dato modo esterno alla coscienza. L’inconscio, con i suoi traumi, è paragonabile a una
malattia organica (Alzheimer) > determina un comportamento senza che la coscienza lo viva
come motivo; non c’è una motivo nella sua coscienza, non c’è il vissuto di coscienza ma solo
l’esperienza. Non c’è l’esperienza cosciente, che diviene la motivazione del mio agire; io
sono agito da qualcosa che è fuori dalla mia esperienza. L’area fenomenologica critica
l’inconscio freudiano, ma Husserl si interessa dell’inconscio. Non tutto ciò che è pienamente
consapevole e cosciente non esaurisce completamente l’ambito della coscienza. Jaspers parla
di pre-conscio, di elementi non inconsci perché possono divenire oggetto della coscienza. Poi
ci sono dei momenti limite, che non possono essere intesi nell’ambito della consapevolezza.
Nei manoscritti husserliani viene fuori questo studio della coscienza, la fenomenologia è
scienza dei fenomeni e della coscienza; ma ci sono dei fenomeni non pienamente consapevoli
alla coscienza. Ci sono valutazioni emotive che precedono l’oggettivazione, che sono alle
spalle dell’oggettivazione; fatti che la ragione logico-teoretica tende a descrivere dopo > la
coscienza non è auto-trasparente o auto-consapevole.
Ci sono elementi emotivi alle spalle della ragione logico-teoretica. Quest’ultima ha la
tendenza a guardare avanti, ha una dimensione progettuale; MA c’è qualcosa che lavora alle
spalle di questa e che le permette di essere teleologicamente orientata. La dimensione
emotiva non è capace di espressione da sola, ma trova parole nella ragione logico-teoretica.
Dibattito tra cultura e civilizzazione > dibattito in Germania, Thomas Mann > la
civilizzazione è quella del letterato, che ha le parole per dire le cose, una concezione di un
razionalismo di un certo tipo; la cultura è quella prettamente tedesca. Contrapposizione tra la
fiaccola razionale che vuole spiegare tutto e una dimensione emotiva oscura, ma più
autentica, più vicina alle esigenze dell’umano. Il tema della contrapposizione tra dimensione
razionale ed emotiva attraversa la storia del pensiero.
Dal punto di vista dell’intenzionalità, gli atti dossici, cioè gli atti della credenza, sono atti
fondativi sui quali si innesca l’atto non oggettivante della ragione emotiva. Quando il
concetto di intenzionalità diventa più complicato, Husserl dice che gli atti non oggettivanti
oggettivano qualcosa, il valore. L’atto afferrante è sempre logico-teoretico (che mi consente
di dire questa è una sedia, ad esempio), cioè prende forma in parole o in pensiero discorsivi.
Prima di questo atto afferrante c’è una dimensione emotiva; ma la forma dell’afferramento è
sempre logico-teoretica. Tuttavia, la forma dell’atto dossico è sempre la prima forma
dell’afferramento.
P. 19, disciplina tecnica. Il maestro edile ha una serie di conoscenze pratiche, che non sa
ricondurre a conoscenze ingegneristiche-matematiche, ma che mette in pratica; il suo scopo
non è mettere in pratica le conoscenze acquisite con lo studio > il suo obiettivo è la
costruzione del palazzo. Anche l'insegnante di architettura è un uomo pratico, il suo scopo è
insegnare. Differenza tra la scienza (l’unità della dimensione scientifica) e l’agire pratico, che
è diverso n
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