Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IMPRESE CONSUMI FAMIGLIE
INVESTIMENTI Risparmio delle famiglie
Secondo la teoria neoclassica la disoccupazione si presenta nel momento in cui sono presenti degli ostacoli al libero agire delle forze
di mercato o nel momento in cui i lavoratori disoccupati non hanno, in realtà, voglia di lavorare o pretese salariali eccessive.
John Maynard Keynes,
In risposta a tale teoria, però, dopo il crollo di Wall Street, risponderà scrivendo “la teoria generale
dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”.
Infatti, nonostante la continua applicazione dei preconcetti neoclassici, dopo il in tutto il mondo, e in particolare negli Stati
1930
Uniti e in Germania, si vedranno tassi di disoccupazione molto elevati, vista anche la difficoltà delle imprese di andare avanti,
arrivando anche a un crollo dei salari nominali e a una situazione di deflazione.
La teoria keynesiana, però, porterà un approccio differente alla crisi. 1
Valentina Casta Dal 25/09/2024 Al 11/12/2024
MACROECONOMIA CAPITOLO TRE: IL MODELLO KEYNESIANO IN ECONOMIA CHIUSA E SENZA SETTORE PUBBLICO
Il modello keynesiano viene detto anche modello reddito-spesa, secondo il quale è possibile accrescere l’occupazione e la
produzione, partendo dall’ipotesi che l’economia non si trovi in una condizione in cui non è possibile produrre di più, in quanto
tutto il capitale e il lavoro disponibili sono già usati nella maniera massima.
Infatti, se ciò accadesse, il sistema economico non potrebbe produrre di più, in quanto non sarebbe possibile assumere più lavoratori
e gli impianti sono già utilizzati al 100% della loro potenzialità.
Inoltre, s’ipotizza che gli investimenti totali siano dati e che le imprese decidano quanto vogliono investire senza motivazioni
specifiche, oltre che gli investimenti non dipendano dal reddito corrente, ma che le imprese si finanzino principalmente tramite fondi
precedentemente accantonati o tramite il credito.
Gli investimenti, quindi, in questa situazione vengono visti come una domanda di beni da parte delle imprese verso altre imprese.
Importante per la spiegazione di questa teoria è, poi, la funzione aggregata del consumo, ossia la relazione tra ammontare del reddito
e spesa in consumi delle famiglie.
Nel momento in cui, però, il reddito delle famiglie aumenta, la domanda di beni di consumo varia meno del volume complessivo
dell’aumento, in quanto una parte di questo viene risparmiata.
Un aumento del PIL, quindi, si traduce in parte in un aumento della
domanda delle famiglie e in parte in risparmi.
Nel grafico, il punto indicato con C rappresenta la componente autonoma
0
dei consumi.
La componente dei consumi, però, non è legata solo al reddito.
Infatti, il finanziamento dei consumi anche tramite il ricorso a prestiti
finanziari è un fenomeno sempre più presente ormai.
La parte più consistente dei consumi è, però, finanziata dal reddito
corrente, la cui funzione nel grafico ha una pendenza che indica che, per
ogni incremento del reddito, l’aumento dei consumi è pari a c (la
pendenza), parlando di propensione marginale al consumo:
∆
= ∆
La propensione media al consumo è, invece, data dal rapporto tra consumi totali e reddito:
+
= = +
La funzione del consumo ci dice la relazione tra livelli di produzione e domanda aggregata, mostrando che, se la produzione
aumenta, il reddito aggiuntivo fa aumentare la spesa in consumi e, di conseguenza, la domanda aggregata.
La produzione, poi, varia al variare della domanda aggregata.
La variazione della domanda per consumi generata da una variazione del reddito è inferiore a quest’ultima, conducendo la
produzione a un certo livello, in corrispondenza del quale vi è
equilibrio tra domanda e produzione.
La retta è inclinata di 45° in quanto ha la caratteristica di individuare
tutti i punti del piano in cui il valore delle ordinate è uguale a quello
delle ascisse, per cui in tutti i punti della bisettrice la domanda
aggregata è uguale al PIL.
La bisettrice, poi, interseca la funzione di domanda aggregata in un
solo punto, quale rappresenta l’unico punto in cui l’ammontare dei
consumi rende la domanda aggregata uguale al PIL.
In quel punto si può, quindi, individuare una situazione d’equilibrio,
al quale l’economia tenderà se la propensione al consumo delle
famiglie sia inferiore all’unità.
In corrispondenza di una domanda aggregata maggiore della
produzione, le imprese si renderanno conto di aver prodotto meno
rispetto a quanto richiesto, per cui, inizialmente, attingeranno alle
scorte per soddisfare la clientela.
Se la situazione, però, dovesse prorogarsi, le imprese dovranno per
forza aumentare la produzione, col rischio, se no, di perdere i clienti. 1
Valentina Casta Dal 25/09/2024 Al 11/12/2024
Il processo di aggiustamento di un aumento della produzione porta anche a un aumento del reddito delle famiglie, quale genererà un
aumento della spese e quindi una maggiore domanda aggregata, quale produrrà un ulteriore aumento della produzione e del reddito,
e così via, parlando di cicli virtuosi.
Il processo di interazione tra produzione e domanda aggregata arriva fino a un punto in cui queste sono uguali, in cui, cioè,
l’aumento dei consumi generato da un aumento del reddito è minore di quest’ultimo.
