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L’ESPROPRIAZIONE E’ UN PARTICOLARE TIPO DI ESECUZIONE FORZATA (PER

CREDITI DI DENARO) NON È SINONIMO DI ESECUZIONE.

Nell’espropriazione forzata quindi occorre compiere tutte queste attività volte a individuare i

beni del debitore e vincolarli alle finalità, ossia soddisfacimento del creditore. Sempre

nell’espropriazione forzata occorre tener conto del principio della par condicio creditorum

che è una diretta derivazione del principio della responsabilità patrimoniale, ciò perché se il

debitore risponde dell'adempimento di tutte le proprie obbligazioni vuol dire che tutti i

creditori hanno eguale diritto di soffermarsi sui beni del debitore. Questa par condicio deve

essere garantita non solo nell’espropriazione di tipo concorsuale in quanto quella è

un'esecuzione che riguarda tutti i beni del debitore alla quale partecipano tutti i creditori. Ma

anche nel caso di espropriazione individuale deve essere garantita la possibilità per gli altri

creditori di intervenire, quindi la seconda fase dell’espropriazione forzata (eventuale) è

quella dell'intervento dei creditori, eventuale in quanto un soggetto può essere debitore di un

solo creditore.

La fase successiva è quella della liquidazione dei beni che avviene mediante la vendita

forzata di cui il codice disciplina le modalità, mentre gli effetti della vendita sono disciplinati

dal cc. Da ultimo la distribuzione del ricavato dei creditori. A queste fasi corrispondono le

diverse sezioni del capo 1 titolo 2 del libro terzo.

Sempre con riguardo all'espropriazione forzata ci sono varie forme di espropriazione a

seconda della natura dei beni da espropriazione. Abbiamo quindi un’espropriazione

mobiliare (capo secondo titolo 2), espropriazione mobiliare presso terzi (beni del debitore

che si trovano presso terzi o crediti che vanta verso terzi), espropriazione immobiliare e

infine espropriazione di beni indivisi e contro i beni del proprietario.

All'esecuzione in forma specifica sono dedicati titolo terzo e quarto del libro terzo. C’è

coincidenza tra l’oggetto dell’esecuzione e l’oggetto dell'obbligo inadempiuto, mentre

nell’espropriazione forzata l’oggetto dell’esecuzione non coincide con l’oggetto dell'obbligo

inadempiuto (ha ad oggetto beni del debitore, nel primo caso si tratta di eseguire

coattivamente o un obbligo di rilascio di beni immobili o consegna di beni mobili) in forma

specifica quindi perché l’obbligo viene attuato nella sua specificità. Oppure abbiamo, sempre

nell'ambito dell'esecuzione in forma specifica, l'esecuzione di obblighi di fare fungibili o non

fare.

Quindi gli artt.612 ss parlano di obblighi di non fare si fa riferimento a obblighi di disfare,

quindi rimuovere ciò che si è fatto in attuazione di un obbligo di non fare.

Il Titolo V si occupa delle opposizioni che sono dei giudizi di cognizione che possono

nascere dal seno del processo esecutivo. Una l’abbiamo già vista, ossia opposizione

all’esecuzione: dato che l'esecuzione non garantisce sempre la certezza assoluta in ordine

all'esistenza del diritto il debitore può contestare l'esistenza del diritto attraverso questo

strumento.

Le controversie tra le parti che possono riguardare l'esistenza del diritto, ad esempio

l'appartenenza dei beni pignorati, sono deviate al di fuori del processo esecutivo in appositi

giudizi di cognizioni che sono incidentali.

Titolo VI tratta della sospensione estinzione del processo esecutivo

CORRELAZIONE TRA CONDANNA ED ESECUZIONE FORZATA

Tra gli effetti della sentenza di condanna c’è quello di fondare l'azione esecutiva. Da questa

considerazione una parte della dottrina (tradizionale) faceva discendere l'esistenza di una

correlazione necessaria tra condanna ed esecuzione forzata ricavandone l'ulteriore

conseguenza che, laddove non fosse possibile l'esecuzione forzata, non poteva ritenersi

neppure consentita l'emanazione di un provvedimento di condanna. Quindi se lo scopo della

condanna è quello di dotare il creditore di un titolo esecutivo, laddove non è possibile

l'esecuzione in quanto si tratta di obbligo infungibile o di non fare, allora non si può neppure

concepire l'emanazione di una sentenza di condanna. Quindi i limiti strutturali

dell’esecuzione forzata finivano per risolversi in una corrispondente limitazione alla

possibilità della tutela condannatoria. Corollari di questa impostazione erano:

La funzione soltanto repressiva e non anche preventiva della condanna, cioè la condanna

serve a reprimere un illecito che si è già consumato, ma non può svolgere una funzione

preventiva (cioè impedire l'illecito).

Carattere eccezionale della condanna inibitoria. In questa impostazione non era concepibile

una condanna inibitoria generale, con ulteriore conseguenza che in presenza di obblighi di

fare infungibile o non fare si poteva immaginare solo una condanna successiva al

risarcimento del danno. Quindi l'obbligo originario di fare infungibile o non fare si trasformava

nell'obbligo derivato di risarcire il danno e dunque non sarebbe stata possibile in questo

ampio settore una tutela specifica, ma soltanto una tutela per equivalente. Ampio settore che

comprende anche i diritti fondamentali della persona, ai quali si collegano innanzitutto doveri

di astensione.

