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Il potere delle parole "stupido" e "volgare"
Non vi è dubbio che le due parole in oggetto costituiscano il gradino più basso di un giudizio non giunto a maturazione, di una critica non strutturata, la quale sente che qualcosa non procede nel verso giusto, ma non è in grado di dire cosa sia. L'uso di tali parole è l'espressione più semplice e più forte di disapprovazione, è l'inizio di una replica e al tempo stesso la sua fine. Le parole "stupido" e "volgare" vengono usate anche come insulti: il significato di questi non risiede tanto nel loro senso intrinseco, quanto nell'uso che ne viene fatto. L'insulto non rappresenta, infatti, ciò che dice, bensì un coacervo di idee, di sentimenti e di intenzioni che esso non può in alcun modo esprimere, ma solo segnalare. Per lo stesso motivo, gli insulti contengono qualcosa di indicibilmente provocatorio, che coincide con l'intenzione con cui vengono lanciati, maNon con il loro senso specifico. Tutto questo appare forse nel modo più chiaro dalle espressioni di canzonatura e di dileggio dei giovani tra loro. Ciò che si può dire degli insulti, dei dileggi, delle parole alla moda può dirsi anche delle battute di spirito, dei luoghi comuni, delle parole d'amore. L'elemento comune di queste espressioni consiste nel fatto che sono tutte al servizio di uno stato emotivo. Proprio per la loro imprecisione e inappropriatezza sono in grado di soppiantare nell'uso interi gruppi di parole più appropriate, più oggettive, più precise. È indubbiamente stupido, però, quello che avviene in tali casi. Questa situazione si può studiare nel modo più chiaro nell'esempio principe di confusione mentale: lo stato di panico. Quando qualcosa esercita sull'uomo un'impressione troppo violenta può accadere che all'improvviso egli "perda la testa".
può mettersi ad urlare oppure fuggirà "alla cieca" da un pericolo o si precipiterà altrettanto ciecamente in esso; oppure verrà sopraffatto da un impulso irrefrenabile a distruggere, a imprecare, a lamentarsi. In definitiva, egli compie un gran numero di altre azioni apparentemente – ma troppo spesso anche realmente – insensate o persino controproducenti. Questa reazione paradossale è conosciuta in particolare come "timor panico", ma se all'espressione non viene conferito un senso troppo restrittivo, si potrà anche parlare di un "panico" dell'ira, della bramosia e persino della tenerezza, e in genere di tutti quei casi in cui si manifesta uno stato di eccitamento irrefrenabile, che si esprime in modo violento, cieco, insensato. L'instaurarsi di una situazione di panico viene considerato dal punto di vista psicologico come una temporanea sospensione dell'intelletto e di tutte le altre funzioni cognitive.funzioni spirituali superiori, sopraffatte da meccanismi psichici più antichi. In tali casi la paralisi e la sospensione dell'intelletto conducono al recupero, attraverso l'azione istintiva, di un istinto dell'estrema necessità e di un'estrema forma di azione che la situazione esige.
Questo modo di agire assume il carattere della confusione totale, non segue alcun piano e apparentemente è abbandonato sia dalla ragione che da ogni istinto di conservazione. Tuttavia il suo progetto inconsapevole consiste nel sopperire alla qualità delle azioni con la loro quantità, e la sua astuzia si basa sulla probabilità che, fra cento tentativi alla cieca che falliscono, ve ne sia uno che riesca.
Questo significa sostituire, a un'azione che mira a un obiettivo preciso, un massiccio volume di azioni. Nulla è più umano del surrogare il contenuto delle parole o delle azioni con il loro numero; già nell'uso di
paroleimprecise vi è qualcosa di molto simile all'uso di molte parole, perché quanto più una parola è vaga, tanto più vasto è il numero delle cose a cui può riferirsi, e lo stesso vale per le parole imprecise. Se questi modi di parlare sono stupidi, allora la stupidità si rivela imparentata al panico. Anche l'uso eccessivo dell'accusa di stupidità non differirà molto da un tentativo di salvarsi in senso spirituale con metodi arcaici, primitivi e morbosi. Infatti, dall'uso indiscriminato dell'accusa che uno o l'altro è realmente "stupido" o "volgare" si può riconoscere non solo il venir meno dell'intelligenza, ma anche un impulso cieco e insensato alla distruzione o alla fuga. Queste parole sono un'autentica esplosione di insulti. Se non resta altro mezzo per esprimersi, allora si è vicini alla violenza fisica, ma
