I FALSI NELL’ARTE
Differenza tra falso e copia:
Il concetto di falso nell’arte è giuridicamente definito come una frode, un reato → un bene
viene erroneamente spacciato per originale quando in realtà non lo è. Ciò può accadere sia
per i beni d’arte unici sia per i beni d’arte riproducibili.
Il falso è quindi una fronde, mentre la copia non tende ad ingannare: la copia lecita è una
riproduzione autentica dell’originale (diritto di copia).
Il processo di falsificazione, come qualsiasi altro processo produttivo, è guidato da criteri di
efficienza e redditività → i falsari cercano di massimizzare i profitti producendo beni con
ampi divari tra costo di produzione e prezzo di mercato.
La scelta di cosa falsificare si basa su una valutazione dei costi e dei ricavi attesi, tenendo
conto anche di altri fattori come la tecnica necessaria per falsificare un bene d’arte, la
credibilità del falso e la probabilità di essere scoperti e, quindi, sanzionati.
Inoltre la scelta dipende anche dal prezzo del bene originale → ciò significa che è meno
conveniente falsificare opere di artisti che hanno un mercato limitato.
Ad esempio, falsificare un dipinto di un pittore rinomato richiede un investimento significativo
in termini di competenze tecniche, qualità dei materiali utilizzati e canali di vendita.
Al contrario, la falsificazione di beni modulabili, come libri o dischi, richiede solo una copia
dell’originale e un’apparecchiatura di duplicazione.
Falsi e copie di beni d’arte unici:
Nei beni d’arte unici, i falsi possono essere prodotti da terze parti illegali o dall’artista stesso
come ad esempio un pittore che falsifica la data di un dipinto per ingannare il mercato,
aumentando il numero di opere in un ciclo pittorico concluso.
La copia lecita è quella che viene autorizzata dall’artista → copia autentica (diritto di copia).
Falsi e copie di beni d’arte riproducibili:
Nei beni d’arte riproducibili, i falsi sono di solito copie illegali prodotte da terzi, come, ad
esempio, la fotocopia in serie di un libro originale.
Nel caso di copia (lecita), invece, le copie corrispondono all’originale.
Gli artisti possono copiare se stessi, ad esempio, modificando alcune parti di una loro opera
originale per creare una nuova versione oppure includendo dei vecchi brani musicali in nuovi
dischi.
Può anche accadere che l’editore nasconda all’autore una parte delle vendite di libri o dischi,
evitando di corrispondergli i diritti d’autore.
LA TUTELA GIURIDICA DEGLI ARTISTI
Data la complessità del rapporto tra la nascita di un’opera e il flusso di reddito che da essa
può scaturire, gli artisti hanno una particolare tutela giuridica del loro lavoro: hanno uno
speciale diritto di proprietà sulle opere del loro ingegno → il diritto d’autore.
Il diritto d’autore riconosce:
- la paternità: ovvero la titolarità morale dell’opera creata,
- la proprietà: che si riferisce allo sfruttamento economico dell’opera stessa.
La paternità deve essere garantita a tutti gli artisti: questo diritto tutela sia il nome
dell’artista, sia l’integrità dell’opera, impedendo mutilazioni o modificazioni non volute
dall’artista.
La proprietà è diversa a seconda che il bene sia riproducibile in copia o non riproducibile:
l’esistenza di copie è tipica delle opere degli artisti altrimenti si parla di maestri.
A seconda che si parli di artisti o di maestri le forme di tutela sono differenti.
I beni riproducibili e il diritto d’autore
Il diritto d’autore riguarda la sfera economica e commerciale dei beni d’arte riproducibili in copie.
Tale diritto è trasferibile dall’autore all’editore (o dal musicista alla casa discografica) tramite contratto:
questo contratto permette agli artisti di vendere una tantum l’insieme dei suoi diritti sull’opera
all’editore oppure permette all’editore di avere una rendite sulla base delle copie vendute (o entrambe
le cose).
Rapporto tra autore e editore → solitamente sono gli autori a proporre l’opera agli editori i quali la
valutano e decidono se immetterla o no sul mercato (contratto preliminare, di opzione).
Se l’editore decide per la pubblicazione, l’artista verrà remunerato con una percentuale sugli incassi
(di solito la percentuale è maggiore per gli editori in quanto su di essi ricadono tutti i costi, compresi
quelli di promozione e magazzino).
Il contratto tra autore e casa editrice inoltre può prevedere delle clausole che si protraggono nel
tempo in quanto un’opera di successo può generare interesse tra i consumatori anche per le opere
successive o precedenti dello stesso autore.
Rapporto tra musicista e casa discografica → anche nel contratto che regola i rapporti tra
musicista e casa discografica si prevedono quote sui ricavi e/o un importo fisso pagato dal
discografico al musicista.
Nel contratto discografico standard il musicista si impegna a registrazioni in esclusiva per una serie di
album da realizzarsi in un certo periodo, sui quali la casa discografica si impegna a pagare un
percentuale di ricavi di vendita di ciascuna registrazione.
