COLLEGAMENTI:
DOMANDE: questione specchio?
5° LEZIONE ESTETICA 25/09/25
L’obiettivo è sempre quello: stabilire la differenza del predicato cos’è opera d’arte,
capire la logica di questo predicato. Predicato vuol dire = x è un’opera d’arte.
Che cosa distingue un oggetto discontinuo con la realtà da un pezzo di realtà? Da qui
Danto usa, sempre con la tecnica dell’esperimento mentale, un sacco di esempi quasi
paradossali. Es: Apriscatole, un giorno un inventore lo crea ma nello stesso giorno un
artista crea un apriscatole, tale e quale, intendendolo però come un’opera d’arte.
Come giudicare le opere che consistono di/in mere cose? Ad esempio, la camera di
Oldenburg, lì abbiamo la cordicina che ci aiuta, ma c’è altro?
Insomma, il dilemma tra il realismo mimetico (massima adiacenza alla realà sensibile)
e il realismo non mimetico (massima adiacenza alla realtà essenziale), sarà per sempre
irrisolvibile: “finche ci ostiniamo a voler definire l’arte in termini di proprietà
concordanti o discordanti con quelle del mondo reale”. Finchè giudichiamo l’arte in
base alla sua aderenza alla realtà o meno. Non valutare da un versante per l’altro
versante. Intanto capiamo che c’è una differenza fra rappresentato e rappresentante.
Come Sausurre (altro esempio): il significato non è all’interno del segno, ma fra i segni.
Per “tavolo” chi sa che si intende, ma l’importante è capire la differenza fra tavolo e
sedia. Quello mi da il senso di una lingua. Altro esempio: Cavaliere polacco di
Rembrandt, se mettiamo un pezzo di tela
dentro una lavatrice ed esce così, come
questo quadro, saremmo disposti a
riconoscerla come opera d’arte? Come,
(altro esempio) la scimmia che scrive
casualmente l’Ulisse di Joyce.
Chiaramente no, la storia dietro un’opera
ha un valore.
Principio di causazione, per introdurre
l’importanza della “storia della
produzione”. Borges altro esempio:
scrive la recensione di un romanzo che non esiste. Parla di Pierre Menard che,
appassionato di Don Chisciotte, fa di tutto per scrivere quest’opera, cerca di rifare
quell’esperienza uguale, ma senza riscriverlo, non è una riscrittura, facendo diventare
il suo libro uguale al libro di Cervantes. Lui ha voluto scriverlo così come gli veniva.
Menard fa come Paul Valery, Sul metodo di Leonardo da Vinci non bisogna risalire al
vissuto di Leonardo, ma installarsi nella sua mente. Capire Leonardo vuol dire essere
nella mente come Leonardo.
In questo caso possiamo dire che abbiamo due opere? O un’opera e una copia? Eppure,
sono indiscernibili, ma qual è l’identità dell’opera? È un problema filologico, come
quello di Goodman, dell regime autografico o allografico, se conta o meno l’autore ?
Ad ogni modo per Danto l’opera di Cervantes e Menard sono radicalmente differenti
benchè percettivamente identiche. L’opera di Menard è come quello di Cervantes, non
possiamo dire il contrario. Che tipo di relazione è quindi? Non entra come citazione,
Menard non sta citando Cervantes. Non è un plagio, Menard non può scrivere la stessa
vita, non c’è un’immedesimazione. Non è un’imitazione, un’imitazione di x non è x.
Non è una ripetizione.
Ad ogni modo qui si parla di due opere, non si parla di un’opera e la mera cosa, che è
il vero focus di Danto.
Ora con un altro esperimento mentale facciamo finta che Picasso, trovando una vecchia
cravatta, l’ha dipinta tutta di un blu brillante, per motivi polemici contro la concezione
di pennellata degli anni 50’, la chiama “la cravate”, e nella mostra uno spettatore
borbotta che lo poteva fare anche suo figlio, o un bambino. Danto gli da ragione ma
solo se la cravatta è vista come un oggetto cravatta. Qual è la differenza anche qui?
Sono indiscernbili anche se, mettiamo caso, che il bambino ha fatto una monellata e
non ne ha fatto una questione storica. Ma è proprio questo il punto.
Qui diventa importante la storia della produzione, è un’altra differenza. Perché è stato
fatto?
N.B. estensione= esempio se diciamo sedia, intendiamo tutte le sedie del mondo, tutti
i termini possibili così. Intensione= è il mondo in cui faccio riferimento a qualcosa,
esempio possiamo chiamare Napoleone come il perdente di Waterloo o il vincitore di
Jena. Hanno queste due estensioni. Cambia il senso “zin” in tedesco (vincitore o
perdente), ma non cambia il significato (che è sempre Napoleone). L’intensione sta al
senso, come l’estensione sta al significato. Non è proprio così ma comunque lo
lasciamo intendere per ora in questo modo.
E Goodman nel Linguaggio dell’arte ha un approccio solo estensionistico. Non cosa è
arte ma quando è arte.
Altro esempio: Giotto, anche nella novella di Boccaccio e comunque ai suoi
contemporanei, viene percepito come un illusionista, talmente bravo a riprodurre la
realtà, basti pensare alla storia della mosca e del suo maestro Cimabue. Era un realista
al tempo. Eppure, oggi non è così, non possiamo farci illudere. Il realismo è che la
roccia è una roccia, il cielo è il cielo, qui c’è il realismo. Lo vediamo secondo un certo
stile. Viene opacizzato questo realismo, questo naturalismo, ormai ne abbiamo visto
tanti, non è che non notiamo il realismo, ma lo opacizziamo, è opacizzato per noi. Non
è la realta.
