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I CONFINI DELL'IMMAGINE
Nel testo si affronta la natura ontologica delle immagini e il ruolo della
profondità apparente nello spazio figurativo. Si sottolinea che l'immagine
esiste solo quando percepiamo una profondità apparente, con la duplicità
strutturale che si manifesta tra lo spazio reale e figurativo. A seconda della
tecnica impiegata per creare un'immagine, il rapporto figura-sfondo si
articola in modi diversi. Si discute della capacità dell'immagine di mantenere
la sua identità visiva nonostante cambiamenti nella base materiale.
L'immagine è descritta come strutturalmente duplice, con uno spazio logico
compreso tra la presenza e l'assenza di profondità apparente. Si evidenziano i
confini in cui l'immagine può dissolversi: quando la profondità apparente non
è più percepibile o quando l'apparenza figurativa fa sembrare lo spazio
apparente reale, perdendo la consapevolezza percettiva del supporto.
Si analizzano due situazioni opposte che portano alla dissoluzione
dell'immagine: la predominanza della percezione del supporto che distrugge
la scena visibile e la scomparsa della percezione del supporto che rafforza la
scena raffigurata, sembrando reale. La conclusione è che l'immagine può
dissolversi per eccesso di potenza o debolezza, ma la sua duplicità si
mantiene solo quando si percepisce una profondità apparente.
Infine, si esplora il concetto di spettatore e l'osservatore implicito,
sottolineando come l'immagine inviti implicitamente l'osservatore a collocarsi
in un punto di vista ideale. Si afferma che diventare uno spettatore richiede
l'apertura dello spazio figurativo a una relazione con ciò che sta al di là di
esso, nonostante la sua chiusura apparente. La conclusione anticipa un
approfondimento sul tema dell'osservatore e dello spettatore nell'ambito
delle immagini.
SCHEMA A PUNTI ELEMENTI PIù IMPORTANTI
1. Profondità Apparente e Spazio Figurativo:
L'immagine richiede la percezione di una profondità apparente.
La duplicità strutturale tra spazio reale e figurativo è fondamentale.
2. Rapporto Figura-Sfondo e Tecnica:
Il rapporto figura-sfondo varia a seconda della tecnica utilizzata.
La presenza percettiva di una profondità apparente determina l'immagine.
3. Dissoluzione dell'Immagine:
L'immagine può dissolversi quando la profondità apparente non è più
percepibile o quando l'apparenza figurativa sembra reale.
Due situazioni opposte di dissoluzione: predominanza del supporto vs.
scomparsa della percezione del supporto.
4. Spettatore e Osservatore Implicito:
L'osservatore implicito è parte integrante dello spazio figurativo.
L'immagine implica una relazione spaziale con un osservatore ideale,
indicando il luogo da cui gli eventi sono visti.
5. Ruolo dello Spettatore:
Diventare uno spettatore richiede l'apertura dello spazio figurativo a una
relazione con ciò che sta al di là di esso.
La relazione con l'osservatore ideale rende l'osservatore reale uno spettatore
coinvolto narrativamente.
DECIMA LEZIONE
LO SPETTATORE IMMAGINANTE
E
LO SPAZIO DI RISONANZA
Il testo in questione affronta il tema dell'osservatore e dello spettatore
nell'esperienza estetica delle immagini, focalizzandosi sulla transizione dalla
percezione all'immaginazione e sullo spazio di risonanza che si forma in
questo processo.
IL RUOLO DELLO SPETTATORE IMPLICITO DURANTE LA VISIONE DI
UN'IMMAGINE:
Il testo esplora il ruolo dell'osservatore implicito e dello spettatore
nell'interazione con le immagini, concentrandosi sull'influenza
dell'immaginazione nello stabilire una connessione più profonda con lo spazio
figurativo. L'autore introduce la tesi che l'immaginazione si aggiunge alla
percezione d'immagine quando lo spettatore accetta di partecipare al gioco
visivo suggerito dall'immagine attraverso spunti narrativi. Questo
coinvolgimento immaginativo crea uno spazio di risonanza in cui convergono
lo spazio raffigurato e lo spazio reale dell'osservatore.
L'autore sottolinea che diventare spettatori immaginativi implica un cambio
di prospettiva, in cui lo spettatore non si limita a occupare uno spazio reale
distinto da quello figurativo, ma si inserisce in un nuovo spazio di risonanza.
Questo spazio non è solo quello in cui si svolge l'azione raffigurata, ma
coinvolge anche le risposte emotive e immaginative dello spettatore. La
figura dell'osservatore implicito viene esplorata come punto di partenza per
comprendere come l'immagine, pur essendo chiusa in sé stessa, contiene un
riferimento a un luogo esterno da cui sembra essere osservata.
L'autore propone l'idea di uno spazio di risonanza come un luogo in cui
risuonano sia gli elementi figurativi che le risposte emotive dello spettatore.
Questo spazio nuovo si forma quando l'osservatore, attraverso
l'immaginazione, si inserisce nel gioco proposto dall'immagine,
trasformandosi da osservatore a spettatore coinvolto emotivamente nella
trama visiva. Si evidenzia che, per essere spettatore, è necessario percepire
la propria posizione non solo come parte di uno spazio reale, ma come un
luogo che condivide, in un certo senso, con l'immagine.