c'è anche un'oppressione, un senso di impotenza che precede questa violenza e da cui ci si deve liberare: si "soffoca" di rabbia e bisogna sfogarsi per non "esplodere". A tale grado giunge lo smarrimento del linguaggio, anzi del pensiero, che precede l'esplosione! Alla fine, questa viene per lo più introdotta da questa eloquente espressione: "la cosa è realmente troppo stupida"; ma questa "cosa" è precisamente colui che parla in tal modo. In tempi come i nostri, è necessario ricordarsi anche di ciò che talvolta le somiglia tanto da generare confusione. Nel nostro tempo si parla molto di una crisi di fiducia dell'umanità, di una crisi di quella fiducia che in precedenza veniva riposta nella natura umana. Si potrebbe anche parlare di uno stato di panico in procinto di sostituire un'antica sicurezza, ossia quella di essere in grado di operare nella libertà esecondo ragione.Questi due concetti etico-estetici – la libertà e la ragione –, che sono giunti a noi come emblemi della dignità umana dall'epoca classica del cosmopolitismo tedesco, già verso la metà del XIX secolo o poco dopo, hanno incominciato a deperire. Questo è accaduto per il demerito dei loro amici. Noi, o quelli che verranno dopo di noi, non torneremo a quelle concezioni; il nostro compito consisterà nel realizzare il trapasso verso il nuovo, sempre necessario e persino ardentemente desiderato, con le minori perdite possibili! E se abbiamo mancato di cogliere il momento giusto per attuare il trapasso verso le nuove idee che sappiano conservare almeno in parte quelle del passato, a maggior ragione avremo bisogno dell'ausilio di idee che sappiano dire che cosa è vero, razionale, ragionevole e anche, di riflesso, che cosa è stupido.Ma quale concetto della stupidità potremo mai farci se quelli diintelletto e di saggezza vacillano? I punti di vista mutano con i tempi, e fino a che punto mutino è dimostrato con un esempio: in un manuale di psichiatria un tempo assai noto, viene citato come esempio di imbecillità il caso di uno che, alla domanda: "Che cos'è la giustizia?", risponde: "Quando viene punito l'altro!". E proprio questa è oggi la base di una concezione del diritto su cui si discute a lungo e seriamente. La psicologia di un tempo distingueva tra sensazione, volontà, sentimento e fantasia o intelligenza, ed era chiaro per essa che la stupidità fosse un grado inferiore d'intelligenza. La psicologia dei nostri giorni ha diminuito l'importanza della distinzione elementare fra le diverse attività psichiche, riconoscendo la loro vicendevole dipendenza e compenetrazione, e in tal modo ha reso assai più arduo rispondere alla domanda su cosa significhi la stupidità da un punto di vista psicologico.Da un punto di vista psicologico, la concezione attuale ritiene che anche nelle condizioni più normali l'attenzione, la comprensione, la memoria, e quasi tutte le altre facoltà rientranti nell'ambito della ragione, presumibilmente dipendano anche dalle qualità dell'indole emotiva. A ciò si aggiunge un'ulteriore compenetrazione, pressoché indissolubile, di intelligenza o di emotività - e questa difficoltà di distinguere intelletto e sentimento nel concetto di intelligenza si riflette ovviamente anche nel concetto di stupidità. La psicologia clinica, ad esempio, nel descrivere il pensiero delle persone deboli di mente ricorre a espressioni come "povero", "impreciso", "incapace di astrazione", ecc. poiché tali attributi si riferiscono in parte alla ragione e in parte al sentimento, si può dunque affermare che la stupidità e l'intelligenza dipendono da entrambi.
Ma quale prevale? Nella vita, per stupido solitamente s'intende uno che sia "un po' debole di mente", ma esistono anche le più diverse aberrazioni spirituali e psicologiche in cui può cadere persino un'intelligenza perfettamente sana. Essa include, dunque, due situazioni sostanzialmente diversissime: Una stupidità schietta e onesta è dovuta più che altro a un intelletto debole; Una stupidità che, un po' paradossalmente, è addirittura un segno di intelligenza è dovuta a un intelletto troppo debole, ma solo rispetto a una situazione determinata; è di gran lunga la forma più pericolosa. La stupidità onesta è un po' dura di comprendonio, povera di idee e di parole – e maldestra nell'usarle. Predilige le cose abituali perché, ripetendosi di frequente, si fissano saldamente nella sua memoria, e quando ha afferrato qualcosa non intendefarsela togliere tanto facilmente, o permettere che qualcuno l'analizzi, omettersi essa stessa a rifletterci sopra. Spesso è imprecisa nel pensare e smette completamente di farlo difronte a nuove esperienze; in compenso, preferisce attenersi a ciò che è sperimentabile dai sensi e che può contare sulle dita. Insomma, è la cara vecchia "stupidità solare".
Ecco un esempio utile ad arricchire questa figura: è tratto dal manuale di psichiatria di Bleuler. Un imbecille esprime la situazione che noi sintetizzeremo con la formula "medico al letto del malato" con le seguenti parole: "Un uomo che tiene la mano a un altro che giace in un letto, con una suora accanto ai piedi". È il modo di esprimersi di un primitivo!
Torniamo una volta ancora, però, al rapporto con l'arte: la stupidità schietta è spesso una vera artista. Invece di rispondere a una parola-stimolo con
un'altra parola, pratica un tempo diffusissima in particolari esperimenti, risponde con intere frasi – le quali esprimono inequivocabilmente qualcosa di non dissimile dalla poesia! L'ingenuità e la grande plasticità di queste risposte; la sostituzione di concetti complessi con la semplice narrazione; l'uso di metafore e simboli per comunicare concetti profondi; tutto ciò rende questa pratica affascinante e intrigante.