Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SEZIONE TERZA : L’ADEMPIMENTO DI UN DOVERE
1. Il fondamento
La ratio, così come per l'esercizio di un diritto, va rinvenuta nell'esigenza di rispettare
il principio di non contraddizione all'interno dell'ordinamento giuridico: è illogico
immagi nare che un comportamento imposto da una legge o da un ordine legittimo
possa, nel contempo, costituire reato. Ciò posto, come ve-dremo, un conto è che
l'ordine provenga da una norma giuridica, un altro è che derivi da un ordine legittimo
della pubblica Autorità: nella seconda ipotesi, infatti, i margini per l'operatività
effettiva dell'art. 51 c.p. sono assai più ristretti.
1. Le fonti del dovere scriminante ( la norma giuridica)
La questione del dovere come causa di esclusione dell’antigiuridicità è centrale nel
diritto penale. È fondamentale che il dovere in questione sia di natura giuridica e non
si limiti a essere un dovere civico o morale. Solo un obbligo sancito da una norma
giuridica può giustificare l’azione di un soggetto, escludendo la possibilità che tale
azione venga considerata un reato.
Fondamento Normativo del Dovere
La giuridicità del dovere implica che la sua fonte debba essere una norma giuridica.
Anche l’adempimento di ordini provenienti da autorità pubbliche, come nel caso di un
poliziotto che effettua un arresto o un ufficiale giudiziario che esegue un
pignoramento, esclude la configurabilità di reati come il sequestro di persona o il furto.
Queste azioni, sebbene possano apparire illecite in altri contesti, sono giustificate dalla
presenza di un dovere legale.
Interpretazione delle Norme Giuridiche
Il concetto di norma giuridica è inteso in senso ampio, includendo non solo le leggi
statali, ma anche regolamenti e altre fonti normative. Tuttavia, esistono incertezze
riguardo all’applicabilità delle norme che derivano dai regolamenti, specialmente se si
sostiene che la riserva di legge debba estendersi anche alle cause di giustificazione. È
importante notare che le norme sulle scriminanti non sono considerate di natura
penale specifica e, di conseguenza, non rientrano nella riserva assoluta di legge.
Dovere Medico e Giurisprudenza
Un caso significativo riguarda l’adempimento del dovere medico, il cui fondamento è
stato rinvenuto nella Costituzione. Il caso di Piergiorgio Welby, un paziente con grave
patologia degenerativa che ha chiesto assistenza per morire, ha evidenziato come il
dovere del medico di aiutare un paziente possa rientrare nei limiti di un diritto
tutelato dalla Costituzione (art. 32, comma 2). In questo contesto, l’anestesista che ha
assistito Welby è stato ritenuto non punibile per omicidio del consenziente, in virtù del
combinato disposto di norme giuridiche che riconoscono il consenso dell’avente
diritto.
Normative Straniere e Rilevanza Penale
La questione diventa più complessa quando si considera la rilevanza scriminante di
doveri fondati su norme giuridiche straniere. Mentre tali norme non possono
giustificare atti illeciti commessi sul territorio italiano, i comportamenti tipici (che
sarebbero punibili secondo la legge italiana) realizzati all’estero in virtù di normative
estere possono essere considerati privi di rilevanza penale, in base all’articolo 10 della
Costituzione italiana. Un esempio emblematico sono le norme di diritto internazionale
che impongono il soccorso in mare, le quali integrano chiaramente i requisiti di un
dovere scriminante.
1. L’ordine legittimo della pubblica autorità
Il tema dell’esecuzione degli ordini nell’ambito del diritto penale è complesso e
cruciale, specialmente in relazione all’articolo 51 del codice penale italiano, che
disciplina la scriminante del dovere di obbedienza.
Definizione di Ordine e Rapporti Gerarchici
Un ordine è una manifestazione di volontà da parte di un superiore verso un
subordinato, e perché questo possa escludere l’antigiuridicità della condotta secondo
l’art. 51 c.p., è necessario che tra i due intercorra un rapporto di subordinazione
gerarchica di diritto pubblico. La definizione di “pubblica autorità” è tradizionalmente
ristretta ai pubblici ufficiali, mentre un’opinione minoritaria include anche gli
incaricati di un pubblico servizio e chi esercita servizi di pubblica necessità.
Legittimità dell’Ordine
Un elemento cruciale della fattispecie scriminante è la legittimità dell’ordine. La
legittimità deve essere valutata secondo specifici presupposti:
1. Competenza del Superiore: Il superiore deve avere la facoltà di emanare
l’ordine.
2. Competenza del Subordinato: Il subordinato deve essere in grado di eseguire
l’ordine.
3. Forma Prescritta: L’ordine deve essere dato secondo le modalità stabilite dalla
legge.
In generale, al subordinato è precluso il sindacato sulla legittimità sostanziale
dell’ordine. Ad esempio, un ufficiale di polizia giudiziaria può rifiutarsi di eseguire un
ordine di custodia cautelare privo di firma del magistrato, ma non può contestare la
validità degli indizi di colpevolezza.
Conseguenze dell’Esecuzione di Ordini Illegittimi
Se un subordinato esegue un ordine illegittimo, sia il superiore che il subordinato
possono essere ritenuti responsabili, eccetto nei casi specifici previsti dai commi terzo
e quarto dell’art. 51 c.p.