L'autore utilizza l'esempio della raffigurazione del Cristo benedicente nelle
chiese per illustrare come l'immaginazione può influenzare la percezione
dello spazio. Quando lo spettatore accetta di partecipare al gioco
immaginativo suggerito dall'immagine, il suo spazio reale diventa parte
integrante del senso dell'immagine. Si sottolinea che questo coinvolgimento
immaginativo porta a una nuova spazialità in cui si verificano interazioni
complesse tra il mondo raffigurato e il mondo reale dello spettatore.
Inoltre, l'autore discute del modo in cui l'immaginazione condiziona il
rapporto tra lo spazio reale e quello figurativo. Mentre l'osservazione di
un'immagine comporta un coinvolgimento percettivo, l'atteggiamento
immaginativo modifica questa relazione, creando uno spazio di risonanza in
cui convergono le esperienze percettive e immaginative.
Infine, si evidenzia che lo spettatore diventa una "creatura ancipite"(DOPPIA),
divisa tra percezione e immaginazione, e che lo spazio di risonanza, pur non
appartenendo direttamente allo spazio figurativo, incorpora entrambi gli
spazi (reale e figurativo) in un'unica esperienza immaginativa. L'autore
conclude sottolineando che la sintesi tra lo spazio reale e quello figurativo
dipende dalla determinatezza fenomenologica dello spazio figurativo, che può
variare in base agli stili e alle tecniche pittoriche utilizzate.
CONCLUSIONI
In sintesi, il testo approfondisce la complessa interazione tra osservatore,
immagine e spazio, focalizzandosi sul passaggio dalla percezione
all'immaginazione e sull'emergere di uno spazio di risonanza che integra le
dimensioni reale e figurativa.
UNDICESIMA LEZIONE
L'IMMAGINE E LA CAUSALITà: LA FOTOGRAFIA
Il testo inizia richiamando la tesi fondamentale del corso riguardo
all'immagine come oggetto fittizio, sottolineando l'importanza di considerare
la pura figuratività anziché la rappresentazione. Questa tesi dovrebbe
applicarsi anche alle fotografie, ma viene introdotto un nuovo argomento
basato sulla causalità anziché sulla somiglianza.
DIFFERENZA FRA LE FOTOGRAFIE E I DISEGNI
Si sottolinea come le fotografie si differenzino da disegni e dipinti, poiché
vengono ottenute per sottrazione, selezionando gli elementi visivi da una
situazione reale. La causalità nella fotografia è attribuita alla macchina
fotografica, non alla volontà umana, e questo processo automatico di
sottrazione rende le fotografie diverse da altre immagini.
Viene discusso il concetto che la causalità potrebbe minare l'autonomia della
figuratività fotografica, poiché il legame con l'oggetto reale sembra essere
già incluso nella loro visibilità. Tuttavia, si argomenta che il nesso causale non
è visibile nella dimensione fenomenologica delle immagini fotografiche.
CAUSALITà
Il testo si interroga sulla relazione tra la figuratività fotografica e il nesso
causale, evidenziando che il nesso causale non fa parte dell'esperienza
fenomenologica delle fotografie. Anche se si può apprendere della causa,
questa conoscenza non si traduce in una percezione visiva del nesso causale
nell'immagine.
Si esamina la questione se il nesso causale visibile possa obbligare a
considerare l'immagine come rappresentazione piuttosto che come pura
figuratività. La conclusione è che il nesso causale non è visibile e non obbliga
a stabilire un legame diretto tra l'immagine e la realtà ogni volta che si
guarda una fotografia.
Si affronta poi il ruolo della fotografia come rappresentazione, sottolineando
che, nonostante la sua qualità visiva e la somiglianza con la realtà, il suo
utilizzo come testimonianza o documento dipende anche dalla
consapevolezza della sua origine causale.
CONCLUSIONI
Infine, si afferma che, nonostante la tendenza a collegare le fotografie
direttamente alla realtà, non è detto che il referente di una fotografia
coincida sempre con l'evento dello scatto o gli oggetti fotografati. La
conclusione è che bisogna esaminare attentamente le diverse modalità in cui
si stabilisce il riferimento tra fotografia e realtà.
DODICESIMA LEZIONE
LA CAUSALITà E IL REFERENTE FOTOGRAFICO
Il brano affronta la questione della relazione tra l'immagine fotografica e la
realtà, focalizzandosi sulla natura del nesso causale che lega le fotografie agli
oggetti che raffigurano. La discussione si sviluppa attraverso diverse
prospettive.
Inizialmente, viene evidenziato che il contenuto percettivo di una fotografia
non consente di vedere direttamente la causa che l'ha prodotta. Nonostante
si conosca il processo causale della fotografia, non è automatico vedere la
causa nella stessa immagine. Si solleva la questione se guardare una
fotografia debba sempre richiamare la causa individuale che l'ha prodotta o
se la fotografia possa essere considerata un'entità puramente visiva, senza
necessariamente fare riferimento all'evento reale da cui discende.
Successivamente, si esplora la figuratività delle fotografie e si sottolinea che,
nonostante la conoscenza del processo causale, le fotografie possono essere
considerate entità trasparenti che ci permettono di guardare direttamente