Il contratto tra musicista e discografico ha una caratteristica: la struttura con opzione: se le vendite del
primo album album non riescono a coprire i costi che ha avuto la casa discografica, questa potrà
recuperare la perdita con la vendita degli album successivi → incentivo a promuovere i primi album di
un musicista che hanno una grande percentuale di insuccesso.
Le opere d'ingegno riproducibili in serie hanno la caratteristica di beni pubblici: non escludibili e non
rivali e la loro riproduzione in copie non autorizzate riduce l’incentivo dell’artista alla creazione → per
incentivare gli artisti a creare questo tipo di opere è illegale riprodurre copie non autorizzate e, in
questo senso, il diritto d’autore ripristina l’equilibrio sul mercato.
L’editore e il discografico diventano però monopolisti dell’opera e ciò comporta un prezzo più elevato
che ricade sul consumatore → si riduce il benessere sociale rispetto alla condizione di concorrenza
perfetta → la società si trova davanti a un trade off tra l’avere poche opere a un prezzo basso (senza
diritto d’autore gli artisti non sono incentivati a produrre) o molte opere a un prezzo più alto (con il
diritto d’autore gli artisti sono incentivati a produrre ma i prezzi aumentano a causa della condizione di
monopolio in cui si trovano gli editori e i discografici).
I costi sociali che scaturiscono dal diritto di proprietà sono diversi: il costo del trasferimento della
proprietà dall’artista all’editore, il costo della creazione di rendite, il costo sostenuto per l’applicazione
del diritto (spese di funzionamento della polizia e della giustizia), il costo di escludere qualcuno dal
mercato dato il prezzo elevato di vendita.
Questi costi si applicano a tutti i diritti di proprietà, ma l’attribuzione della proprietà intellettuale ha
costi più alti rispetto all’attribuzione della proprietà reale → per questo motivo l’attribuzione della
proprietà intellettuale è solitamente limitata nel tempo e dopo la scadenza del diritto l'opera diventa
di dominio pubblico e può essere riproducibile senza il pagamento dei diritti d’autore.
I beni unici e la tutela giuridica del maestri
Per i pittori e gli scultori (che creano beni d’arte unici, non riproducibili) la situazione è diversa: essi
cedono una tantum la proprietà assoluta dell’opera per un certo prezzo.
Il rischio per i maestri è che l’opera diventi molto importante e chi riceve il diritto di proprietà su essa si
appropri di grandi profitti a discapito del produttore.
Ciò non accadrebbe se ci fosse informazione perfetta sul valore dell’opera, ma questa è una
condizione molto rara nel caso dell’arte → può capitare infatti che l'artista venda ad un prezzo molto
basso la proprietà dell’opera a collezionisti o a gallerie d’arte e non possa accedere ai profitti derivanti
dalla sua vendita sul mercato.
La soluzione a questo paradosso è l’introduzione di:
- diritto di esposizione: al produttore viene riconosciuta una percentuale sul biglietto di
ingresso nella galleria assimilando tale ingresso alla riproduzione dell’opera stessa.
- diritto di seguito: si riconosce al produttore una percentuale sull’incremento del valore
dell’opera in caso di rivendita, ma questo diritto di seguito ha diverse problematiche:
1. se l’opera non viene rivenduta l’artista non riceve alcuna rendita,
2. se l’opera non aumenta di valore l’artista non riceve alcuna rendita (quindi solo gli
artisti più famosi, le cui opere continuano ad aumentare di valore riceverebbero una
rendita e questo aumenterebbe la disomogeneità nella distribuzione dei redditi,
3. il diritto di seguito ha dei costi molto elevati in quanto le opere e i loro movimenti sul
mercato dovrebbero essere continuamente monitorati
4. sarebbe necessario che tale diritto fosse applicato a livello globale
5. l’artista potrebbe essere incentivato a produrre future situazioni di scarsità
Per i maestri, quindi, il diritto di seguito è un’alternativa poco convincente al diritto di esposizione.
I contratti degli artisti
I contratti degli artisti sono accordi legali tra gli artisti e altre parti (come gallerie, case
editrici, agenzie, collezionisti o altri professionisti) che definiscono i termini e le condizioni di
una collaborazione professionale.
Questi contratti possono variare notevolmente in base al tipo di arte e all'ambito in cui
l'artista opera (pittura, musica, teatro, danza, ecc.), ma ci sono alcuni aspetti comuni che
riguardano le principali problematiche da regolare.
Esistono vari tipi di contratti:
● Contratti di rappresentanza: questi contratti sono firmati tra un'artista e una
galleria, un agente o un rappresentante che si occupa di promuovere e vendere le
sue opere. Solitamente, l'artista cede una percentuale sulle vendite delle opere.
● Contratti di commissione: in questo caso, un cliente (un collezionista, ad esempio)
commissiona un'opera d'arte a un artista. Il contratto stabilisce le modalità di
pagamento, i tempi di consegna e altre specifiche dell'opera.
● Contratti di licenza per diritti patrimoniali: l'artista concede a una terza parte il
diritto di utilizzare le sue opere (ad esempio per produzioni cinematografiche,
pubblicitarie, merchandising) in cambio
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