1. Errore di Fatto (Comma 3): Se il subordinato crede erroneamente di eseguire
un ordine legittimo, ciò può escludere il dolo, in virtù del principio generale di cui
all’art. 47 c.p. Questo può accadere, ad esempio, quando un subordinato interpreta in
modo errato norme amministrative.
2. Ordine Illegittimo Vincolante (Comma 4): Questo caso è più complesso e si
applica quando la legge non consente al subordinato di sindacare la legittimità
dell’ordine. Qui, l’ordine illegittimo è considerato una causa di esclusione della
colpevolezza. È importante che il subordinato non abbia la possibilità di valutare
autonomamente la legittimità dell’ordine.
Limite alla Scriminante: Manifesta Criminabilità
Tuttavia, esiste un limite a questa impossibilità di sindacare la legittimità dell’ordine:
la manifesta criminosità dell’ordine stesso. Se un ordine è palesemente diretto a
commettere un reato, il subordinato ha il dovere di non eseguirlo e di informare il
proprio superiore. Questo principio è riflesso anche nell’art. 4 delle norme di principio
della disciplina militare, che stabilisce che un militare deve rifiutare un ordine che sia
chiaramente contrario alle istituzioni dello Stato.
1. Adempimento di un dovere e crimini di guerra
Il testo discute l’applicazione della scriminante prevista dall’articolo 51 del codice
penale in contesti storici di guerra, in particolare durante il periodo nazista in Italia. La
riflessione si concentra su due eventi tragici: l’eccidio delle Fosse Ardeatine e la strage
di Sant’Anna di Stazzema, entrambi emblematici dell’abuso di potere e della violazione
dei diritti umani.
Eccidio delle Fosse Ardeatine
Il 24 marzo 1944, in risposta a un attacco partigiano avvenuto il giorno precedente a
Roma, le truppe naziste massacrarono 335 civili e prigionieri. L’azione fu giustificata
come rappresaglia, violando gravemente le norme del diritto bellico. La Corte di
Cassazione, in sentenze del 1998, ha ribadito che gli ufficiali responsabili, nonostante
avessero sostenuto di agire in adempimento di ordini superiori, erano pienamente
consapevoli della natura del loro crimine. La Corte ha ritenuto che l’ordine di uccidere
un numero così alto di persone innocenti non potesse essere considerato legittimo,
evidenziando la necessità di disobbedire a ordini manifestamente delittuosi.
Strage di Sant’Anna di Stazzema
La strage di Sant’Anna di Stazzema, avvenuta il 12 agosto 1944, rappresenta un caso
ancor più atroce. Nonostante il villaggio fosse stato designato come “zona bianca”,
adatta ad accogliere sfollati, le SS, supportate da fascisti collaborazionisti, attaccarono
brutalmente la popolazione, uccidendo 560 civili, tra cui molti bambini, donne e
anziani. La Corte di Cassazione ha stabilito che si trattò di un’azione premeditata, priva
di qualsiasi giustificazione legittima e volta a distruggere il legame tra la popolazione
civile e i partigiani.
Riflessioni giuridiche
In entrambe le pronunce, la Corte ha escluso la presenza di uno stato di necessità e ha
messo in evidenza la responsabilità individuale degli ufficiali tedeschi. La
consapevolezza e l’adesione ideologica alla criminalità degli ordini ricevuti sono state
considerate fattori decisivi per affermare la loro colpevolezza. Gli ufficiali, in virtù della
loro formazione e della loro posizione, avrebbero dovuto rendersi conto dell’illecità
degli atti.
SEZIONE QUARTA : LA LEGITTIMA DIFESA
1. Vim vi repellere licet
Il testo esamina il concetto di legittima difesa, evidenziando le tensioni tra due
approcci: uno statalista e uno individualista.
Prospettiva Statistica
In un’ottica statalistica, la legittima difesa è vista come una facoltà concessa dallo Stato
al cittadino, in considerazione della sua incapacità di intervenire tempestivamente in
situazioni di pericolo. Questa “delega” permette ai cittadini di difendere i propri diritti
e quelli altrui, fungendo anche da deterrente per gli aggressori, poiché la
consapevolezza di possibili reazioni difensive può dissuadere comportamenti illeciti.
Tuttavia, questa visione porta con sé il rischio di una dilatazione della legittima difesa,
dove l’interesse dell’aggredito potrebbe acquisire un valore eccessivo, alterando la
proporzione tra difesa e offesa. Questo è particolarmente evidente nei casi di legittima
difesa domiciliare “rafforzata” introdotti da normative recenti, che possono spingere a
interpretazioni più permissive, minando il requisito di proporzionalità tra la reazione
difensiva e l’aggressione subita.
Prospettiva Individualistica
Dall’altra parte, la prospettiva individualistica sostiene che la legittima difesa
rappresenti un diritto naturale all’autotutela, fondamentale per l’individuo, che non
dovrebbe essere limitato dal monopolio statale sull’uso della forza. Questo diritto è
radicato nell’istinto di conservazione e nella necessità di proteggere se stessi. Tuttavia,
anche questa visione rischia di portare a un’eccessiva espansione della legittimità della
difes