Capitolo 1 – Introduzione: la politica americana
come laboratorio della disinformazione
Mencacci presenta il contesto generale.
Concetti chiave
● Gli Stati Uniti sono il “laboratorio” delle strategie comunicative moderne.
● Le campagne presidenziali sono costose, competitive, mediatizzate → terreno ideale per attacchi,
scandali, manipolazione.
● La disinformazione non è un'anomalia: è parte strutturale della comunicazione politica USA.
● Obiettivo del libro: ricostruire modelli, casi e tecniche di dirty politics nella storia americana.
Capitolo 2 – Le radici storiche della
diffamazione politica
Panoramica storica delle prime forme di attacco politico.
Contenuti principali
● Campagna del 1800 (Adams vs. Jefferson): insulti, pamphlet anonimi, accuse moralistiche → “la
prima campagna sporca americana”.
● Fine Ottocento: stampa partigiana, scandali usati come arma elettorale.
● Nel Novecento, con radio e TV, le tecniche diventano più sofisticate:
○ messaggi emozionali,
○ spot negativi,
○ uso strategico del linguaggio.
Idea centrale: la dirty politics non nasce con Internet, ma ha origini profonde nella cultura politica
americana. 2
Capitolo 3 – Gli attacchi personali: biografia
come arma
Mencacci analizza l’uso della vita privata come strumento di propaganda negativa.
Tecniche ricorrenti
● Diffusione di sospetti morali (tradimenti, scandali sessuali).
● Manipolazione di elementi biografici (servizio militare, carriera, famiglia).
● Caricature ideologiche (“troppo liberal”, “troppo estremista”).
Casi citati
● Accuse contro Kennedy (1959–60): salute e vita privata.
● Attacchi a George McGovern (1972): “candidato dell’amnistia, dell’aborto e dell’acid”.
● Il “Willie Horton ad” contro Dukakis (1988): criminalità come arma elettorale.
Conclusione: un attacco ben costruito può diventare il “frame” pubblico di un candidato.
Capitolo 4 – Fake news e disinformazione nelle
campagne moderne
Capitolo centrale del libro: analisi della disinformazione come strategia sistematica.
Tipologie di disinformazione
1. Fake news totali - Notizie completamente inventate per danneggiare l’avversario.
2. Mezze verità - Dati veri ma decontestualizzati.
3. Rumors virali - Dicerie diffuse sui media o nel passaparola politico.
Dinamiche
● I messaggi negativi “viaggiano” più velocemente e restano più impressi.
● Gli elettori ricordano l’accusa, non la smentita (negativity bias).
● I media tradizionali, inseguendo ascolti, amplificano i contenuti più sensazionalistici. 3
Capitolo 5 – Elezioni presidenziali del
dopoguerra: casi emblematici
Rassegna delle campagne più significative sotto il profilo della dirty politics.
Alcuni esempi trattati
● 1952–56 (Eisenhower): nascita della pubblicità politica televisiva.
● 1964 (Johnson vs. Goldwater): lo spot “Daisy Girl” come primo caso di attacco emotivo televisivo.
● 1988 (Bush vs. Dukakis): criminalità, paure sociali e spot aggressivi.
● 1992–96 (Clinton): scandali personali e guerra mediatica.
Tesi di Mencacci: ogni “innovazione” comunicativa nelle campagne presidenziali è stata usata prima di
tutto per attaccare.
Capitolo 6 – Lo scandalo come strumento
politico
Analisi dello “scandalo” come arma elettorale.
Meccanismi dello scandalo
● Emergere improvviso → dominare l’agenda mediatica.
● Sospensione della discussione sui temi politici.
● Creazione di un “clima morale” contro il candidato coinvolto.
Distinzione fondamentale
● Scandalo autentico → fatti reali.
● Scandalo costruito → mole di insinuazioni che fanno sembrare vero ciò che non lo è.
Esempi: Watergate, Lewinsky, Swift Boat Veterans contro Kerry. 4
Capitolo 7 – L’era digitale: social media,
polarizzazione e algoritmi
Qui Mencacci passa alle campagne del XXI secolo.
Elementi nuovi
● Velocità della rete → la smentita arriva sempre troppo tardi.
● Bolle informative → gruppi chiusi, filtrati dagli algoritmi.
● Microtargeting → messaggi negativi personalizzati e invisibili agli altri elettori.
● Memes e guerriglia digitale → la satira come arma di delegittimazione.
Casi
● Obama (2008, 2012): accuse complottiste sulla cittadinanza.
● Clinton vs. Trump (2016): email, fake news, interferenze esterne.
Conclusione: l’ecosistema digitale moltiplica l’impatto della disinformazione.
Capitolo 8 – Il ruolo dei media e del giornalismo
Analisi critica dei media come attori e non solo osservatori.
Problemi principali
● “Horse race journalism”: seguire la gara come una corsa di cavalli.
● Sensazionalismo come criterio di notiziabilità.
● Scarsa verifica delle fonti sotto pressione dei tempi.
Mencacci sostiene che i media diventano moltiplicatori della disinformazione, anche senza volerlo. 5
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