“Sapere che c’è una differenza puo “fare la differenza” per il modo in cui
guardiamo due opere e anche per il modo in cui rispondiamo a due opere,
ma non è detto che la differenza debba stare nel modo in cui guardiamo.”
Lui è intensionalista.
Amleto e la regina: “non vedete niente là?” “Niente. Eppure vedo tutto quello che
c’è”. Invoca una fedeltà alla madre, che l’ha già tradito con Claudio, il vecchio
zio, che ha ucciso il padre di Amleto, che ha ucciso praticamente suo fratello. Il
delirio di Amleto poi ci sarà. Noi siamo a metà fra Amleto che vede i fantasmi,
che vede il padre, che parla con il padre e la regina che invece guarda solo delle
tende che si muovono. “do you see something/nothing there?” (la domanda di
Shakespare è già posta al negativo, anche se dovrebbe dire something). Che tipo
di esperienza visiva c’è. Il punto è cogliere altro. La “nothing at all. yet all that is
i see” “io vedo tutto quello che è” (tutto ciò che è). Non è con gli occhi che
risolviamo la differenza fra mera cosa e opera d’arte. Noi abbiamo la posizione
della regina. Il teatro di Shakespare è molto legato al mondo pre-cartesiano.
Geltrude è cartesiana, vedo tutto quello che è, è la ricessione passiva di un dato.
C’è un F che fa la differenza fra a e b, senza che F sia una proprietà percettiva. Un falso
è identico all’originale. La componente storica diventa essenziale, riprende il principio
di Wolfiin, non tutto è possibile in ogni tempo.
PAROLE CHIAVI: principio di causazione, storia della produzione, Pierre Menard
RIASSUNTO: in arte non riusciamo mai a cogliere le cose se guardiamo solo con gli
occhi e basta, se facciamo quindi come la regina, madre di Amleto, che non vede il
marito morto ma solo tende muoversi. Il principio di causazione è un importante
elemento per capire la differenza, che intanto è importante sapere che c’è, fra opera
d’arte e mera cosa.
COLLEGAMENTI: Sausurre, Cavaliere polacco, Borges, Paul Valery, Goodman,
Wollheim, Picasso, Giotto, Amleto e Shakespare
DOMANDE:
6° LEZIONE ESTETICA 26/09/25
Nel contenuto di un’opera d’arte si immette il processo di causazione. La causa
determina il fenomeno, ci fa comprendere che è un’opera d’arte. Per riprendere
l’esempio della cravatta di Picasso scopriamo, supponendo sempre, che la sua cravatta
non ha soggetto, non ha contenuto, ma esso stesso diventa contenuto, si parla riguardo
il nulla, di nulla, non del nulla, lo fa per decisione dello stesso Picasso, come il senza
titolo di J. Attenzione al problema di intenzionalismo. La cravatta del bambino è
escluso che non abbia argomento. L’indiscernibilità non è identità di significato, sono
diversi le due cravatte. Es: cinese-professore, non conosce la lingua, sente solo suoni,
ma sente una lingua, sa che è una lingua. N.B: Bisogna stare attenti alla parola
contenuto, due significati in tedesco: inalt, gealt.
Danto ribadisce, spesso riprende questo discorso, che c’è una differenza fra movimento
involontario e azione, il primo ricordiamo che non ha una ragione, sono tic, spasmi,
dice Danto, hanno una ragione fisiologica ma non di intenzione, non risponde alla
domanda “perché l’hai fatto?”
Stessa cosa funziona con il discorso di “fotografia di qualcosa” e “fotografia che appare
come quel qualcosa”, la fotografia non è una riproduzione.
La cravatta di Picasso è dovuta a una scelta, a una scelta artistica, c’è un’intenzionalità
artistica. Che vuol dire artistica? Una presa di posizione nel mondo dell’arte. Cosa che
il bambino non fa, fa un dispetto, è un’altra intenzione; ma anche se l’avesse fatto
Cezanne la stessa cravatta, non avrebbe senso, non tutto è possibile in ogni tempo, c’è
un contesto; e anche se fosse un falso, non sarebbe dell’autore dell’originale. Allora,
non basta essere artisti per produrre un’opera d’arte, non basta l’intenzionalità
individuale, deve rimbalazare nell’uso condiviso.
Nella decisione di Picasso si incarnano delle linee di tendenza, è una scelta, non
qualsiasi, ma artistica. Ogni opera contiene un mondo dell’arte. L’artista quasi che
diventa uno dei materiali, diventa un vettore, non secondario chiaramente, per la
creazione dell’opera.
Una determinata opera d’arte viene alla luce in un’atmosfera teoretica, in una teoria.
Un’opera d’arte incorpora una definizione di sé come opera d’arte, una qualche
definizione.
PAROLE CHIAVI: scelta artistica, indiscernbilità non è uguaglianza
RIASSUNTO: riprendendo l’esempio della cravatta bu di Picasso, capiamo che, non
ha contenuto, che è indiscernibile ma completamente diversa alla cravatta del bambino
e che, la cravatta blu di Picasso, è una scelta artistica, una presa di
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