Se, invece, al caso opposto, ci si trova in una situazione in cui la produzione è maggiore della domanda aggregata, ossia in cui le
imprese producono di più di quanto vendono, si generano i c.d. cicli viziosi.
In questa situazione, inizialmente, l’impresa avrà un aumento non programmato delle scorte, per cui, poi, diminuirà il proprio livello
di produzione, diminuendo, di conseguenza, i redditi delle famiglie e, quindi, la domanda, cosa che porterà a delle diminuzioni fino a
quando domanda e produzione non s’incontreranno in un nuovo punto d’equilibrio macroeconomico.
La condizione d’uguaglianza tra produzione e domanda aggregata può verificarsi in condizioni economiche non soddisfacenti, come
l’elevata disoccupazione o il sottoutilizzo degli impianti da parte delle imprese.
Tutto ciò può essere analizzato graficamente risolvendo il seguente sistema:
= +
=
≡ + +
= + +
Di cui la prima rappresenta la funzione di consumo, la seconda afferma che gli investimenti delle imprese sono dati, la terza definisce
la domanda aggregata come somma di consumi e investimenti e l’ultima è la condizione di equilibrio tra domanda aggregata e
produzione che impongono al sistema il livello del reddito che lo soddisfa tutto.
Se si risolve l’ultima equazione si ottiene il livello di produzione che soddisfa la condizione d’uguaglianza tra domanda aggregata e
produzione:
(
= + ) −
La cui frazione viene chiamata moltiplicatore del reddito, quale significa che il livello di domanda aggregata e produzione è un
multiplo delle componenti autonome della domanda.
Se variano queste componenti il reddito d’equilibrio cambia, pari alla variazione della domanda autonomia per il moltiplicatore del
reddito.
Le famiglie, avendo comunque lo stesso livello di reddito acquistano di più e, per rispondere all’aumento della domanda aumenterà
anche la produzione, portando così a un aumento del lavoro e dei redditi.
Se tale variazione, però, è una tantum, gli investimenti aumenteranno, per poi tornare al livello precedente, così come la domanda
aggiuntiva.
Se, invece, la variazione è permanente allora il livello degli investimenti e della domanda aggiuntiva porteranno al precedente ciclo
virtuoso.
Ciò che determina il livello del reddito verso cui l’economia tende sono le componenti autonome della domanda e la propensione
marginale al consumo.
Viene, poi, analizzato il comportamento dei risparmi aggregati, quali rappresenta un uscita dal circuito reddito-spesa, mentre gli
investimenti, al caso opposto, rappresentano un immissione dall’esterno, in quanto indipendenti dal reddito.
La funzione del risparmio è in relazione alla funzione del reddito, per cui i risparmi aggregati sono uguali al PIL meno i consumi:
S = Y – C0 – cY = -C0 + (1 – c)Y
I consumi autonomi rappresentano una spesa che non ha corrispettivo di reddito,
finanziata da una riduzione della ricchezza delle famiglie che, quindi, equivale a un
risparmio negativo.
(1 – c)Y rappresenta, invece, quando viene risparmiato per unità di reddito, il relazione
alla propensione al consumo, rappresentando, quindi, la propensione marginale al
risparmio.
Graficamente, l’ammontare degli investimenti è rappresentato da una retta orizzontale,
mentre la retta verde rappresenta i risparmi, quali s’incontrano nel punto d’equilibrio Y*.
Se si avesse un nuovo punto minore di Y* l’ammontare degli investimenti sarebbe
maggiore di quello dei risparmi aggregati, portando a una situazione di eccesso di
domanda rispetto alla produzione, portando poi a un ciclo virtuoso. 2
Valentina Casta Dal 25/09/2024 Al 11/12/2024
Se, invece, si avesse un punto maggiore di Y* si avrebbero risparmi maggiori degli investimenti, cosa che avvierebbe un ciclo vizioso.
In generale, però, gli investimenti sono dati e i risparmi si adeguano a questi tramite le variazioni del PIL.
Essendo, quindi, gli investimenti a determinare i risparmi, se questi aumentano si avrà una variazione della loro retta, portando alla
presenza di un nuovo reddito d’equilibrio, multiplo dell’incremento degli investimenti.
Se, invece, aumentasse C0, la funzione del risparmio trasla verso il basso, in quanto si abbassa l’intercetta lungo la sezione negativa
dell’asse delle ordinate.
Dato un certo livello d’investimenti, quindi, solo un determinato reddito potrà assicurare un ammontare di risparmi pari a quello di
quest’ultimi e, quindi, una produzione pari alla domanda.
I risparmi in corrispondenza di un nuovo punto d’equilibrio, quindi, saranno gli stessi ma il reddito d’equilibrio sarà più elevato.
Dal punto di vista economico, quindi, i risparmi sono determinati dagli investimenti e sono
portati all’eguaglianza con le variazioni dei livelli di produzione.
Dati gli investimenti, se si avesse una riduzione del reddito d’equilibrio, il risparmio aggregato
rimarrà invariato a pari investimenti, parlando del paradosso della parsimonia, secondo il quale
il tentativo delle famiglie di risparmiare una proporzione maggiore di reddito lascia invariati i
risparmi aggregati e fa dimin