Si prende quindi atto che il processo non è in grado di dare al titolare del diritto tutto quello e

proprio quello di cui ha diritto di conseguire, ma solo un’utilità equivalente. Ecco perché a

partire dagli anni ‘70 si è manifestata una crescente insofferenza per questa impostazione e

quindi si propende per la ricerca di soluzioni alternative che, però, richiedevano di scardinare

la premessa di quella impostazione, ossia la correlazione straordinaria tra condanna ed

esecuzione. Quindi non è vero che l'utilità della condanna si risolve nel consentire al

creditore l'accesso alla tutela esecutiva, possiamo immaginare anche una condanna

svincolata all'esecuzione forzata. Questa operazione richiede una rilettura di alcuni istituti

(come gli effetti secondari della sentenza di condanna, quindi iscrizione di ipoteca giudiziale

sui beni del debitore) che non devono essere viste solo in funzione della futura azione

esecutiva, ma forniscono utilità autonome. Si vogliono quindi autonomizzare gli effetti

secondari e si cerca di valorizzare sul piano sistematico quelle ipotesi di condanna inibitoria

espressamente previste dalla legge, per dire quindi che quelle non sono ipotesi eccezionali.

In questo ambito si valorizza l'art 700 (il provvedimento cautelare atipico), infatti l’emersione

nell'ordinamento del carattere generale ed atipico dell’inibitoria starebbe proprio in tale

norma.

Questo discorso comportava il problema di dotare questa condanna di strumenti di

attuazione adeguati. Questo era il problema delle misure coercitive, ossia occorreva

individuare uno strumento parimenti generale per l'attuazione di queste condanne

insuscettibili di esecuzione forzata.

Prima dell'avvento del 614 bis non c'erano istituti generali, ma specifici casi. La distinzione

prima è tra misure coercitive penali e civili, queste ultime mirano al pagamento di una

somma per ogni ritardo nell'adempimento/ogni violazione dell'obbligo di non fare. Queste

misure di carattere civile, che si sostanziano nella previsione dell'obbligo del pagamento di

somme di denaro in ragione del protrarsi dell'inadempimento del numero delle violazioni, poi

possono prevedere il pagamento di una somma a favore della controparte o a favore dello

Stato. Quindi le misure di carattere civili sono a loro volta di due tipi:

un primo tipo ispirato al modello francese (astreintes), quindi pagamento a favore della

controparte,

il secondo, invece, segue il modello tedesco che ha una connotazione pubblicistica.

Nel nostro ordinamento abbiamo esempi dell'uno e dell'altro tipo. Nel primo caso si può fare

l'esempio dell'art.624 del codice della proprietà industriale (1 e 2 comma). Una disposizione

analoga la troviamo nell'art.163 della legge sul diritto d'autore: “Pronunciando l'inibitoria, il

giudice può fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente

constatata o per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento” (secondo comma).

Il modello invece pubblicistico (che mira al pagamento di una somma di denaro a favore

dello Stato) è adottato nell'art.18 dello Statuto dei lavoratori a proposito del licenziamento del

sindacalista interno, prevedendo l’ordine di reintegrazione e, in caso di inadempimento del

datore di lavoro all'ordine di reintegrazione, è tenuto per ogni giorno di ritardo al pagamento

al fondo adeguamento pensione dell'importo dovuto al lavoratore.

Accanto a queste ipotesi esistono anche misure di carattere penale che consistono nella

previsione di conseguenze penali a carico di chi non ottempera all'ordine del giudice. Lo

scopo è sempre quello di indurre l'obbligato all'adempimento attraverso una sanzione che

non è di carattere civile in tal caso. L’esempio più importante è rappresentato dall'art.28

statuto dei lavoratori in tema di repressione della condotta antisindacale: il quarto comma

rinvia all'art 650 cp che fa riferimento a una contravvenzione. Norma che si ritiene

applicabile solo se espressamente richiamata come nell’art 28.

Il problema che si era posto prima della riforma del 2009 è quello dell'assenza di un sistema

generale. Si è tentato di costruire tale soluzione in via interpretativa usando l’art.388 del cp.

Tale norma si compone di vari commi (interessano i primi due), il primo dei quali recita

"chiunque per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento

dell'autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi all'autorità giudiziaria

stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo

stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all'ingiunzione di eseguire

il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032”.

Quindi un primo tentativo fu l'uso di tale norma quale strumento di carattere generale.

Questo tentativo si scontra con una serie di ostacoli sia a livello letterale (la norma parla di

atti fraudolenti o simulati, quindi non è la mera inottemperanza) e poi c’è il riferimento

all’ingiunzione di eseguire il provvedimento che tradizionalmente viene riferito al precetto

(atto prodromico all'esecuzione forzata). Il secondo com

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A.A. 2024-2025
6 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valentinaant5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Esecuzione civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Boccagna Salvatore.